Mario Giordano
(Alessandria, 1966). Ha incominciato a denunciare scandali all'inizio della sua carriera (il primo libro s'intitolava Silenzio, si ruba) e non s'è ancora stancato. Purtroppo neppure gli altri si sono stancati di rubare. Ha diretto Studio Aperto, Il Giornale, l'all news di Mediaset Tgcom24 e ora il Tg4. Sposato, ha quattro figli che sono il miglior allenamento per questo giornale. Infatti ogni sera gli dicono: «Papà, dicci la verità». Provate voi a mentire.

Scopri La Verità
La Verità nella tua casella di posta
Cara Laura Boldrini, questa che le scrivo non è una cartolina: è una resa. Alzo bandiera bianca: ha vinto lei. Quando ho visto il centrodestra votare compatto il «consenso libero e attuale», legge nata da una proposta di cui lei è stata prima firmataria, ho capito che non abbiamo più speranza: altro che fascismo, qui siamo al boldrinismo. Siamo, cioè, al regime del follemente corretto, al manganello femminista, all’olio di ricino se non ora quando. Siamo di fronte alla marcia su Roma in salsa rosa, anzi rossetto, rossetto&littorio. E lei, cara Boldrini, di questa rivoluzione è la grande guida. L’unico duce. Anzi, pardon, l’unica duca. Boldrinisti, a noi.
Il premio Furbitzer per il giornalista più sagace del Paese va senza dubbio a Massimiliano Scafi del Giornale. Da vecchio cronista qual è, infatti, lui ci ha tenuto subito a far sapere che quella «storia», cioè la notizia delle esternazioni del consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani, lui ce l’aveva. Eccome. Gli era arrivata in redazione il giorno prima, nientemeno, e con un testo firmato Mario Rossi, nota formula usata dai più sagaci 007 del mondo quando vogliono nascondersi. C’era tutto. Proprio tutto.
Da-da-un-pa, ma che belle le bare gemelle. Il suicidio delle Kessler è diventato improvvisamente lo show della morte: ci potevano essere testimonial migliori per l’eutanasia? Belle, bionde, sane e defunte: il loro ballo era il simbolo dell’Italia che aspirava a vivere e gioire, il loro addio diventa il simbolo dell’Italia che aspira a morire. Normalmente, quando scompare un personaggio amato dal pubblico, tv e giornali trasudano di lacrime e sofferenza: si parla di «vuoto incolmabile», di «dolore inconsolabile», di «Paese in lutto» e c’è sempre qualcuno che dice «sentiremo la sua mancanza». Delle Kessler, invece, sembra che nessuno senta la mancanza. Altro che vuoto, altro che dolore: si sono suicidate, evviva, facciamo festa tutti insieme.




