Eccolo lì, il Bomba. Matteo Renzi, pronto a fare ciò che gli riesce meglio, ovvero sabotare qualche cosa o qualcuno. Non è capace di costruire un progetto che abbia un futuro, ma solo di distruggere. È un guastatore nato, che ha nel sangue la voglia di rottamare chiunque gli stia intorno: nemici o amici che siano. Peccato che a forza di rottamare gli altri sia finito per rottamare anche sé stesso, trasformandosi nel leader meno amato dagli italiani. Meglio di lui chiunque, perfino Bonelli e Fratoianni o l’odiato Calenda.
Dopo aver preso in giro Enrico Letta, Massimo D’Alema, Romano Prodi, Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Luca Lotti, Ettore Rosato, Elena Bonetti e così via (oltre naturalmente a milioni di elettori che avevano creduto in lui), Renzi si appresta a preparare l’ennesimo trappolone.
Con un solo obiettivo: rimanere a galla nonostante i sondaggi lo accreditino vicino alla soglia dell’irrilevanza politica. L’ultima idea partorita dall’ex presidente del Consiglio è una nuova formazione di centro, che raggruppi tutti i cespugli cattocomunisti che gravitano attorno alla sinistra. Dell’ammucchiata dovrebbero far parte il nuovo partito di Ernesto Ruffini, ex capo dell’Agenzia delle entrate, la neonata creatura di Alessandro Onorato, assessore ai grandi eventi di Roma, la rete di Trieste, associazione di recente nascita con addentellati fra amministratori di area cattolica, quella Civica e solidale appena inaugurata da Marco Tarquinio, ex direttore del quotidiano Avvenire e ora europarlamentare del Pd. E poi Beppe Sala, orfano di leadership e presto anche di poltrona da sindaco della capitale economica italiana, Gaetano Manfredi, alla guida di Napoli e dell’Anci, infine l’ultima stella del centrosinistra, cioè Silvia Salis, bionda capogiunta genovese. Un’accozzaglia di nomi e programmi, che Renzi vorrebbe riunire, come ha espressamente spiegato lui stesso a Repubblica, perché ciascuno dia il proprio contributo. Obiettivo: mandare a casa la «fascistella» che governa a Palazzo Chigi.
In realtà, in testa l’ex premier non ha soltanto l’intenzione di ritornare in gioco, costituendo un gruppo di centro al servizio del Pd. Ma punta soprattutto a impedire che nel prossimo parlamento il centrodestra abbia i numeri per poter eleggere il presidente della Repubblica. Nonostante abbia il 2% e non possa certo aspirare a ruoli di primo piano né ora né nel prossimo futuro, Renzi vuole essere il king maker della prossima legislatura. Se gli riuscisse di assemblare i pezzi della galassia cattocomunista, potrebbe guidare uno schieramento del 5-6% e condizionare il Pd. Insomma, come ha sempre fatto, primo fra tutti con Giuseppe Conte, potrebbe tenere in scacco anche un partito con il 20 o il 30%, risorgendo dalle ceneri. Dopo averle strizzato a lungo l’occhio (ricordate quando a sorpresa un pezzo del centrosinistra votò Ignazio La Russa presidente del Senato, disinnescando le assenze dei parlamentari di Forza Italia?), oggi il leader di Italia viva ha eletto Giorgia Meloni sua nemica giurata. Non passa giorno che non sgomiti per un posto in tv o un’intervista sui giornali, allo scopo di vomitare fiele contro la premier. A cattolici e centristi, di destra e sinistra, spetta decidere se fidarsi di un tipo del genere. Che avendo fatto tutte le parti in commedia si prepara all’ennesima capriola. Gli italiani hanno la possibilità di avere una legislatura normale, che si concluda regolarmente, e, nel 2027, di riportare al Quirinale un presidente che non sia di sinistra. Renzi li vuole privare di questo diritto con i soliti giochi di Palazzo. Resta da chiedersi: ma Conte ci sta? Firmerà un patto con il Diavolo? Elly Schlein accetterà di farsi «ricattare» dal rottamatore? E i cattolici? Siamo sicuri che siano disposti a ogni compromesso? La Cei di monsignor Zuppi è agli sgoccioli, forse di qui al 2027 si può trovare di meglio.