Dolomia nasce da una storia che profuma di natura, ricerca e passione. Tutto ha origine tra le montagne bellunesi dove un farmacista, affascinato dalle proprietà delle piante officinali delle Dolomiti, inizia a studiarne i benefici per la pelle. Da quell’intuizione prende forma un progetto che oggi vive all’interno di Unifarco spa, realtà italiana d’eccellenza nella dermocosmesi. Dolomia è l’incontro tra la forza silenziosa delle montagne e il rigore scientifico, tra ingredienti di origine naturale e competenza farmaceutica. Ripercorriamo il suo percorso con Massimo Slaviero, presidente del comitato esecutivo del gruppo Unifarco, supportato da Gianni Baratto, direttore scientifico.
Ci racconta la storia di Dolomia?
«Dolomia entra in farmacia nel 2001 con il make up e con l’obiettivo di permettere alle persone di valorizzarsi con le luci e i colori eleganti delle Dolomiti attraverso prodotti estremamente sicuri per tutte le pelli e gratificanti nella durata e nell’applicazione. Lo studio delle virtù delle piante dolomitiche, la ricerca di metodi estrattivi sostenibili e lo studio continuo della fisiologia della pelle hanno fatto nascere il laboratorio estratti in connessione con il laboratorio cosmetico. Questo ci ha permesso di funzionalizzare il make up e di sviluppare una linea di fitocosmesi che porta la quintessenza della natura sulla pelle».
Come è nato il brand?
«Tutto è partito dall’ammirazione dei colori delle albe e dei tramonti, della natura nelle varie stagioni, delle giornate con le nebbie fitte e i varchi di sole, dalle passeggiate in montagna in cui osservavo i boschi di faggi, abeti, larici ed i prati fioriti. Ho sentito che dovevo mettere a disposizione delle persone la natura esaltata dalla totipotenza delle piante e il benessere che infonde».
Perché avete scelto il nome Dolomia?
«È un tributo a una donna che doveva incarnare la bellezza delle Dolomiti, l’ho pensata come una figlia che doveva crescere e incarnare il concetto di bellezza maestosa e vicina».
C’è un legame con il territorio?
«La nostra azienda è nata e cresciuta alle pendici del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, un luogo che ci ha ispirati, fonte di materie prime naturali potentissime perché custodisce una biodiversità e un patrimonio naturale unici».
Cosa distingue Dolomia dagli altri marchi sul mercato?
«Dolomia è l’unico brand italiano formulato con le risorse naturali delle Dolomiti potenziate dalla ricerca scientifica. La sua ricerca si specializza sull’impatto dell’esposoma sulla pelle e crede nella decontaminazione cutanea come fondamento di ogni routine cosmetica, realizzando cosmetici attivi contro tutte le dimensioni dell’inquinamento moderno: naturale emotivo, comportamentale».
Qual è la filosofia che guida lo sviluppo dei vostri prodotti?
«In particolare abbiamo sviluppato un metodo esclusivo, natural balance, associazione di potenti fitocompessi per attivare a livello della cellula cutanea fasi di detossinazione da scorie e tossine e fasi di riossigenazione. Altra grande peculiarità di Dolomia è la ricerca avanzata del nostro laboratorio cosmetico di formulazioni multisensoriali che, attraverso lo stimolo di neuro recettori cutanei, favorisce il benessere psico fisico e amplifica il beneficio dei principi attivi».
Come avviene è la scelta degli ingredienti e dei processi produttivi?
«I nostri ingredienti principali, oltre ai minerali, sono le piante dolomitiche estratte con metodi innovativi e bio-tecnologici che permettono di estrarre il meglio delle sostanze vegetali impattando il meno possibile sull’ambiente. Prediligiamo la coltivazione a km zero, dove non è possibile la coltura meristematica oppure le filiere di up cycling. Il nostro laboratorio estratti segue tutta la filiera produttiva: collabora con i coltivatori locali per le piante che devono nascere a una certa altitudine per sviluppare potenti sostanze di difesa, con istituiti di ricerca per innovare continuamente i metodi di estrazione e con il nostro spin off dell’Università di Padova».
Quali sono i principali elementi naturali che utilizzate e perché?
«I nostri ingredienti sono le piante dolomitiche. Vegetali estremamente ricchi di sostanze vitali per due ragioni: primo, sono nate in un ambiente climaticamente ostile che le ha rese tenaci in termini di antiossidanti; secondo, perché sono alimentate da un’acqua speciale, quella che sgorga nella roccia dolomia è vitalizzata perché, nel suo percorso, si arricchisce di oligoelementi e minerali di cui la roccia stessa è formata».
I benefici di alcuni ingredienti chiave?
«La radice di tarassaco, presente in ogni formulazione Dolomia, è il più potente attivo vegetale capace di filtrare gi agenti inquinanti. La scutellaria alpina, specie d’alta quota, nei suoi petali custodisce flavonoidi, molecole idratanti e rivitalizzanti, è un potente antistress per la pelle. C’è la nostra rosa prima, i cui germogli sono ricchissimi di sali minerali, polisaccaridi, lipidi che nutrono a fondo la pelle. La corteccia di abete rosso è ricca di lignani, composti fortissimi nel limitare i danni dai radicali liberi».
Alla Scala trionfa il nero (e qualche sfumatura): la Prima tra glamour, assenze e record d’incassi
Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli. Regione Lombardia al gran completo con il presidente del Consiglio Federico Romani e gli assessori Francesca Caruso, Debora Massari e Gianluca Comazzi.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
Come nasce l’idea di Sensorial?
«Sensorial nasce dall’incontro tra materia, neuroscienze, arte e un’eredità familiare radicata nel mondo del cemento. La mia storia personale si intreccia con un percorso di studi dedicato all’architettura, alla percezione, alla neuroestetica e al benessere psicofisico. L’intuizione è arrivata quando ho compreso che il cemento, da materiale tecnico e asettico, poteva trasformarsi in una materia viva, vibrante, capace di emozionare e custodire memoria. Da questo incontro nasce Concrial: un cemento sensoriale, emozionale, un ponte tra corpo e spazio».
Qual è stato l’episodio o l’intuizione che le ha fatto vedere il cemento come una materia «viva» e capace di raccontare luce?
«L’intuizione è stata considerare il cemento non solo come materiale costruttivo ma come tela artistica, veicolo emotivo, custode del gesto creativo. Attraverso la connessione emotiva che ho avuto toccando questa materia, ho capito che avrei potuto applicare i miei studi in ambito neuroscientifico alla materia stessa e non soltanto allo spazio architettonico. Passare per la materia era la via per creare esperienze sensoriali significative».
Il primo esperimento che ti ha fatto capire che il cemento poteva diventare design?
«Dall’incontro con i maestri artigiani e da una serie di eventi significativi, è nato il desiderio e l’esigenza di creare qualcosa di assolutamente unico e innovativo dove la luce incontrava la materia. Questo primo esperimento, assolutamente sorprendente e folgorante, ha dato vita a quella che poi è diventata la collezione Moon: una trama artistica e materica che assorbe la luce del giorno per rilasciarla in condizioni di oscurità. Questo è stato il momento in cui ho capito che il cemento poteva diventare un medium artistico e sensoriale. Moon è stato poi selezionato per realizzare lo scorso anno il Teatro dell’Infinito nell’isola di Sindalah, a Neom, in Arabia Saudita».
Che ruolo ha l’artigianato italiano in questo processo?
«L’artigianato è l’anima di Sensorial. La gestualità, il tempo, la ritualità e la cura del dettaglio rendono ogni creazione unica, irripetibile e profondamente umana. Le radici umbre incontrano neuroscienze e ricerca, dando vita a oggetti unici e identitari».
Qual è la sfida più grande nel lavorare il cemento come materiale di design?
«È cambiare la percezione e l’immaginario del cemento: trasformarlo da materiale freddo e rigido a materia emotiva, luminosa, tattile. La sfida più grande è oggi quella di consegnare ai creativi dei settori design, architettura e arte un terreno progettuale nuovo e sorprendente, sia in termini applicativi che funzionali. Questo significa integrare luce, frequenze sonore, texture, colori e tecniche artistiche all’interno di una sostanza antica, rendendola viva senza perderne la forza originaria».
Sensorial comprende anche gioielli in Concrial.
«I gioielli nascono dal desiderio di portare la materia sensoriale sul corpo. Per farlo, abbiamo alleggerito e trasformato il cemento, rendendolo luminoso, tattile, identitario. Il gioiello diventa un frammento di emozione, un simbolo intimo, un oggetto che racconta la persona che lo indossa».
Quali tecniche utilizza per rendere il cemento adatto al corpo?
«Microimpasti alleggeriti, fibre minerali elastiche, inserti metallici fluidi, trattamenti setosi a poro chiuso. E ovviamente alcune tecniche che sono di dominio dei nostri artigiani. Ogni gioiello è rifinito a mano e unico. Il risultato è un oggetto leggero, confortevole e sorprendente».
Quando e come è arrivata l’idea di trasformare un materiale «grezzo» come il cemento in qualcosa da indossare?
«La collezione Wearable Concrete nasce dalla conoscenza della illustre designer milanese Giuliana Cella, definita dal Financial Times “la regina dell’etno-chic”. Attraverso questa capsule collection abbiamo creato preziosi del tutto non convenzionali, a metà tra micro-architettura, monili talismanici e luminescenti, preziosi che toccano in ciascuno di noi un sentire esotico e ancestrale».





