Dica l’associazione candidata se al centro della propria attività figura la promozione della disparità di genere. Se non c’è, niente finanziamenti Ue. È quanto si è vista rispondere la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche europee (Fafce), incredibilmente esclusa dai fondi per progetti europei perché, secondo la Commissione Ue, pone la promozione della famiglia composta da uomo e donna al centro della propria attività e dunque «fornisce informazioni limitate sulla disparità di genere», contravvenendo alle «misure europee per l’uguaglianza».
Nonostante la Carta dei diritti fondamentali Ue, al punto 33, garantisca la protezione della famiglia a livello economico, giuridico e sociale, l’esecutivo Ue guidato da Ursula von der Leyen ritiene di fatto che «le informazioni limitate sulle disparità di genere potrebbero limitare la diffusione dell’analisi «dell’agenda gender e «la comprensione di come vengono affrontate le barriere alla partecipazione nei diversi gruppi demografici». Questo approccio, secondo la Commissione, «potrebbe contravvenire alle misure a favore dell’uguaglianza dell’Unione europea».
«La Fafce - si difende il presidente Vincenzo Bassi - ha sempre promosso il dialogo». Secondo Carlo Fidanza, capodelegazione del gruppo Ecr del Parlamento europeo, dove siede il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, insieme con Paolo Inselvini, eurodeputato Ecr-Fdi e co-presidente dell’Intergruppo demografia dell’Eurocamera, «questa scelta, che rappresenta una discriminazione basata sui valori, si aggiunge ai già numerosi interrogativi sulla gestione dei fondi Ue. Colpire la Fafce attraverso criteri “valoriali” significa trasformare i bandi europei in strumenti di selezione ideologica, creando un precedente pericoloso».
Che sia così, lo dimostrano i 3,6 miliardi di euro recentemente stanziati per la promozione dell’agenda arcobaleno, che al secondo pilastro propone di introdurre programmi educativi «inclusivi» nelle scuole di ogni ordine e grado e incoraggiando «ambienti che celebrino la diversità fin dall’infanzia».
I soldi Ue per chi promuove l’agenda gender, insomma, si trovano sempre, ma soltanto per loro: già a inizio 2025 Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea rilevando il doppio standard applicato a favore di alcune associazioni progressiste come International Planned Parenthood (oltre 3 milioni di euro dal 2022 al 2025) rispetto ad altre, come la World Youth Alliance, vicina a Fdi, che si è vista contestare oltre 400.000 euro per la propria interpretazione dei cosiddetti “diritti sessuali e riproduttivi”.
«L’Ue non può diventare un luogo in cui si finanziano solo le organizzazioni allineate all’agenda progressista, mentre si marginalizzano quelle che difendono la famiglia, la libertà educativa e la dignità della persona», contestano Fidanza e Inselvini.
Lo stesso cecchinaggio lo ha subito anche l’associazione Pro Vita & Famiglia: lo scorso anno, quando si era iscritta al Registro di Trasparenza europeo per poter promuovere i propri valori presso le istituzioni di Bruxelles, la Commissione ha aperto un’indagine in base ad accuse promosse dall’eurodeputato del Pd Alessandro Zan e da altri deputati di estrema sinistra. «Esprimiamo la nostra totale solidarietà alla Fafce. C’è un doppio standard dell’Ue - accusa Jacopo Coghe, portavoce dell’associazione - da un lato si promuove la strategia Lgbt e l’ideologia gender, dall’altro lato si escludono dall’attività politica e sociale europea tutte le associazioni che promuovono la vita e la famiglia. Questa è dittatura, certo non democrazia».
La controversa valutazione psicometrica Fku, istituita dalle autorità danesi «per la protezione dell’infanzia» e per valutare se i genitori siano adatti a crescere i loro figli - e, in caso contrario, sottrarli alle famiglie d’origine e deportarli in strutture o famiglie affidatarie - è stata sospesa l’1 gennaio 2025. Ma attenzione, soltanto per le famiglie di origine groenlandese, perché quelle danesi continuano a dovervi sottostare: i test di valutazione dei genitori, infatti, non sono stati annullati perché eticamente aberranti, ma perché discriminavano le famiglie della minoranza inuit, originarie della Groenlandia che, pur territorio danese, ha lingua, tradizioni e cultura a sé.
Il forældelekompetenceundersøgelse (Fku), dalla impronunciabile denominazione non meno perversa del concetto che rappresenta, è letteralmente un «sondaggio sulla competenza genitoriale». Non è stato introdotto da una legge specifica ma è un metodo che si è sviluppato nel tempo e che è diventato parte integrante dei test relativi all’infanzia nella legislazione sociale danese, prima con il Social services act, poi con il Children’s Act. Pur non essendoci una base giuridica specifica, il principio di condurre studi sulla «capacità», sic, dei genitori di prendersi cura dei propri figli esiste da molto tempo nella legislazione sociale danese. La Sezione 50 del Social services act (ora Legge sui minori, paragrafo 20) è la base giuridica che consente alle autorità danesi di avviare dei test per la tutela dell’infanzia, che possono includere un esame di «competenza genitoriale» se ci sono ragioni di credere che un bambino o un giovane necessitino di un supporto speciale.
Se già la base di partenza è molto discutibile, i danesi si sono fatti prendere un po’ la mano. I test Fku, infatti, sono stati applicati a tappeto non soltanto sulla popolazione danese ma soprattutto sulla minoranza groenlandese, che ha avuto difficoltà a superarli (essendo in danese), poiché comprendevano anche domande di cultura generale.
Risultato: circa il 7% dei bambini nati in Groenlandia e il 5% dei bambini con almeno un genitore groenlandese sono stati sottratti ai genitori e confinati in strutture o famiglie affidatarie, rispetto a «soltanto» l’1% della popolazione infantile generale danese. E se i bambini danesi da 0 a 10 anni sono circa 630.000, l’1% equivale a circa 6.300 bambini strappati ai loro genitori, non necessariamente incapaci di accudire i figli ma sostanzialmente di non superare il test Fku. Che è una sorta di galleria degli orrori, se si pensa che è finalizzato a valutare se un genitore può prendersi cura dei figli che mette al mondo (ammesso che questa «abilità» debba essere testata dallo Stato): «Chi è Madre Teresa?», «Quanto tempo ci vuole perché i raggi del sole raggiungano la Terra?», «Cosa rappresenta la colomba?». Ad alcuni genitori è stato chiesto di interpretare l’immagine di un uccello con una foglia in bocca. La risposta giusta, secondo i protocolli, doveva essere «la pace» ma i genitori groenlandesi hanno interpretato l’immagine come simbolo della natura, e hanno dovuto dare l’addio al proprio figlio tra urla strazianti.
Nei test Fku, la vita dei genitori a rischio viene letteralmente passata ai raggi X: padri e madri dei bambini potenzialmente affidatari devono innanzitutto superare i colloqui con gli psicologi che li intervistano e osservano le loro interazioni con il bambino, poi vari test psicologici, che possono coprire aree quali l’associazione (la capacità dei genitori di soddisfare i bisogni di attaccamento del bambino), la valutazione dei tratti della personalità, l’intelligenza e le capacità cognitive e di «problem soling» (sic!), la valutazione di eventuali difficoltà mentali e altre aree tematiche concepite per capire, ad esempio, come affronterebbero le diverse sfide dell’infanzia, la loro visione di se stessi come genitori e come individui, il loro stato di salute, le loro aspettative per il futuro, la pianificazione dell’educazione del bambino e infine il contesto culturale e sociale.
E se in Italia è florido l’osceno business degli affidi, in Danimarca si è sviluppato fatalmente anche quello dei tutor online che preparano i genitori ad affrontare i test, specchio raccapricciante del fatto che i figli possono essere sottratti non soltanto a famiglie realmente disagiate ma anche a persone capaci di seguire tutorial per superare i test.
A Keira Alexandra Kronvold, una groenlandese di 38 anni che viveva nel Nord della Danimarca, è stato fatto fare un test Fku prima della nascita del suo secondo figlio e un altro mentre era incinta del suo terzo figlio. Si ritiene che i risultati del test siano tra i motivi per cui il suo bambino le è stato portato via: un motivo di preoccupazione era che diverse interpretazioni delle espressioni facciali nella cultura Inuit avrebbero reso difficile per la donna crescere suo figlio «in linea con le aspettative sociali e i codici necessari per navigare nella società danese».
I test, come si diceva, sono stati sospesi per i genitori groenlandesi dopo le proteste dei cittadini per la «discriminazione» nei confronti della minoranza Inuit. Ma restano validi per le famiglie danesi, ormai in balia dello Stato tiranno che può privarle dei figli per una crocetta sbagliata.
«Si chiama Il nostro veleno quotidiano e vuole riecheggiare un po’ “il nostro pane quotidiano”, che non è più buono come una volta» spiega Franco Berrino parlando del suo ultimo libro. Berrino è un’istituzione all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, dove ha diretto il Dipartimento di medicina preventiva e predittiva occupandosi di epidemiologia dei tumori e dello sviluppo del registro dei tumori in Italia.
Da dove vengono i maggiori rischi per la nostra salute?
«Dall’alimentazione. Nel libro parlo dei veleni nell’agricoltura e della plastica. Ci sono circa diecimila diverse sostanze chimiche utilizzate come additivi della plastica, alcune fanno particolarmente male. In particolare il Bisfenolo A (Bpa), potente estrogeno che probabilmente provoca sterilità nei maschi. La concentrazione di spermatozoi negli ultimi quarant’anni si è più che dimezzata».
Quali altre sostanze fanno male?
«Un’altra sostanza antiandrogenica sono gli ftalati, usati per rendere la plastica più flessibile e modificabile. Molti giochi dei bambini sono fatti con queste plastiche molli, ci sono anche nella pellicola in cui avvolgiamo il cibo».
Matteo Bassetti sostiene che con l’acqua imbottigliata nella plastica rischiamo di bere l’equivalente di una carta di credito a settimana.
«Questo è assolutamente esagerato».
Quali sono i rischi reali, allora?
«Con le bottiglie di plastica assumiamo microplastiche. Ma la principale fonte di plastica nella nostra alimentazione purtroppo è il pesce, perché abbiamo avvelenato il mare con enormi quantità di plastica ingerita dagli animali marini. Le microplastiche sono praticamente presenti in tutti i nostri organi, persino nel cervello».
Si può fare a meno della plastica?
«No, è assolutamente indispensabile, è utilissima anche in medicina. Nel libro do le istruzioni su come difenderci».
Ad esempio?
«Ai ragazzi raccomando di non bere dalle lattine, perché sono rivestite internamente da Bisfenolo A. Se vi piace la birra bevetela in bottiglia».
Cos’altro suggerisce ai ragazzi?
«Di non bere bevande zuccherate: con un bicchiere al giorno aumenta la mortalità del 10%. Pensi che metà dei bambini italiani beve bevande zuccherate tutti i giorni».
Quali sono gli altri nemici della nostra salute?
«Gli additivi aggiunti dall’industria alimentare: coloranti, conservanti, addensanti, esaltatori di sapidità ed emulsionanti. Attenzione soprattutto a questi ultimi, quelli più comuni sono i mono e digliceridi degli acidi grassi (E471»).
In quali cibi si trovano?
«Nel pane, nei panettoni, nel cioccolato, nella colomba e nella pasticceria industriale. Queste sostanze sciolgono il muco intestinale e infiammano la mucosa. Secondo uno studio recente, il Bisfenolo A e gli emulsionanti sono associati a un maggior rischio di cancro».
Occhio all’etichetta, insomma.
«Sì: se c’è scritto Bisfenolo A oppure E471 e E472 è preferibile non comprare il prodotto. Più mangiamo cibi ultralavorati - salumi, bevande industriali, cibi in scatola - più ci ammaliamo».
Queste linee guide sono sovrapponibili al cambio di paradigma in corso in America, dove si sta ricominciando a parlare di trattamenti individuali anziché di protocolli.
« È vero».
Come si assistevano i pazienti cinquant’anni fa?
«Guardi, il medico di una volta aveva una visione d’insieme del suo paziente. Poi, la medicina ha fatto enormi progressi e l’aspettativa di vita è aumentata di circa tre mesi l’anno grazie alla tecnologia. Il rovescio della medaglia è che la medicina moderna mantiene in vita moltissimi anziani non del tutto autonomi, che devono assumere farmaci quotidianamente».
Quanti farmaci?
«Il 99% degli anziani prende farmaci tutti i giorni per sopravvivere: per la pressione, il colesterolo, la glicemia, per curare il cancro, per curare il diabete».
Cosa ha comportato la nascita dell’industria farmaceutica moderna?
«Oggi ci sono farmaci per qualunque sintomo: si cura il sintomo anziché interrogarsi sulle cause della malattia per fare prevenzione».
Da dove parte la prevenzione?
«La cattiva alimentazione, nata negli ultimi settant’anni con lo sviluppo dell’industria alimentare, è una causa importantissima di tutte le malattie croniche di oggi».
Soprattutto in America, dove c’è un’epidemia di obesità.
«È molto interessante quello che sta succedendo negli Stati Uniti. Kennedy sta cercando di invertire la tendenza lavorando sulle cause delle malattie e questo va a disturbare moltissimi poteri, in particolare quello dell’industria farmaceutica».
Kennedy ha dichiarato che la Fda oramai era diventata una fabbrica di autorizzazioni, concesse di default...
«…sulla base della documentazione presentata dalle ditte farmaceutiche e senza alcun controllo. Mi auguro che Kennedy riesca a promuovere studi sugli effetti a lungo termine dei vaccini. Finora non ne sono stati fatti di validi».
Parliamo di epidemia oncologica, che è la sua materia. In America si ipotizza un possibile effetto dei vaccini Covid riguardo l’insorgenza di nuovi tumori.
«Purtroppo questi vaccini sono stati somministrati senza promuovere contemporaneamente una sorveglianza attiva in alcun Paese. Questa grossolanità, questa ignoranza delle amministrazioni e delle autorità sanitarie è sorprendente. Avremmo dovuto mettere in piedi un sistema informativo efficiente. È stata una follia, soprattutto aver vaccinato popolazioni a basso rischio come i bambini».
Sugli studi pubblicati dalle riviste scientifiche c’era sempre un disclaimer, secondo il quale i benefici del vaccino Covid superavano i rischi.…
«Le riviste si sono comportate molto male: hanno accettato la presenza di una sorta di censura, per cui gli articoli che potevano mettere in discussione la sicurezza o l’efficacia dei vaccini Covid venivano in qualche modo boicottati. Lo dico con sicurezza perché è capitato anche a me».
Racconti questo boicottaggio…
«Ho dedicato un capitolo al “pasticciaccio brutto” del Covid. Alcuni colleghi nella provincia di Pescara avevano fatto un bellissimo studio: avevano confrontato la mortalità dei vaccinati e dei non vaccinati e avevano concluso che i vaccinati morivano molto meno, ma di tutto, non soltanto di Covid. Il che sembrava un po’ strano».
In effetti…
«E infatti questo studio era sbagliato, come spiego dettagliatamente nel libro. Abbiamo scritto mettendo in evidenza l’errore ma la rivista ci ha ignorato, il che è una vergogna per i referee (i revisori): ignorare la lettera significa che in qualche modo devi obbedire a ordini».
Come avete reagito a questa censura?
«Abbiamo scritto a un’altra rivista e anche questa non ha pubblicato la nostra correzione. Però i colleghi di Pescara sono stati molto corretti e ci hanno messo a disposizione tutti i dati. Rianalizzandoli è emerso esattamente il contrario, cioè che la mortalità è superiore nei vaccinati. Abbiamo avuto molta difficoltà a pubblicarlo».
Cosa dice il vostro studio?
«Non possiamo concludere che il vaccino Covid abbia aumentato la mortalità, però sul libro ci sono molti indizi che lo fanno pensare. In molti Paesi la mortalità totale è aumentata dopo l’introduzione del vaccino. Bisognerebbe andare più a fondo».
Alcuni scienziati hanno addebitato l’aumento della mortalità totale ai cambiamenti climatici…
«Sì, certo…». (ride, ndr)
I tumori stanno aumentando o no? Si parla molto di questo «turbo cancro».
«Non ci sono ancora studi validi. Ce ne sono due che hanno visto un aumento di tumori ma non sono ben fatti. Quello pubblicato in Corea non è convincente perché l’aumento c’è già nel primo mese dopo la vaccinazione. Un altro studio è stato fatto dagli stessi colleghi di Pescara, che hanno visto nei vaccinati una maggiore ospedalizzazione per tumore negli anni successivi alla vaccinazione, ma questa non è una prova che il vaccino possa aver scatenato la comparsa del cancro».
I registri sui tumori cosa dicono?
«Non lo sappiamo ancora con certezza, i dati hanno sempre un po’ di di ritardo».
E gli altri vaccini?
«Nel libro c’è un capitolo sull’autismo: ci sono molti indizi che mostrano che sia legato all’introduzione di sostanze estranee e tossiche nel momento in cui si stanno creando le connessioni del sistema nervoso e quelle del linguaggio e della socialità. C’è anche uno studio americano ben fatto che mostra che l’autismo è legato alla quantità di vaccini fatti in età molto precoce. Sarebbe prudente non farli ai bambini appena nati, ma aspettare che maturi il sistema nervoso. Studi ben fatti ancora non ce ne sono e a volte rimane il dubbio che alcuni siano fatti male ad arte per non trovare quello che potrebbero trovare».
Perché c’è questo culto del vaccino?
«È un totem. Sono una fonte di guadagno enorme per industria farmaceutica: vaccinare tutta la popolazione sana rappresenta un mercato enorme. C’è sicuramente una grande influenza dell’industria sui nostri legislatori e sulle autorità sanitarie».
L’esitazione vaccinale nasce da questi pasticci pandemici?
«Purtroppo sì».
Che conclusione ne trae?
«Sono fiducioso che se la gente è informata si può difendere - è per questo che ho scritto questo libro - ma durante la pandemia ci hanno detto tante bugie».





