Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro dell'Economia sulla legge di bilancio sottolinea l'obiettivo di tutelare e andare incontro alle famiglie e ai lavoratori. Tenendo conto degli altri fattori che incideranno sulla programmazione.
Giorgetti ha poi escluso la possibilità di una manovra correttiva: «Non c'è bisogno di correggere una rotta che già gli arbitri ci dicono essere quella rotta giusta» e sottolinea l'obiettivo di tutelare e andare incontro alle famiglie e ai lavoratori con uno sguardo alle famiglie numerose». Per quanto riguarda l'ipotesi di un intervento in manovra sulle banche ha detto: «Io penso che chiunque faccia l'amministratore pubblico debba valutare con attenzione ogni euro speso dalla pubblica amministrazione. Però queste sono valutazioni politiche, ribadisco che saranno fatte solo quando il quadro di priorità sarà definito e basta aspettare due settimane».
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(Getty Images)
A novembre alla Cop11 di Ginevra, la Commissione vuol introdurre il voto a maggioranza qualificata per scavalcare i singoli Stati e far passare la sua linea su temi delicati come tabacco, salute e alimentazione. C’era stato un tentativo a Panama, il blitz era fallito.
Va avanti il progetto della Commissione europea di indebolire la sovranità dei singoli Stati membri. Ogni occasione è buona per depotenziare la capacità di incidere dei Paesi nelle decisioni. Questa volta il cavallo di Troia è rappresentato dalla COP11 che si svolgerà a Ginevra, in Svizzera, dal 17 al 22 novembre per discutere e votare nuove politiche globali per il controllo dei prodotti contenenti tabacco e nicotina. I temi all’ordine del giorno sono il divieto dei filtri, consentendo solo sigarette non filtrate, la riduzione dei punti vendita di prodotti a base di tabacco e nicotina e il divieto di acquisto per adulti nati dopo una certa data. Già durante la COP10, a Panama, si tentò di far passare la logica del rischio zero, ovvero mettere sullo stesso piano le sigarette elettroniche o non combuste con le bionde tradizionali, equiparandole dal punto di vista fiscale e delle pubblicità. Alla faccia della strategia dell’Europarlamento di spingere i prodotti alternativi perché meno dannosi. Una decisione arrivata dopo due anni di lavori.
Cop, sta per Conference of the Parties, ovvero «Conferenza delle Parti» che hanno firmato la Convenzione Quadro dell’Oms (l’Organizzazione mondiale della Sanità) per il Controllo del Tabacco. In queste riunioni, (siamo giunti alla undicesima edizione), i rappresentati degli Stati insieme ai tecnici, decidono, tra le altre cose, le linee guida sul consumo delle sigarette. È un incontro che si svolge a porte chiuse, precluso alla stampa e per la sensibilità della materia trattata e degli interessi in gioco, è uno dei forum politici più segreti al mondo. I documenti di lavoro vengono spesso pubblicati solo dopo le decisioni, e non è disponibile l’accesso in tempo reale ai lavori.
I singoli Stati membri della Ue partecipano alla COP11, ma non individualmente. Si esprimono con una sola voce, il che richiede il coordinamento e l’approvazione di una posizione comune che sarà espressa dalla Commissione europea. Che formula una proposta che va votata. A partire dalla COP1 fino alla COP9 la posizione è sempre stata adottata per consenso, come si conviene ad un iter democratico, cioè tutti gli Stati membri dovevano approvarla, ora però la Commissione vorrebbe introdurre il voto a maggioranza qualificata.
Un tentativo che fu fatto in occasione della COP10 durante la quale la Commissione ha cercato di avere una delega in bianco da parte dei Paesi, sostituendo il lavoro del Parlamento dalla decisione presa a porte chiuse, in pochi giorni, da un gruppo di tecnici, il cui compito è di influenzare scelte globali. La strategia della Commissione era chiara: fare approvare il maggior numero di restrizioni possibili e poi trasferirle in Europa come norme di legge senza seguire l’iter del trilogo.
Un tentativo di scavalcare il Parlamento e esautorare gli Stati membri, svolto dietro le quinte, approfittando della disattenzione generale su tali manovre causata anche dalla segretezza delle riunioni dalle quali la stampa viene sempre tenuta a debita distanza. Le manovre però alla COP10 non sono passate per lo sbarramento di sette Paesi tra cui l’Italia, come a suo tempo rivelò La Verità che ricostruì la strategia. Una battaglia per scardinare tale manovra che però si è rivelata tutt’altro che facile dal momento che la Direzione generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare si era impuntata, creando una serie di tensioni interne che costrinsero l’Oms a rimandare l’incontro della COP di alcuni mesi. Nel frattempo, con molta probabilità, erano intercorse una serie di interlocuzioni tra la Direzione generale e l’Oms, tutte in maniera sotterranea, per far passare comunque la linea.
Risultato: alla fine è stata adottata una soluzione ibrida che combinava consenso e voto a maggioranza qualificata per questioni giuridicamente vincolanti. Alcuni Stati membri hanno accettato questa soluzione solo sotto pressione, a condizione che fosse un’eccezione e non un precedente.
Tutto archiviato? Niente affatto. Adesso la Commissione torna alla carica con la COP11 di novembre prossimo. L’obiettivo è assommare le decisioni a una entità superiore che impone agli Stati le scelte operate da organizzazioni. La spinta della Commissione e della Presidenza per adottare il voto a maggioranza qualificata e bypassare il consenso di tutti gli Stati membri non è solo «procedurale». Il significato è ben più profondo: potrebbe ridefinire l’equilibrio di potere all’interno dell’Ue, svuotando di significato, di fatto, la revisione in corso delle direttive sul settore e creando un pericoloso precedente. Se il cambiamento avrà successo, permetterà alla Commissione di ignorare le obiezioni nazionali e vincolare gli Stati membri a impegni internazionali che non hanno né discusso né approvato. Una sorta di colpo di mano. La questione non è circoscritta solo al tema del tabacco, seppure importante e sensibile. La decisione rappresenterebbe un pericoloso precedente. La Direzione generale per la Salute e la Sicurezza alimentare si occupa di un ventaglio di temi che spaziano dal cibo, alla filiera agroalimentare, all sanità, ai pesticidi in agricoltura. Tutti temi delicati sui quali i Paesi europei non avrebbero più sovranità.
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