2025-12-02
Bambini strappati tra urla e pianti. Il dramma dell’altra famiglia del bosco
Casa nel bosco (iStock). Nel riquadro, la famiglia di Arezzo
A «Fuori dal coro» un video del blitz armato vicino ad Arezzo per sottrarre i figli a una seconda coppia di genitori alternativi.«No, no! Vai via… vai via! Aiuto! Aiuto!». Sono le urla strazianti di due bambini, di 4 e 8 anni, mentre vengono strappati via con la forza da mamma e papà. Sono le immagini scioccanti riprese dalle telecamere di sorveglianza della casa. Decine di agenti in tenuta antisommossa, armati, con giubbotto antiproiettile, che spuntano all’improvviso dal bosco. E con gli assistenti sociali portano via i due bambini. Come fossero pericolosi terroristi. Il più piccolo addirittura senza scarpe, in pigiama.Unica colpa dei genitori, aver scelto di vivere una vita diversa. Un caso che somiglia tanto a quanto accaduto alla famiglia del bosco. Un caso che ha spaccato l’Italia. E purtroppo, non isolato. Perché il sistema Bibbiano esiste. Non è stato archiviato da una sentenza. Il sistema Bibbiano esiste ancora in tutt’Italia. Questa è una storia che non è finita sotto i riflettori, qui non sono arrivati i tg e neppure le telecamere. Ad eccezione delle nostre, quelle di Fuori dal coro, il programma di Mario Giordano. Per denunciare, ancora una volta, la violenza con cui troppo spesso vengono portati via i bambini alle loro famiglie. Bambini che non sono in pericolo di vita. Ma che subiscono un trauma che li segnerà per sempre. Anche qui ci sono due genitori che hanno deciso di vivere in un bosco. Anche qui ci sono due genitori, Harald perito elettronico di Bolzano e Nadia della Bielorussia, che hanno scelto per i loro figli la scuola parentale a casa. Anche qui ci sono due genitori che non hanno eseguito tutti gli obblighi vaccinali. E proprio per aver scelto di vivere una vita fuori dal sistema, sono finiti prima sotto la lente dei servizi sociali. Poi del giudice del tribunale dei minori di Firenze, Nadia Todeschini, che ha firmato il decreto di allontanamento. Secondo il Tribunale i genitori non avrebbero eseguito correttamente la procedura per l’insegnamento parentale. Inoltre, avrebbero impedito ai servizi sociali di fare i controlli sanitari sui bambini. Ma basta questo per portare via i figli a mamma e papà?«Ci hanno ucciso», racconta Nadia tra le lacrime, mentre ci mostra i letti vuoti dei suoi bimbi, «sono 47 giorni che non abbiamo notizie di loro. Neppure una telefonata. Neppure per i compleanni che ci sono stati il mese scorso. Siamo distrutti. Perché tutto questo? Che male abbiamo fatto?». È il 16 ottobre scorso. C’è una bella casa immersa in un bosco a Caprese Michelangelo, tra le colline toscane, in provincia di Arezzo.Sono le 11 del mattino. A raccontare è papà Harald: «Ci hanno suonato al cancello. Io sono uscito per andare ad aprire. Due carabinieri mi hanno chiesto di far venire anche mia moglie, perché dovevano notificarci un atto importante. Era una trappola. Dal bosco sono spuntati oltre dieci agenti in tenuta antisommossa, mentre un’altra decina ci ha circondato per impedirci di tornare in casa. A quel punto ho capito. Ho cominciato a urlare a mio figlio più grande di non aprire. Di tutta risposta, l’ispettore capo mi ha minacciato: “Se non gli fai aprire la porta, noi tanto la sfondiamo!”. E me lo ha ripetuto: “Se non ci fai aprire la porta noi la sfondiamo”». «I nostri bimbi erano in casa. Mio figlio ha pensato che fossi io. Ed ha aperto. Il carabiniere, come si vede chiaramente nel video, ha spinto con forza la porta. E loro sono entrati». A questo punto le immagini delle telecamere di sorveglianza sono scioccanti. Un pugno nello stomaco. C’è un carabiniere che grida al collega: «Pigliali, pigliali tutti e due. Non farli scappare!». Si precipitano in casa, correndo, più di sei uomini. Sono tutti armati e con i giubbotti anti proiettile. Portano fuori i bambini. Il più grande viene messo in un angolo, controllato da un agente. Il più piccolo lo fanno sedere sulle scale. Ha ancora addosso il pigiamino e i calzettoni. Quando arrivano le tre assistenti sociali rientrano tutti in casa. Cosa avvenga lì dentro non lo sappiamo. Sappiamo solo che alle ore 12.06, come indicano le telecamere di sorveglianza, si odono da fuori le urla disperate del più piccolo. Continua a gridare: «Aiuto, aiuto… Lasciatemi!». Ma i genitori sono tenuti fermi, al cancello, circondati da uomini armati. Dalla porta si vede uscire l’assistente sociale con il piccolo in braccio, tenuto come fosse un pacco postale, mentre lui continua urlare e scalciare disperato. Sono urla strazianti. Il bambino perde anche le scarpe. Ma la donna lo infila comunque in macchina, mentre il più grande viene fatto entrare in auto da un’altra assistente, che lo tiene per un braccio. Poi solo il silenzio. Da allora sono passati 47 giorni. I bimbi, portati in una comunità protetta, sembrano svaniti nel nulla. Mamma Nadia ancora non riesce a crederci. E si dispera. Continua a ripete: «Ma come è possibile, siamo in Italia. In Italia la famiglia è tutto». Papà Harald senza mezzi termini parla di «rapimento» di Stato. «Ho denunciato tutti», dice, «il decreto che mi hanno mostrato, e che mi sono rifiutato di ritirare, non aveva la firma in calce del giudice. Con quale diritto ci hanno portato via i nostri bambini? E dire che c’eravamo trasferiti qui un anno e mezzo fa, dalla Val Badia, dopo aver gestito per dieci anni un albergo… Cercavamo solo un po’ di tranquillità. E invece ci hanno distrutto la vita».
(Arma dei Carabinieri)
I Carabinieri dei Nucleo Investigativo di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere (19 soggetti, di cui 5 già detenuti per altra causa tra cui il ruolo di capo clan) e degli arresti domiciliari (2 soggetti), emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia per un totale di 21 soggetti gravemente indiziati di associazione di stampo mafioso, estorsione, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, ricettazione ed evasione e reati aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.
Le complesse indagini svolte tra il 2022 e il 2023 dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Napoli e coordinate dalla Dda di Napoli hanno consentito di documentare la continua operatività del clan «Licciardi» e dei gruppi criminali associati, parte del potente cartello camorristico chiamato «Alleanza di Secondigliano», storicamente attivo ed egemone nella parte settentrionale di Napoli e nella provincia e di delineare l’organigramma e i ruoli degli associati nonché di accertare la commissione di diverse condotte a scopo estorsivo a danno di commercianti, di soggetti dediti alle truffe informatiche, nei cui confronti il clan ha rivendicato parte dei proventi illeciti, e di un’occupante abusiva di una casa popolare, costretta a versare 16mila euro per continuare ad abitarla.
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