Maurizio Belpietro
Nato a Castenedolo (Brescia) nel 1958, ha lavorato per le principali testate italiane; è stato vicedirettore dell'Indipendente e del Quotidiano Nazionale, ha diretto Il Tempo, Il GiornalePanorama e Libero. Oggi dirige il quotidiano indipendente "La Verità", che ha fondato nel 2016 e "Panorama". Punto di riferimento nel dibattito politico dei principali talkshow, ha condotto su Rete4 "Dalla vostra Parte"
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Per chiudere la complicatissima vertenza sul tesoro dell’eredità dell’Avvocato, i tre rampolli John, Lapo e Ginevra hanno raggiunto un accordo per versare 175 milioni all’Agenzia delle entrate. In ballo pure la messa in prova ai servizi sociali per estinguere il penale.
Per i piani bellici non bastano miliardi e mezzi: servono gli uomini. La Germania ipotizza di reintrodurre la leva obbligatoria e avanza una proposta choc: «usare» gli immigrati (magari dietro l’offerta di cittadinanza) per rimpolpare le fila dell’esercito.
La notizia che nel carcere minorile milanese presterà servizio un imam, con funzioni di guida spirituale per i ragazzi detenuti di fede musulmana, ha fatto storcere il naso a molti. Innanzitutto, per il sospetto che il predicatore possa contribuire a indottrinare i giovani detenuti e incanalarli verso l’integralismo religioso. E poi perché in materia di servizi, prediche e sermoni non sembrano i bisogni più urgenti da garantire a chi ha violato la legge spacciando, rubando, stuprando e commettendo ogni altro genere di reato. Tuttavia, io non sono né stupito né scandalizzato dalla decisione di far entrare in carcere un imam, allo scopo di avviare un dialogo con i detenuti musulmani. Semmai la mia sorpresa è dovuta al fatto che l’iniziativa, con cui si apriranno le porte del Beccaria a un predicatore del Corano, è rivolta a una maggioranza di reclusi che non è italiana e nemmeno di religione cattolica. I dati sono sorprendenti. Secondo l’indagine condotta in collaborazione con il tribunale dei minori e con l’arcivescovado milanese, nell’istituto di correzione lombardo nel 2024 sono stati rinchiusi poco meno di 300 ragazzi, 227 dei quali stranieri. Già questa informazione dovrebbe far riflettere, perché se una minoranza di immigrati stimata in circa l’8 per cento della popolazione italiana «produce» una popolazione di detenuti che è pari a più dei due terzi del totale, c’è qualche cosa che non va. Ma a questo si deve aggiungere che sul totale dei detenuti stranieri, l’87 per cento è di religione islamica. In altre parole, su 297 giovani agli arresti, circa 200 sono musulmani. Due su tre: la maggioranza.
È questo il dato che ci dovrebbe far riflettere, al di là dell’ingresso di un imam nel carcere per intrattenersi con i detenuti. Siccome l’idea di consentire l’accesso alle celle di un religioso islamico è stata tenuta a battesimo da Viminale, ministero della Giustizia e arcivescovo, sono convinto che il predicatore coranico sarà stato scelto con accuratezza e non fra chi invoca la sharia e propugna di sterminare tutti gli infedeli per diffondere il verbo di Allah. Ma a prescindere dal fatto che l’imam rispetti le nostre leggi e non faccia proselitismo a favore degli integralisti, a colpirmi e preoccuparmi sono i numeri dei detenuti di fede islamica. Com’è possibile che, nonostante in Italia i musulmani siano appena un milione e mezzo, i detenuti del carcere minorile milanese che pregano rivolgendosi alla Mecca siano pari a due terzi del totale? È evidente che c’è qualche cosa che non va e quel numero, per quanto piccolo sia, perché riguarda un solo penitenziario e non tutti quelli disseminati lungo la Penisola, ci dice che stiamo allevando potenziali criminali. Non dico terroristi, pronti a farsi saltare in aria in mezzo alla folla o a sgozzare il vicino. Però se le celle traboccano di minorenni fedeli al Corano, superando per numero quelle dei detenuti di altre religioni, forse dovremmo riflettere, perché siamo davanti a un fenomeno che non ha precedenti e un domani potrebbe esploderci tra le mani. Non voglio dire che tutti i giovani rinchiusi nel Beccaria siano potenzialmente combattenti dell’Isis. Però evidentemente quei ragazzi rappresentano un problema. Non so se di mancata integrazione, di disagio o altro: tuttavia, rischiano di essere una bomba sociale e non credo che a disinnescarla basti un imam.
C’è qualcosa che dovremmo capire e analizzare a fondo, prima di trovarci nella situazione con cui devono fare i conti altri Paesi con immigrazione di più lunga data come Francia, Belgio, Gran Bretagna o Germania. Durante il periodo degli attentati islamici abbiamo scoperto che esistono enclave di cui lo Stato nazionale non ha il controllo. Banlieue e sobborghi dove vige la sharia e non le leggi della Republique o della monarchia dei Windsor. Dove il faro nella vita della comunità non è la Costituzione, ma il Corano. Altro che mandare gli imam in cella e consentire la preghiera verso la Mecca o il Ramadan. Qui dobbiamo chiederci perché due terzi dei detenuti sono islamici e subito dopo correre ai ripari.