Studio di Bankitalia smonta i catastrofisti. L’export in America non ha perso coi dazi
Gli economisti avevano pronosticato sfaceli, crisi del sistema produttivo, crollo del Pil, ma a nove mesi (il 2 aprile scorso il primo annuncio di tariffe del 10% su tutte le importazioni mondiali) dall’ondata di dazi imposti dal presidente americano Donald Trump il cataclisma non c’è stato. Semmai, il maggior impatto si è avuto in modo indiretto dalle imposte doganali applicate alla Cina che, vedendosi sbarrato il mercato degli Stati Uniti, ha riversato un’ondata di merci sull’Europa.
A far risuonare le sirene d’allarme in Italia un po’ tutti i settori produttivi, che disegnando scenari apocalittici sono corsi a chiedere aiuti pubblici. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, senonché questa narrazione è stata smentita dai fatti, passati in sordina.
A fare un bilancio degli effetti dei dazi americani sul tessuto produttivo è uno studio della Banca d’Italia: «Gli effetti dei dazi statunitensi sulle imprese italiane: una valutazione ex ante a livello micro» (Questioni di Economia e Finanza n. 994, dicembre 2025). Un punto innovativo del report riguarda il rischio che i prodotti cinesi, esclusi dal mercato statunitense dai dazi, vengano «dirottati» verso altri mercati internazionali (inclusa l’Europa), aumentando la concorrenza per le imprese italiane in quei territori.
Dall’analisi di Bankitalia emerge che, contrariamente a scenari catastrofici, l’impatto medio è, per ora, contenuto ma eterogeneo. Prima dello choc, gli esportatori verso gli Usa avevano un margine medio di profitto del 10,1%. Si stima che i dazi portino a una riduzione dei margini di circa 0,3 punti percentuali per la maggior parte delle imprese (circa il 75%). Questa fluttuazione è considerata gestibile, poiché rientra nelle normali variazioni cicliche del decennio scorso. Vale in linea generale ma si evidenzia anche che una serie di imprese (circa il 6,4% in più rispetto al normale) potrebbe subire perdite severe, nel caso di dazi più alti o con durata maggiore. Si tratta di aziende che vivono in una situazione particolare, ovvero i cui ricavi dipendono in modo massiccio dal mercato americano (il 6-7% che vive di solo export Usa, con margini ridotti) e che operano in settori con bassa elasticità di sostituzione o dove non è possibile trasferire l’aumento dei costi sui prezzi finali.
I tecnici di Bankitalia mettono in evidenza un altro aspetto del sistema di imprese italiane: oltre la metà dell’esposizione italiana agli Usa è di tipo indiretto. Molte Pmi (piccole e medie imprese) che non compaiono nelle statistiche dell’export sono in realtà vulnerabili perché producono componenti per i grandi gruppi esportatori. L’analisi mostra che i legami di «primo livello» (fornitore diretto dell’esportatore) sono i più colpiti, mentre l’effetto si diluisce risalendo ulteriormente la catena di produzione.
Si stanno verificando due comportamenti delle imprese a cominciare dal «pricing to market». Ovvero tante aziende scelgono di non aumentare i prezzi di vendita negli Stati Uniti per non perdere quote di mercato e preferiscono assorbire il costo del dazio riducendo i propri guadagni. Poi, per i prodotti di alta qualità, il made in Italy d’eccellenza, i consumatori americani sono disposti a pagare un prezzo più alto, permettendo all’impresa di trasferire parte del dazio sul prezzo finale senza crolli nelle vendite.
Lo studio offre una prospettiva interessante sulla distribuzione geografica e settoriale dell’effetto dei dazi. Anche se l’impatto è definito «marginale» in termini di punti percentuali sui profitti, il Nord Italia è l’area più esposta. Nell’asse Lombardia-Emilia-Romagna si concentra la maggior parte degli esportatori di macchinari e componentistica, e siccome le filiere sono molto lunghe, un calo della domanda negli Usa rimbalza sui subfornitori locali. Il settore automotive, dovendo competere con i produttori americani che non pagano i dazi, è quello che soffre di più dell’erosione dei margini. Nel Sud l’esposizione è minore in termini di volumi totali.
Un elemento di preoccupazione non trascurabile è la pressione competitiva asiatica. Gli Usa, chiudendo le porte alla Cina, inducono Pechino a spostare la sua offerta verso i mercati terzi. Lo studio avverte che i settori italiani che non esportano negli Usa potrebbero comunque soffrire a causa di un’ondata di prodotti cinesi a basso costo nei mercati europei o emergenti, erodendo le quote di mercato italiane.
Bankitalia sottolinea, nel report, che il sistema produttivo italiano possiede una discreta resilienza complessiva. Le principali indicazioni per il futuro includono la necessità di diversificare i mercati di sbocco e l’attenzione alle dinamiche di dumping o eccesso di offerta derivanti dalla diversione dei flussi commerciali globali.
Questo studio si affianca al precedente rapporto che integra queste analisi con dati derivanti da sondaggi diretti presso le imprese, confermando che circa il 20% delle aziende italiane ha già percepito un impatto negativo, seppur moderato, nella prima parte dell’anno.
- Polemiche per la norma (saltata) che toglieva alle aziende l’obbligo di pagare gli arretrati ai dipendenti che fanno ricorso per i salari troppo bassi. Ma quelle buste paga erano frutto di tanti accordi siglati dalla Cgil.
- Infrastrutture, arrivano 20 miliardi. Il Cipess approva il fabbisogno per il prossimo anno. Intanto il Senato dà il via libera alla manovra. Giorgetti: «Abbiamo fatto interventi che sembravano impossibili».
Lo speciale contiene due articoli.
Altro che Irpef, pensioni e riserve auree della Banca d’Italia: il titolo dell’ultimo giorno di fibrillazione della manovra (il voto al Senato di ieri era scontato) va di diritto ai salari. O meglio alla questione salariale che la sinistra ha provato a montare in tutti i modi facendo leva su quella che per tutti è diventata la norma «Pogliese», dal nome del senatore di Fratelli d’Italia che l’aveva già presentata circa 6 mesi fa nel decreto Ilva e che tra domenica e lunedì è stata inserita nella legge di bilancio (presentata dal senatore Fdi Matteo Gelmetti).
Proviamo a spiegarla. Il provvedimento (che poi è stato ritirato su pressioni del Colle) riguarda le vertenze giudiziarie promosse dai lavoratori che ritengono di non ricevere un trattamento economico conforme all’articolo 36 della Costituzione. La «Carta» sancisce il diritto a «una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro [...] che assicuri un’esistenza libera e dignitosa». Insomma, può succedere che i dipendenti di un’azienda privata che applica un contratto collettivo nazionale ricevano un salario che i giudici ritengono non sufficiente a garantire una vita dignitosa. In questo caso, secondo la norma che era entrata in Finanziaria, il datore di lavoro deve adeguare le buste paga ma non è tenuto a versare gli arretrati per il periodo precedente al deposito del ricorso, sempre che abbia applicato lo standard retributivo previsto dal «contratto nazionale stipulato da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».
Vuol dire quindi che non sono ricompresi i cosiddetti «contratti pirata», cioè i contratti firmati da sigle poco rappresentative e che spesso e volentieri prevedono buste paga molto al di sotto della media.
Difficile indicare il perimetro potenziale del provvedimento. Ma il caso di scuola riportato alla cronaca è quello del famoso contratto dei vigilantes, che prevede una paga inferiore ai 5 euro all’ora. Intesa firmata (poi è stata a forza rinnovata e migliorata) dai principali sindacati compresa la Cgil.
Paradossale, insomma. La sinistra e la sua sigla di riferimento (ma i ruoli sono tranquillamente intercambiabili) vanno all’attacco dell’esecutivo per una norma che mira a regolamentare un vulnus che loro stesse hanno creato. «Non ci sono più parole per descrivere questa manovra», si era immediatamente indignata la Schlein, «dopo aver aumentato l’età pensionabile per il 96% dei lavoratori, adesso attaccano la magistratura che impone il rispetto dell’articolo 36 della Costituzione. Ovvero che il salario di chi lavora deve essere equo e dignitoso». «L’emendamento Pogliese», ha continuato il segretario dem, «è un vero e proprio colpo di mano: i datori di lavoro che non hanno corrisposto un salario equo ai lavoratori non saranno obbligati a pagare gli arretrati come molte sentenze dei giudici hanno determinato». E non è stata tenera neanche Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale della Cgil.
«Si tratta», ha scandito la dirigente rossa, «di un nuovo e grave attacco ai diritti dei lavoratori da parte del governo. Con un emendamento alla legge di Bilancio, senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali, si tenta di rendere più difficile la tutela dei salari e il recupero dei crediti retributivi. Zero benefici per i lavoratori, solo attacchi».
Forse Schlein e Gabrielli dovrebbero però parlare con Landini prima di prendersela con il governo. O comunque la sinistra dovrebbe far pace con sé stessa se negli anni ha consentito che venissero siglati diversi accordi ben al di sotto dei 9 euro all’ora. La soglia che i democratici hanno più volte indicato come riferimento per il salario minimo orario.
Detto dei vigilantes, va per esempio ricordato che gli operai agricoli e i florovivaisti (meno di 5.000 persone) hanno firmato un po’ di anni fa un’intesa che prevedeva retribuzioni da circa 7 euro. Un po’ meglio era andata agli impiegati dell’industria del vetro e delle lampade (7,1 euro) e ancora meglio agli addetti delle imprese artigiane di pulizia (126.000 unità) che portavano a casa 8,1 euro l’ora. O ai 313.000 lavoratori delle cooperative del settore socio sanitario (8,8 euro) e ai 182.000 dipendenti del tessile abbigliamento che si sono fermati a quota 8,7 euro.
Un po’ di mesi fa un’analisi della Fondazione studi dei consulenti del lavoro aveva evidenziato che sui 63 contratti collettivi più rappresentativi depositati al Cnel (firmati da Cgil, Cisl e Uil), ben 22 avevano una retribuzione oraria sotto i 9 euro lordi. Chiaro che molti di questi contratti sono stati poi rinnovati a cifre superiori, ma è altrettanto evidente che per anni migliaia di lavoratori hanno ricevuto paghe ridotte all’osso e che quindi ci siano e ci saranno ricorsi.
Prima di prendersela con il governo, che probabilmente in modo maldestro ha cercato di mettere una pezza rispetto alla situazione di incertezza giudiziaria nella quale vengono a trovarsi le aziende, sinistra e Cgil in testa dovrebbero prendersela con loro stesse.
Infrastrutture, arrivano 20 miliardi
La manovra ottiene il via libera dall’aula del Senato con il voto di fiducia (110 sì, 66 no e due astenuti), tra la gazzarra dell’opposizione che ha alzato cartelli rossi con su scritto «Voltafaccia Meloni». Pd, M5s e Avs accusano la presidente del Consiglio di essersi smentita sulle accise, le pensioni e gli investimenti in sanità. Tutto secondo la tradizione di ogni manovra, come ha ricordato il presidente di Palazzo Madama, Ignazio La Russa: «Quando ero all’opposizione anche io preparavo i cartelli contro».
Prima dell’approvazione nell’emiciclo di Palazzo Madama, la commissione Bilancio ha stralciato cinque norme a seguito dei dubbi del Quirinale. Escono dal testo l’esonero per i datori di lavoro dal pagamento degli arretrati ai lavoratori sottopagati in caso di condanna ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione e la riduzione da 3 a 1 anno del divieto di svolgere un ruolo dirigenziale nel privato dopo un incarico apicale nella Pubblica amministrazione nello stesso settore. Niente da fare anche per la misura che prevedeva, viceversa, che fosse possibile, per incarichi commissariali, straordinari o temporanei, derogare dal divieto di ricoprire ruoli nella Pubblica amministrazione, dopo aver avuto incarichi in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione stessa. Stralciato pure l’articolo che prevedeva la riduzione da 10 a 4 anni dell’anzianità per il collocamento di magistrati fuori ruolo e quello sulla revisione della disciplina del personale Covip. Nel maxi emendamento non è presente anche la misura riguardante lo spoil system per le Authority. «Hanno fatto un approfondimento, quindi si è ritenuto di espungere queste disposizioni, anche per la tenuta costituzionale del provvedimento, per non esporci a censure sul piano costituzionale» ha commentato il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo.
La manovra ora passa alla Camera per il via libera definitivo entro la fine dell’anno. Superate le frizioni tra il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e il collega dell’Economia, Giancarlo Giorgetti che ha ironizzato sui rapporti con il leader della Lega. «Magari Babbo Natale gli porta un po’ di carbone sotto l’albero». E Salvini: «Non c’è stato nessun gelo, a me interessava non danneggiare i lavoratori allungando l’età pensionabile».
La legge di Bilancio vale ora circa 22 miliardi, da 18,7 miliardi del testo iniziale perché «abbiamo integrato gli stanziamenti per Transizione 5.0, la Zes e sull’adeguamento prezzi» ha spiegato Giorgetti, sottolineando che sono state accolte le richieste dei sindacati con la tassazione al 5% degli aumenti contrattuali per i lavoratori dipendenti con redditi bassi e la tassazione all’1% dei salari di produttività. Quanto alle sollecitazioni di Confindustria, il ministro rimarca che «andando a vedere le richieste del presidente Orsini prima della manovra, quadrano perfettamente con il tipo di risposte date dal governo. Complessivamente siamo intervenuti su questioni che sembravano impossibili».
Nel frattempo il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) ha approvato il piano previsionale dei fabbisogni finanziari per il 2026 e le proiezioni fino al 2028 nonché il piano strategico annuale del Fondo 295 dedicato alla Simest. Il piano per il 2026 vale 20,5 miliardi con il crocieristico, la difesa e le infrastrutture come settori maggiormente coinvolti. Il Cipess ha anche approvato il piano annuale per i limiti di rischio in materia di sostegni finanziario pubblico all’esportazione, quindi per la Sace, per il 2026.
Dopo aver passato giorni sulla graticola, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è soddisfatto. Sulla sanità ha rivendicato «un aumento di risorse di 6 miliardi mai visto nei tempi recenti». E agli imprenditori ha lanciato un messaggio: «Credo che l’iperammortamento, con proiezione triennale, dando un quadro di certezze, sia un altro elemento fondamentale per gli imprenditori che continuano a crederci e a investire». Quanto all’attenzione ai conti pubblici, il ministro ha puntualizzato: «La nostra prudenza non è affatto stagnante e della nostra prudenza beneficeranno i governi del futuro»
Vediamo i contenuti principali della manovra.
Casa Isee
Alzato a 200.000 euro il tetto del valore della casa ai fini dell’esclusione dal calcolo dell’Isee nelle città metropolitane.
Piano Casa
Per il 2026 arrivano 110 milioni, altri 100 per il 2027, a fronte di 300 per il biennio inizialmente previsti.
Salva imprenditori
Anche se un giudice stabilisce che la paga non rispetta l’art. 36 della Costituzione sulla retribuzione proporzionata al lavoro, l’azienda non è tenuta a versare gli arretrati ai lavoratori, a condizione che si sia attenuta a quanto previsto dal contratto collettivo applicato.
Irpef
La seconda aliquota scende dal 35% al 33% per i redditi fino a 50.000 euro. Il beneficio è sterilizzato sopra i 200.000 euro.
Imprese
Sarà riconosciuto fino al 30 settembre 2028 l’iperammortamento per gli investimenti delle imprese in beni strumentali. La misura è maggiorata del 180% per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro, del 100% per quelli oltre 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro, e del 50% per oltre 10 milioni e fino a 20 milioni in relazione a beni prodotti nella Ue, effettuati dal 1° gennaio 2026 al 30 settembre 2028. Arrivano 1,3 miliardi per Transizione 4.0 e 532,64 milioni per chi ha fatto domanda per il credito d’imposta per la Zes unica.
Ritenuta d’acconto
Dal 2028 per le imprese un’aliquota dello 0,5%, che sale all’1% dal 2029.
Dividendi holding -
L’accesso al regime di esclusione è previsto solo con partecipazione diretta nel capitale superiore al 5% o di valore fiscale oltre 500.000 euro.
Pensioni
Cancellata la possibilità di andare in pensione di vecchiaia anticipatamente con almeno 20 anni di contributi e se si è nel regime contributivo, cumulando gli importi di forme di previdenza complementare. Adeguamento all’aspettativa di vita più graduale: un mese nel 2027, due mesi nel 2028. Per le forze dell’ordine rinvio di 3 mesi, spalmato tra 2028 e 2030, con esenzioni per lavori usuranti. Le pensioni minime aumentano di 20 euro al mese. Niente stretta sul riscatto della laurea e sulle finestre mobili.
Tagli lavoratori precoci
Aumentano di 50 milioni nel 2033 e di 100 milioni nel 2034 i tagli all’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci. Previsti tagli pari a 40 milioni annui dal 2033 anche al Fondo per il pensionamento anticipato per i lavori usuranti.
TFR
Nel 2026-2027, le aziende con 60 dipendenti dovranno conferire il Tfr al fondo Inps. Successivamente lo dovranno fare tutte quelle con 50 dipendenti e dal 2032 quelle con 40 dipendenti. Da luglio scatta il meccanismo di adesione automatico alla previdenza complementare per i neo assunti. Avranno 60 giorni per rinunciare.
Detassazione contratti
Aliquota agevolata per la tassazione degli incrementi contrattuali al 5% ma per i redditi fino a 33.000 euro e i rinnovi effettuati anche nel 2024 e non solo nel 2025 e nel 2026.
Rottamazione quinquies
I tassi sulle rate dal 4% scendono al 3%. Potranno essere estinte le cartelle tra il 1° gennaio 2000 e il 2023, derivanti dall’omesso versamento di imposte o contributi previdenziali. Dura 9 anni con 54 rate bimestrali. Il beneficio decade con il mancato versamento di due rate.
Assicurazioni
Contributo di 1,3 miliardi tramite versamento a titolo di acconto dell’85% del contributo sul premio delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti dovuto per l’anno precedente.
RC Auto
Sale al 12,5% l’aliquota sulla polizza per i rischi di infortunio al conducente e rischi di assistenza stradale per i contratti dal 1° gennaio 2026.
Tobin Tax
L’aliquota dell'imposta sulle transazioni finanziarie passa dallo 0,1% allo 0,2% se la cessione avviene su mercati regolamentati e dallo 0,2 allo 0,4% negli altri casi.
Ponte sullo Stretto
Rifinanziato con 780 milioni nel 2032 e 2033.
Farmaci innovativi
Scende di 140 milioni, dal prossimo anno, il Fondo di oltre 1 miliardo per i farmaci innovativi.
Fondo per la coesione
Taglio di 300 milioni per il 2026 e di 100 milioni per ciascuno degli anni 2027 е 2028.
Rai
Taglio di 10 milioni.
Studi sull’attività russa
Contributo di 200.000 euro per il 2026 e il 2027 alla Fondazione Med-Or per studi sull’attività di influenza russa.
CARABINIERI
Arrivano 4,7 milioni in più all’anno per l'Arma.
Indennità spettacolo
La soglia di reddito massimo per poter accedere passa a 35.000 euro.
Metropolitane
Tagli ai finanziamenti per Roma, Milano e Napoli
Editoria
60 milioni di euro in più.
oro di Bankitalia
Sancita l’appartenenza al popolo italiano, richiamando esplicitamente i Trattati Ue. Salta l’ipotesi di tassazione agevolata sulla rivalutazione dell’oro da investimento dei privati.
Affitti brevi
Cedolare secca al 21% su una sola abitazione, al 26% sulla seconda; dalla terza obbligo di partita Iva.
Pacchi
Introdotta una tassa da 2 euro su quelli proventienti da fuori i confini dell’Ue dal valore fino a 150 euro.
Premi produttività
La tassazione scende dal 5 all’1%. Prorogata anche per il 2026 l'esenzione del 50% dei dividendi corrisposti ai lavoratori e derivanti da azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato entro 1.500 euro annui.
Banche e assicurazioni
Contributo di circa 11 miliardi nel triennio. L'Irap sale al 6,65% per banche e intermediari finanziari e al 7,90% per le assicurazioni.
Aiuti alle famiglie
Sale da 40 a 60 euro al mese il bonus per le lavoratrici madri con redditi sotto i 40 mila euro. Si estende a 14 anni l'età del figlio per il congedo facoltativo e raddoppiano i giorni di malattia per i figli: da 5 a 10 all'anno. Bonus libri con un fondo fino a 20 milioni per le famiglie con Isee fino a 30 mila euro. Per le scuole paritarie un contributo fino a 1.500 euro.
Plastic e sugar tax
Rinviate al 31 dicembre 2026.
Salute
Incremento di 7 milioni del fabbisogno sanitario nazionale standard. I medici specializzandi potranno fare le visite fiscali per l’Inps. Aliquota del 5% sugli straordinari per gli infermieri.




