Alla Scala trionfa il nero (e qualche sfumatura): la Prima tra glamour, assenze e record d’incassi
Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli. Regione Lombardia al gran completo con il presidente del Consiglio Federico Romani e gli assessori Francesca Caruso, Debora Massari e Gianluca Comazzi.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
Come nasce l’idea di Sensorial?
«Sensorial nasce dall’incontro tra materia, neuroscienze, arte e un’eredità familiare radicata nel mondo del cemento. La mia storia personale si intreccia con un percorso di studi dedicato all’architettura, alla percezione, alla neuroestetica e al benessere psicofisico. L’intuizione è arrivata quando ho compreso che il cemento, da materiale tecnico e asettico, poteva trasformarsi in una materia viva, vibrante, capace di emozionare e custodire memoria. Da questo incontro nasce Concrial: un cemento sensoriale, emozionale, un ponte tra corpo e spazio».
Qual è stato l’episodio o l’intuizione che le ha fatto vedere il cemento come una materia «viva» e capace di raccontare luce?
«L’intuizione è stata considerare il cemento non solo come materiale costruttivo ma come tela artistica, veicolo emotivo, custode del gesto creativo. Attraverso la connessione emotiva che ho avuto toccando questa materia, ho capito che avrei potuto applicare i miei studi in ambito neuroscientifico alla materia stessa e non soltanto allo spazio architettonico. Passare per la materia era la via per creare esperienze sensoriali significative».
Il primo esperimento che ti ha fatto capire che il cemento poteva diventare design?
«Dall’incontro con i maestri artigiani e da una serie di eventi significativi, è nato il desiderio e l’esigenza di creare qualcosa di assolutamente unico e innovativo dove la luce incontrava la materia. Questo primo esperimento, assolutamente sorprendente e folgorante, ha dato vita a quella che poi è diventata la collezione Moon: una trama artistica e materica che assorbe la luce del giorno per rilasciarla in condizioni di oscurità. Questo è stato il momento in cui ho capito che il cemento poteva diventare un medium artistico e sensoriale. Moon è stato poi selezionato per realizzare lo scorso anno il Teatro dell’Infinito nell’isola di Sindalah, a Neom, in Arabia Saudita».
Che ruolo ha l’artigianato italiano in questo processo?
«L’artigianato è l’anima di Sensorial. La gestualità, il tempo, la ritualità e la cura del dettaglio rendono ogni creazione unica, irripetibile e profondamente umana. Le radici umbre incontrano neuroscienze e ricerca, dando vita a oggetti unici e identitari».
Qual è la sfida più grande nel lavorare il cemento come materiale di design?
«È cambiare la percezione e l’immaginario del cemento: trasformarlo da materiale freddo e rigido a materia emotiva, luminosa, tattile. La sfida più grande è oggi quella di consegnare ai creativi dei settori design, architettura e arte un terreno progettuale nuovo e sorprendente, sia in termini applicativi che funzionali. Questo significa integrare luce, frequenze sonore, texture, colori e tecniche artistiche all’interno di una sostanza antica, rendendola viva senza perderne la forza originaria».
Sensorial comprende anche gioielli in Concrial.
«I gioielli nascono dal desiderio di portare la materia sensoriale sul corpo. Per farlo, abbiamo alleggerito e trasformato il cemento, rendendolo luminoso, tattile, identitario. Il gioiello diventa un frammento di emozione, un simbolo intimo, un oggetto che racconta la persona che lo indossa».
Quali tecniche utilizza per rendere il cemento adatto al corpo?
«Microimpasti alleggeriti, fibre minerali elastiche, inserti metallici fluidi, trattamenti setosi a poro chiuso. E ovviamente alcune tecniche che sono di dominio dei nostri artigiani. Ogni gioiello è rifinito a mano e unico. Il risultato è un oggetto leggero, confortevole e sorprendente».
Quando e come è arrivata l’idea di trasformare un materiale «grezzo» come il cemento in qualcosa da indossare?
«La collezione Wearable Concrete nasce dalla conoscenza della illustre designer milanese Giuliana Cella, definita dal Financial Times “la regina dell’etno-chic”. Attraverso questa capsule collection abbiamo creato preziosi del tutto non convenzionali, a metà tra micro-architettura, monili talismanici e luminescenti, preziosi che toccano in ciascuno di noi un sentire esotico e ancestrale».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Per Ricci, la natura è la matrice di ogni forma creativa: «Non esiste ispirazione più profonda dell’osservare e vivere la natura. Il Polo Nord raggiunto con una slitta trainata dai cani; l’Africa, dove ho disegnato le collezioni più emozionali; l’Asia, con le sue montagne che tagliano il cielo blu. Dietro ogni capo che porta il mio nome c’è tutto questo». Il progetto Explorer vive anche attraverso lo sguardo delle nuove generazioni, rappresentate dal direttore creativo Filippo e Niccolò Ricci, amministratore delegato. «Riunire gli esploratori a Firenze è un sogno che ho coltivato per anni», racconta Filippo. «Da bambino, con mio fratello Niccolò, ho viaggiato seguendo i nostri genitori. Ho nutrito una profonda fascinazione per l’avventura, alimentata dagli autori che ho amato: Ernest Hemingway, Wilbur Smith, Rudyard Kipling. Ogni spedizione è stata un capitolo della mia storia personale».
La svolta arriva nel 2022, durante le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario del gruppo, a Luxor: «Ho capito che era giunto il momento di spingerci ai confini della Terra. Così siamo arrivati in Islanda, sul sito del più grande ghiacciaio d’Europa, osservandone lo scioglimento irreversibile. Da lì è nata una nuova consapevolezza: un senso di responsabilità verso le generazioni future». Filippo parla di un viaggio che non è mai solo estetico: «Grazie a straordinari compagni di viaggio, ho scoperto nuovi mondi, fotografato animali rari, conosciuto Paesi che forse avevo visitato per lavoro, ma che non avevo mai davvero esplorato». E la restituzione di quel percorso approda nel luogo simbolo della città: «Nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio presentiamo i risultati del nostro lavoro, per ascoltare le voci di chi conosce questo Pianeta, la nostra Madre Terra, meglio di me». Un forum per discutere di temi come ambiente e futuro. Per Niccolò, «non uno slogan, ma un impegno concreto che la mia famiglia porta avanti dal 1972». È lui a dare struttura etica al progetto che individua tre pilastri: sostenibilità, cambiamento climatico, dialogo tra culture. «Questi sono i fondamenti dei progetti Sr Explorer, frutto di un impegno fatto innanzitutto ai nostri figli: lasciare la Terra migliore di come l’abbiamo trovata». Da qui nasce la missione: «Cercare e sostenere le iniziative che meritano davvero la nostra attenzione». E rivendica un orgoglio identitario: «Siamo fiorentini, discendenti di navigatori ed esploratori. Più difenderemo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
La missione in Patagonia non è solo un’esperienza umana ma anche il motore creativo della nuova collezione. Le immagini sono state scattate nel profondo Cile, tra le acque del Grey Glacier, i parchi naturali e i fiordi, seguendo le tracce dei puma. Proprio per tutelare questo animale emblematico, è stato firmato un accordo con la Fundación científica acción fauna per progetti di conservazione nel Cile centrale. «I pinguini dell’Isla Magdalena, con il loro manto lucido, hanno ispirato il lusso perfetto degli smoking da sera, total black, realizzati con i tessuti dell’Antico setificio fiorentino», spiega Filippo. Tra gauchos e pionieri dell’avventura, ecco i capi più sportivi dal parka bianco neve imbottito della più pregiata piuma d’oca al blouson multitasche, camicie sportive in cotone e cashmere fino all’alta sartorialità dei completi preziosi in alpha yarn vicuna (filo da 13,5 micron) e al capo in coccodrillo foderato in visone rasato per combattere le temperature estreme. Un esempio di come l’estetica, nel mondo Ricci, sia sempre unita alla narrazione del viaggio e alla tutela del patrimonio naturale. Mentre il progetto Explorer avanza, l’azienda continua a investire nel territorio: è stata infatti completata l’acquisizione della Moleria Locchi, storica realtà specializzata in molatura, incisione e restauro del vetro e del cristallo. Sul fronte retail, sono in arrivo nuove aperture: entro pochi giorni verrà inaugurata una boutique a Washington (Usa), seguita da una nuova sede a Roma nel primo trimestre 2026. Intanto è stata lanciata alla Fiera Cavalli di Verona la collezione Equestrian Line, dedicata al dressage e allo show jumping. Dal punto di vista economico, l’azienda registra una leggera decelerazione. «In un contesto geopolitico ancora incerto, dopo anni di crescita sostenuta, al termine del terzo trimestre si registra una lieve flessione nei ricavi», spiega Niccolò. «Il fatturato al 30 settembre supera i 152 milioni di euro, con una crescita single-digit nella rete retail».





