La palma della polemica più inutile delle feste di Natale 2025 va, indovinate un po’, al Pd. I dem, per perpetuare la tradizione di partito interessato alla fuffa e disinteressato ai problemi reali degli italiani, si sono avventurati in una serie di accuse al presidente del Senato, Ignazio La Russa, colpevole, pensate, di aver dedicato un video sui social all’anniversario della fondazione del Movimento sociale italiano, partito dal quale discende in linea diretta Fratelli d’Italia.
È appena il caso di ricordare che La Russa nel 1971, ovvero la bellezza di 54 anni fa, era già responsabile a Milano del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Msi. «Era il 1946, il Natale era passato da un giorno», dice La Russa nel video, «la guerra era finita da poco più di un anno e un gruppo di uomini, che erano sconfitti dalla storia, dalla guerra, nella loro militanza che era stata per l'Italia in guerra, l'Italia fascista, non si arresero, ma non chiesero neanche per un attimo di tornare indietro. E pensarono al futuro, non tentarono di sovvertire con la forza ciò che peraltro sarebbe stato impossibile sovvertire. Accettarono il sistema democratico e fondarono un partito, il Movimento sociale italiano, che guardava al futuro. I fondatori ebbero come parola d'ordine un motto che posso riassumere brevemente: dissero non rinnegare, cioè non rinnegavano il loro passato, ma anche non restaurare, cioè non tornare indietro. Non volevano ripetere quello che era stato, volevano un'Italia che marciasse verso il futuro».
«Quello che è importante ricordare oggi», aggiunge ancora La Russa, «è che allora, 26 dicembre 1946, scelsero come simbolo la fiamma. La fiamma tricolore, la fiamma con il verde, il bianco e il rosso. Sono passati molti anni, sono mutate moltissime cose, è maturata, migliorata, cambiata la visione degli uomini che si sono succeduti, che hanno raccolto il loro testimone, anche con fratture importanti nel modo di pensare, ma quel simbolo è rimasto, un simbolo di continuità e anche un simbolo di amore, di resilienza si direbbe oggi, un simbolo che guarda all’Italia del domani e non a quella di ieri, senza dimenticare la nostra storia».
Un modo come un altro per far felici gli elettori di Fdi che sono rimasti fedeli al partito da sempre, e che magari non si ritrovano pienamente nel nuovo corso della destra italiana, soprattutto in politica estera, ma anche su alcuni aspetti della strategia economica e sociale del governo. Per garantire una buona presenza sui media del messaggio nostalgico di La Russa, occorreva però qualche attacco da sinistra, che è subito caduta nella trappola: «Assurdo. Il presidente del Senato e seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa», attacca il deputato del Pd Stefano Vaccari, «rivendica la nascita, nel 1946, del Movimento sociale italiano. Addirittura il senatore La Russa parla di continuità di quella storia evocando la fiamma tricolore, simbolo ben evidente nel logo di Fratelli d'Italia, il suo partito. Sapevamo delle difficoltà del presidente La Russa a fare i conti con il suo passato, visti i busti di Mussolini ben visibili nella sua casa, ma che arrivasse ad una sfrontatezza simile non era immaginabile». Sulla stessa lunghezza d’onda altri parlamentari dem come Federico Fornaro, Irene Manzi e Andrea De Maria, il deputato di Avs Filiberto Zaratti. Missione compiuta: La Russa è riuscito nel suo intento di riscaldare (con la fiamma) il cuore dei vecchi militanti missini, e di trascinare la sinistra nell’ennesima polemica completamente a vuoto.
erano alte ma il risultato ha superato ogni rosea previsione: con questa commedia diretta da Gennaro Nunziante e distribuita da Medusa, Zalone ha superato sé stesso conquistando il 78,8% della platea complessiva (680.000 persone nelle sale): nel 2016 Quo Vado, uscito il primo gennaio, aveva raggiunto il 65,6%, mentre nel 2020, con Tolo Tolo, uscito sempre il primo gennaio, si era assicurato il 75,7%. Il successo di Buen Camino è stato omogeneo su tutto il territorio nazionale e ha trainato l’intero comparto: era da 14 anni che, nel giorno di Natale, il mercato cinematografico non superava i 7 milioni di euro d’incasso.
Commedia divertente, leggera, prodotta da Indiana production con Medusa, in collaborazione con Mzl e Netflix, Buen Camino è la storia di un cafonissimo quanto ignorante miliardario, un produttore brianzolo di divani, che proprio mentre sta preparando la festa per il suo 50° compleanno scopre che la sua unica figlia, battezzata Cristal in onore del famoso champagne, si è dileguata. La ribellione al lusso sfrenato in cui vive il padre si concretizza nel Cammino di Santiago de Compostela: Zalone lo scopre e si mette all’inseguimento della figlia adolescente, tra ostelli spartani e sentieri polverosi. In sala fragorose risate per le gag a raffica e le battute, anche politicamente scorrette, come quella sul nuovo compagno della ex moglie, un regista palestinese, «l’unico che occupa dei territori a Gaza, gaza mia», e quella sull’ostello: «Mi sembra di stare in un film, Schindler’s List». Battute che hanno fatto indignare i soliti benpensanti, ma Zalone non si scompone: «Invece di lamentarsi del politicamente corretto», ha detto in conferenza stampa pochi giorni prima dell’uscita del film, «bisogna essere intelligentemente scorretti, io non avverto questo problema».
In un solo giorno, Buen Camino ha già raggiunto la settima posizione della classifica degli incassi dei film italiani usciti nel corso dell’ultimo anno: al primo posto c’è Follemente, commedia diretta da Paolo Genovese uscita nello scorso febbraio, che dopo dieci mesi nelle sale ha raggiunto quota 18 milioni di incassi; seguono Diamanti di Ferzan Özpetek nelle sale già da un anno; Io sono la fine del mondo di Angelo Duro , anche lui uscito un anno fa e diretto dallo stesso Nunziante; Io e te dobbiamo parlare, scritto, diretto e interpretato da Alessandro Siani, uscito a dicembre 2024; Oi vita mia di Pio e Amedeo, uscito lo scorso novembre, e La vita va così, diretto da Riccardo Milani, uscito a ottobre 2025.
Facendo qualche semplice calcolo sugli incassi che la commedia di Zalone potrà realizzare da oggi all’inizio di gennaio, è facile prevedere che Buen Camino schizzerà in vetta alla classifica dopo meno di due settimane di programmazione. In ogni caso, questa classifica fa comprendere in maniera cristallina che gli italiani al cinema vogliono divertirsi e rilassarsi: Checco Zalone, Angelo Duro, Pio e Amedeo e Alessandro Siani sono comici puri, ognuno con il suo stile ma tutti lontanissimi dal cinema che piace agli intellettuali, ai benpensanti, in sostanza quello a base di indigeribili mattoni drammatici costellati di messaggi politico-culturali. Non può non tornarci in mente la leggendaria, eroica ribellione del ragionier Ugo Fantozzi quando, obbligato con i suoi colleghi a partecipare all’ennesima proiezione della Corazzata Potëmkin al cineforum del professor Guidobaldo Maria Riccardelli, mentre in tv c’è Inghilterra-Italia di Coppa del Mondo, sale sul palco e esclama: «La Corazzata Potëmkin è una cag... pazzesca!», ricevendo i famosi 92 minuti di applausi.
Del resto, fino a qualche anno fa, i cinema a Natale si gremivano di spettatori che non vedevano l’ora di assistere all’annuale cinepanettone prodotto dalla Filmauro di Aurelione De Laurentiis, diretto per lo più da Neri Parenti e interpretati dalla coppia Massimo Boldi-Christian De Sica, con battute molto «politicamente scorrette», che forse oggi non potrebbero essere inserite, ma che facevano e fanno ancora ridere di gusto.
Matteo Hallissey, fino all’altro ieri, aveva la fortuna di essere un perfetto sconosciuto. Presidente dei Radicali italiani e +Europa, 22 anni, da qualche ora è diventato finalmente famoso: merito di un’azione che possiamo tranquillamente definire di purissima provocazione, messa in atto (o meglio in scena, perché di sceneggiata si tratta) a Napoli, nelle aule del dipartimento di filosofia dell’università Federico II. Qui si è svolta una delle tappe della serie di incontri dal titolo «Russofilia, Russofobia, Verità», con la partecipazione dello storico Angelo D’Orsi e dell’ex parlamentare Alessandro Di Battista, organizzata dalla sede partenopea dell’Anpi. Al termine dell’incontro, scatta la provocazione: alcuni giovani presenti, che indossano una maglietta con i colori dell’Ucraina, inscenano un flash mob, ovvero una manifestazione di poche persone. Un video racconta la sceneggiata: Hallissey inizia a urlare contro D’Orsi, chiedendogli «che ci faceva in Russia, che ci faceva con la propaganda del Cremilno!». È il caos: alcuni dei presenti cadono nella trappola e spintonano Hallisey, che non aspettava altro, invitandolo ad allontanarsi (si sente un perentorio «vattenn!», ovvero vattene). Nulla di più di un paio di spinte, come chiunque può facilmente verificare dal video pubblicato tra l’altro dallo stesso Hallissey, che alterna le immagini con i suoi commenti all’accaduto, gesticolando come ormai usano fare tanti esponenti politici.
Il video è accompagnato da un post: «Abbiamo messo in atto», scrive l’ex perfetto sconosciuto Hallisey, «un flash mob pacifico pro Ucraina all’interno di un convegno filorusso organizzato dall’Anpi all’università Federico II di Napoli. Dopo aver atteso il termine dell’evento con Alessandro Di Battista e il professor D’Orsi e al momento delle domande, decine di studenti e attivisti pro Ucraina di +Europa, Ora!, Radicali, Liberi Oltre, Azione e della comunità ucraina hanno mostrato maglie e bandiere ucraine. È vergognoso che non ci sia stata data la possibilità di fare domande e che l’attivista che stava interloquendo con i relatori sia stato aggredito e spinto da un rappresentante dell’Anpi fino a rompere il microfono. Anch’io sono stato aggredito violentemente», aggiunge il giovane radicale, «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi sulla sua partecipazione alla sfilata di gala di Russia Today a Mosca due mesi fa. Chi rivendica la storia antifascista e partigiana non può non condannare queste azioni di fronte a una manifestazione pacifica».
Rivedendo più volte il video al Var, di aggressioni non ne abbiamo viste, a parte come detto qualche spinta, ma va detto pure che quando Hallissey scrive «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi», omette di precisare che quella domanda è stata posta al professore, ma in maniera tutt’altro che pacata: le urla del buon Matteo sono scolpite nel video da lui stesso, ripetiamo, pubblicato. Per quel che riguarda la rottura del microfono, le immagini, viste e riviste non chiariscono se il fallo c’è o no: si vede un giovane attivista che contende un microfono a D’Orsi, ma i frame non permettono di accertare se alla fine si sia rotto o sia rimasto intero.
Quello che è certo è che ieri sono piovuti nelle redazioni i soliti comunicati di solidarietà, non solo da parte di Azione, degli stessi Radicali e di Benedetto Della Vedova, ma anche del capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, che su X ha vergato un severo post: «Solidarietà a Matteo Hallissey, presidente dei Radicali italiani», ha scritto Bignami, «aggredito a un evento Anpi per aver provato a porre domande in un flash mob pacifico. Da chi ogni giorno impartisce lezioni di democrazia ma reagisce con violenza, non accettiamo lezioni». Non si comprende, come abbiamo detto, dove sia la violenza, perché per una volta bisogna pur mettere da parte il politically correct e l’ipocrisia dilagante e dire le cose come stanno: dal video emerge in maniera cristallina la natura provocatoria del flash mob pro Ucraina, e da quelle urla e da quegli atteggiamenti, per noi che abbiamo purtroppo l’abitudine a pensar male, anche se si fa peccato, fa capolino pure che magari l’obiettivo era proprio quello di scatenare una reazione violenta da parte dei partecipanti al convegno.
Non lo sapremo mai: quello che sappiamo è che i Radicali, sigla che nella politica italiana ha avuto un ruolo di primissimo piano per tante battaglie condotte in primis dal compianto Marco Pannella, sono ormai ridotti a praticare forme di puro macchiettismo politico, pur di ottenere un po’ di visibilità: ricorderete lo show di Riccardo Magi, deputato di +Europa, che vaga nell’aula di Montecitorio vestito da fantasma. A proposito di Magi: il congresso che lo scorso febbraio ha rieletto segretario di +Europa il deputato fantasma è stato caratterizzato da innumerevoli polemiche e altrettante ombre. Poche ore prima della chiusura del tesseramento, il 31 dicembre, dalla provincia di Napoli, in particolare da Giugliano e Afragola, arrivano la bellezza di 1.900 nuovi iscritti, praticamente un terzo dell’intera platea di tesserati, iscritti che poi si traducono in delegati che eleggono i vertici del partito. Una conversione di massa alla causa radicale degli abitanti di questi due popolosi comuni del Napoletano in sostanza stravolge gli equilibri congressuali. Tra accuse e controaccuse, un giovanissimo militante, alla fine dello stesso congresso, sconfigge nella corsa alla presidenza di +Europa uno storico esponente del partito come Benedetto Della Vedova. Si tratta proprio di Matteo Hallissey.





