Gli Usa avvertono gli alleati: «Se userete gli asset russi la pace non è raggiungibile»
- Oggi a Miami nuovo round negoziale tra la delegazione americana e quella gialloblù. Il Cremlino alla finestra: «Militari impegnati finché non otteniamo i nostri obiettivi».
- Vladimir Putin in visita al monumento del Mahatma Gandhi : «Oggi Mosca difende i suoi princìpi».
Lo speciale contiene due articoli
Nella delicata dinamica delle trattative di pace non sono ancora stati svelati i dettagli dei colloqui tra la delegazione ucraina e quella americana in Florida.
Secondo quanto riferito da Ukrainska Pravda, nella tarda serata di giovedì è avvenuta la prima riunione del quartetto composto dagli ucraini Rustem Umierov e Andrii Hnatov, e dagli americani Steve Witkoff e Jared Kushner. Ma una fonte vicina alla squadra negoziale di Kiev ha rivelato che un secondo round è stato fissato ieri. A confermare l’indiscrezione è stato sia il consigliere del capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Oleksandr Bevz, sia Axios. Che ha aggiunto che gli incontri dovrebbero proseguire anche oggi.
Ad attendere l’esito dei colloqui è soprattutto Mosca. Il consigliere presidenziale russo, Yuri Ushakov, ha infatti affermato: «Spero che condivideranno con noi questi risultati, e poi vedremo».
Gli obiettivi della missione gialloblù a Miami sono stati svelati dallo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha scritto su X: «Il nostro compito è ottenere informazioni complete su quanto è stato detto a Mosca e sugli altri pretesti escogitati da Putin per prolungare la guerra». Intanto il Cremlino passa la responsabilità sull’eventuale fine del conflitto a Kiev. Il portavoce russo, Dmitry Peskov, ha dichiarato al canale Rt: «Se non avremo la possibilità di raggiungere i nostri obiettivi con mezzi pacifici, continueremo l’operazione militare speciale e faremo tutto il necessario per proteggere i nostri interessi».
L’amministrazione americana sul fronte dei negoziati oscilla tra cautela e ottimismo. Il presidente americano, Donald Trump, ha commentato: «Stiamo portando la pace in tutto il mondo. Stiamo risolvendo le guerre a livelli mai visti prima. Otto. Ne stiamo cercando un’altra, quella tra Russia e Ucraina, se possibile, e penso che prima o poi ci arriveremo». Sempre fiducioso ma più prudente è stato il vicepresidente statunitense, J.D. Vance, che, pur dicendo che «ci sia speranza», ha puntualizzato: «Abbiamo fatto molti progressi, ma non siamo ancora del tutto al traguardo».
Non si può dire però che l’amministrazione americana nutra la stessa positività nei riguardi dell’Europa. Nel documento sulla Strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, diffuso ieri dalla Casa Bianca, si legge: «L’amministrazione Trump si trova in contrasto con i leader europei che nutrono aspettative irrealistiche riguardo alla guerra, appoggiati da governi di minoranza instabili, molti dei quali calpestano i principi fondamentali della democrazia per reprimere l’opposizione. La grande maggioranza degli europei vuole la pace, ma questo desiderio non si traduce in politiche concrete, in gran parte a causa della sovversione dei processi democratici da parte di quei governi». E non è detto che «alcuni Paesi europei avranno economie e forze armate abbastanza forti da restare alleati affidabili». Peraltro, viene esplicitamente menzionata l’ipocrisia tedesca: «La guerra in Ucraina ha avuto l’effetto perverso di aumentare la dipendenza esterna dell’Europa, in particolare della Germania. Oggi, le aziende chimiche tedesche stanno costruendo alcuni dei più grandi impianti di lavorazione del mondo in Cina, utilizzando il gas russo che non possono ottenere in patria». Nel documento viene anche annunciato che una delle priorità americane è «mettere fine alla percezione, e prevenire la realtà, di una Nato come alleanza in perpetua espansione». Tra l’altro, secondo Reuters, entro il 2027 Washington vuole che l’Europa prenda il controllo della maggior parte delle capacità di difesa convenzionale della Nato.
Ma i contrasti tra gli Stati Uniti e l’Europa si estendono anche all’utilizzo degli asset russi congelati. Stando a quanto riferito da Bloomberg, Washington ha esercitato pressioni su alcuni Paesi dell’Ue per bloccare i piani di Bruxelles sull’uso dei beni russi. I funzionari americani avrebbero infatti comunicato agli Stati membri che gli asset servono per garantire la pace e non devono essere quindi impiegati per prolungare la guerra. Dall’altra parte, è evidente che alcuni leader europei abbiano una visione diametralmente opposta: nel tentativo di convincere il premier del Belgio, Bart De Wever, a dare il via libera sull’utilizzo degli asset congelati, il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, si è diretto a Bruxelles per cenare con lui e con il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Delle fonti tedesche hanno rivelato al Financial Times che «Merz crede che spetti a lui portare a termine» la faccenda. E con l’evidente obiettivo di ammorbidire le posizioni dell’osso duro De Wever, il portavoce del cancelliere tedesco, Sebastian Hille, ha affermato: «Il Belgio non può essere lasciato da solo con le sue riserve, che sono giustificate e vengono prese molto sul serio dal cancelliere». E quindi Berlino sarebbe disposta a condividere parte dei costi economici: «Il cancelliere ha detto che anche i membri europei potrebbero distribuirsi il peso dei rischi» ha concluso Hille.
Lo zar si erge a discepolo di Gandhi: «Mondo più giusto se multipolare»
Il viaggio di Vladimir Putin in India ha un peso politico, economico e soprattutto geopolitico determinante. L’incontro ufficiale con il primo ministro Narendra Modi è arrivato dopo un lungo colloquio e uno scambio di opinioni avvenuto il giorno prima, nel quale i due leader avevano tracciato gli argomenti da toccare nel faccia a faccia. L’India è ormai da tempo il Paese più popoloso del mondo e ha un’economia che cresce a un ritmo superiore al 7% annuo (la Cina fatica ad arrivare al 5%).
Nuova Delhi è da tempo protagonista delle dinamiche globali e anche l’Europa ne ha compreso l’importanza, ma l’India sta portando avanti una politica estera squisitamente indiana. Con la Cina, per esempio, nonostante l’ingombrante presenza di due giganti del continente asiatico e di problemi lungo il confine, non si vuole arrivare a uno scontro, semmai si collabora.
L’India è un membro fondatore, insieme a Cina e Russia, del gruppo economico dei Brics, un’alleanza nata in funzione anti-occidentale e che si è allargata fino a comprendere Paesi provenienti da tre continenti.
L’incontro di Modi con Putin è iniziato nel palazzo presidenziale insieme anche alla presidente Droupadi Murmu. La seconda tappa è stata al Raj Ghat, il monumento commemorativo del Mahatma Gandhi. Qui il presidente russo ha sottolineato quanto l’azione di Gandhi fosse simile a quello che sta facendo la Russia, ribadendo il concetto che Mosca lavora per la pace, un mondo multipolare e senza violenza, così come faceva il padre della patria indiano.
Il premier di Nuova Delhi ha definito l’incontro con Putin come qualcosa di storico per migliorare le relazioni fra le due nazioni. Questo summit, come ha tenuto a ribadire il consigliere presidenziale dello zar, Ushakov, è una tappa fondamentale per rafforzare le relazioni internazionali della Russia. Il discorso è ovviamente scivolato sulla necessità dell’India di materie prime per continuare a crescere. «La Russia è un fornitore affidabile di petrolio, gas, carbone e tutto ciò di cui l’India ha bisogno per il suo sviluppo energetico», ha dichiarato Putin. Modi ha ringraziato Mosca e ha sottolineato come la sicurezza energetica sia un pilastro della cooperazione bilaterale.
Proprio il petrolio russo è stato al centro di una importante disputa internazionale, perché Donald Trump voleva portare al tavolo delle trattative Putin obbligando Cina e India a non acquistare più il greggio russo. Le trattative per un cessate il fuoco in Ucraina stanno andando avanti e l’amministrazione Trump ha deciso di evitare uno scontro diretto ammorbidendo parzialmente le sanzioni.
L’India ha bisogno di continuare a produrre ed è un «animale energivoro» che necessita di trasformare la sua economia di servizi in economia industriale e lo può fare soltanto utilizzando combustibile. Pechino e Nuova Delhi sono diventati da tempo i migliori clienti di Mosca, e Putin sa benissimo l’importanza del mercato indiano per il petrolio, ma anche per il gas e il carbone russo. I due leader hanno dichiarato che i legami tra le due nazioni sono resilienti rispetto alle pressioni esterne. Non va infatti dimenticato che Mosca è anche il primo fornitore di armi delle forze armate indiane e in questo meeting la Russia ha detto di voler raggiungere i 100 miliardi di dollari di scambi entro il 2030.
Intanto si è deciso di favorire la mobilità di professionisti fra i due Paesi ed è stato firmato un accordo per la spedizione in Russia di prodotti marini e agricoli indiani.





