2025-05-10
La Cassazione dà ragione al governo sui cpr in Albania: trattenimenti leciti
Dopo la sentenza del Palazzaccio la Corte d’Appello di Roma cambia linea. Espulsi i tre i tunisini dello stupro al Concertone.Doppio scacco all’immigrazione clandestina e molesta: sui trattenimenti in Albania la Corte di Cassazione ribalta tutto, equiparando il centro di Gjader ai cpr italiani, mentre il Viminale nel pomeriggio di ieri ha espulso i tre tunisini indagati per le molestie al Concertone del Primo maggio. Ma andiamo con ordine. La Prima sezione penale della Suprema corte, presieduta da Giacomo Rocchi (relatore Giorgio Poscia), ha accolto un ricorso presentato dal ministero dell’Interno e dalla Questura di Roma, stabilendo che il trattenimento è legittimo. Anche dopo la domanda di asilo. Anche in Albania. Anche a Gjader. Perché quella struttura, ai sensi del Protocollo Italia-Albania, è «equiparata a tutti gli effetti» a un cpr italiano. Non solo. Secondo la Cassazione, la legge che ratifica il protocollo con l’Albania non impedisce il trattenimento di chi ha presentato domanda d’asilo, quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda sia «strumentale» e che «miri a impedire l’esecuzione del provvedimento di espulsione o di respingimento». È il cuore della decisione. Lo status di richiedente protezione internazionale non basta più, da solo, a sottrarre un immigrato al trattenimento e al trasferimento nei centri albanesi. Il caso specifico riguarda un marocchino che nel novembre 2021 ha varcato illegalmente la frontiera di Lampedusa. Ma a marzo 2025 il prefetto di Napoli dispone la sua espulsione, con trattenimento nel cpr di Palazzo San Gervasio, in Basilicata. Un provvedimento convalidato dal giudice di pace di Melfi lo scorso 2 aprile. Pochi giorni dopo viene disposto il trasferimento a Gjader. Qui, l’11 aprile, lo straniero mette piede in una struttura che non è in Italia ma è sotto giurisdizione italiana, come recita il Protocollo firmato tra il governo Meloni e l’esecutivo albanese. E il trattenuto il 17 presenta domanda di protezione internazionale. Lo stesso giorno il questore di Roma rinnova il trattenimento «per il pericolo di fuga» ma anche per «la strumentalità della domanda». Che il giorno seguente è stata respinta dalla Commissione territoriale. Ma la Corte d’Appello di Roma (quella che con un trucco burocratico ha assorbito gli stessi magistrati della Sezione immigrazione del Tribunale soppressa dal governo) non ci sta. Annulla la convalida sostenendo che il cpr in Albania serve a trattenere chi è destinato al rimpatrio, non i richiedenti protezione internazionale. E quella richiesta, anche se pretestuosa, stando al cavillo, modificherebbe lo status giuridico del migrante. Il caso finisce in Cassazione. E cambia tutto. Secondo la Suprema corte, «i Centri situati nel Paese terzo possono servire anche per l’attesa della decisione della protezione internazionale, nonché per la verifica del diritto alla permanenza sul territorio italiano». Infine, «le garanzie per il cittadino extracomunitario sono le medesime, a prescindere dal cpr in cui si trova». E con questa mossa bocciano anche «la questione di legittimità costituzionale (l’ennesima, ndr)», sollevata dalla difesa dello straniero. «Infondata», valutano i giudici, «poiché» la normativa «non si pone in contrasto con il Protocollo». Il provvedimento viene quindi annullato. E il fascicolo torna alla Corte d’Appello per un altro giudizio. Questa volta con delle indicazioni molto precise. Che sembrano essere già state recepite, visto che nei primi provvedimenti emessi ieri la Corte d’Appello romana ha cambiato orientamento. In un caso ha convalidato il trattenimento a Gjader di un pakistano che ha presentato domanda d protezione internazionale. «Alla luce della recentissima giurisprudenza di legittimità (la decisione richiama la sentenza della Cassazione, ndr)», scrive il giudice, «l’approccio proposto, ritenuto condivisibile anche alla luce della disciplina comunitaria», permette il trattenimento in Albania. La richiesta di asilo è risultata «pretestuosa». Oltre che priva di argomenti, essendo emerso «un soggiorno in Italia senza un programma di effettiva regolarizzazione». Mentre in un secondo procedimento, che riguarda un algerino con precedenti penali, lo stesso giudice, Giuseppe Molfese, pur riconoscendo la legittimità del trattenimento in Albania, ha ritenuto la richiesta di protezione non strumentale: «Non vi è motivo di dubitare in ordine alla paura di ritornare nel Paese d’origine». E il provvedimento non è stato convalidato. A conferma della ricezione del nuovo orientamento, però, c’è la decisione di un secondo giudice, Marco Ulzega, della stessa Corte d’Appello. Ha trattato il ricorso di un altro algerino che, come nei casi precedenti, ha presentato domanda di protezione internazionale dopo l’espulsione. «Alla luce della pronuncia del massimo organo della nostra giurisdizione», premette citando la sentenza Rocchi-Poscia, si deve «ritenere che il cpr di Gjader sia in tutto e per tutto equiparato a un Cpr italiano». E siccome anche questa richiesta di protezione è risultata pretestuosa ha convalidato il trattenimento. Motivazioni diverse, invece, quelle contenute nel provvedimento immediato di espulsione (firmato dal questore su impulso del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi) per i tre tunisini accusati di violenza sessuale di gruppo per i fatti del Concertone del Primo maggio a Roma e accompagnati ieri pomeriggio alla frontiera. I tre erano in Italia con un permesso per motivi di studio. Ma la loro permanenza è stata cancellata in blocco dopo le verifiche dell’Ufficio immigrazione. Il trattenimento nel cpr, la convalida del giudice e infine l’espulsione. Una procedura lampo, resa possibile anche dalla prontezza della polizia e dalla collaborazione della vittima.
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