Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.
I nuovi regolamenti sull’immigrazione approvati l’altro ieri a Bruxelles dal Consiglio europeo Giustizia e Affari Interni avranno effetti positivi anche sui centri di Gjader e Shengjin in Albania che tanto hanno fatto discutere in questi ultimi mesi. Il primo regolamento riguarda la lista europea dei Paesi considerati sicuri, un elenco valido per tutti e che comporta che le domande di asilo verranno trattate in modo uniforme in tutti i Paesi europei. La lista comprende Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia oltre ai Paesi candidati all’adesione all’Ue, ovvero Albania, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia e Turchia.
Grazie alle nuove procedure gli Stati membri potranno distinguere subito i casi più meritevoli di protezione internazionale da quelli manifestamente infondati. Vengono considerati sicuri anche Paesi che pur garantendo nel complesso la sicurezza ai propri cittadini presentano alcune circoscritte situazioni di criticità: Egitto e Bangladesh tra gli altri, ovvero i Paesi di provenienza dei migranti i cui trasferimenti in Albania sono stati bocciati da alcune decisioni della magistratura (in seguito a queste decisioni, le strutture ora sono state trasformate in Centri per i rimpatri, come quelli che sorgono in Italia).
In secondo luogo, il nuovo concetto di Paese sicuro permetterà di esaminare una domanda di protezione non necessariamente nello Stato membro di primo ingresso, ma in un Paese terzo dove il richiedente possa ottenere protezione effettiva in condizioni sicure, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali: anche questo caso riguarda le strutture di Gjader e Shengjin. Il concetto di Paese terzo sicuro verrà applicato se esiste un accordo o un’intesa con un Paese extra-Ue che garantisca l’esame nel merito delle domande di asilo presentate da parte dei richiedenti interessati dall’accordo o intesa (questa possibilità non riguarda i minori non accompagnati). È prevista inoltre la possibilità di effettuare rimpatri anche verso Paesi terzi diversi da quelli di origine, e di utilizzare i return hub non solo come punti di arrivo ma anche come punti di transito. È stato inoltre evitato che fosse introdotto l’effetto sospensivo automatico delle decisioni di rimpatrio in caso di ricorso. La prossima settimana a Strasburgo inizieranno i triloghi, ovvero le interlocuzioni tra Parlamento europeo, Commissione e Consiglio. I centri in Albania torneranno a operare come strutture per l’espletamento delle procedure accelerate di frontiera solo quando i triloghi saranno portati a termine: sulla tempistica il Viminale non si sbilancia. «Quello che bisogna considerare», sottolinea alla Verità la deputata di Fratelli d’Italia Sara Kelany, responsabile immigrazione del partito, «è che il Consiglio europeo ha dato la misura di quanto le politiche migratorie del governo Meloni fossero lungimiranti e sul giusto binario. Abbiamo immaginato dei sistemi di gestione della immigrazione irregolare anche attraverso la esternalizzazione nei confronti di Paesi terzi che erano già inserite in un quadro normativo europeo. Ora la approvazione da parte del Consiglio europeo del regolamento sui Paesi sicuri consacra la coerenza delle nostre politiche. L’Europa», aggiunge la Kelany, «stila una lista di Paesi sicuri che comprende anche Bangladesh e Egitto, ovvero quei Paesi che la magistratura italiana, con delle sentenze fortemente ideologiche, aveva ritenuto non poter essere considerabili come sicuri. Due Paesi per noi tra i più sensibili in relazione al progetto Italia-Albania, bloccato da una interpretazione appunto ideologica della magistratura italiana. L’approvazione di questo regolamento comporta che oltre a funzionare come Cpr ordinari, i centri in Albania potranno tornare alle originarie funzioni previste, ovvero l’espletamento delle procedure accelerate di frontiera. Un migrante che proviene da un Paese sicuro può essere rimpatriato nel periodo brevissimo di 28 giorni. Tra l’altro», aggiunge ancora Sara Kelany, «attraverso questo regolamento si consacra un altro principio, ovvero la possibilità di effettuare rimpatri anche con accordi per l’espletamento delle pratiche con Paesi terzi non europei. Questo regolamento è una vittoria dell’Italia, perché disegna esattamente le politiche migratorie del governo Meloni». A chi gli chiede se i nuovi regolamenti consentiranno il ritorno alla funzione originaria dei centri in Albania, il ministro della Giustizia Carlo Nordio risponde così: «Certo. Naturalmente, la situazione in questo momento è ancora soggetta alla decisione finale del cosiddetto trilogo, ma è un eccellente viatico verso una soluzione definitiva, che porterà chiarezza sia dal punto di vista giurisprudenziale, sia dal punto di vista operativo. Siamo enormemente soddisfatti e siamo certi che entro pochissimo tempo questa, diciamo, confusione che c’era stata fino ad oggi nella giurisprudenza e nella gestione dei flussi migratori sarà definitivamente accertata proprio in ambito normativo, e quindi», conclude Nordio, «non ci sarà più spazio per esitazioni dal punto di vista giurisprudenziale». Per quel che riguarda gli hub nei Paesi terzi, non è escluso che più Paesi europei possano collaborare per realizzarne di nuovi, anche se la prospettiva, a quanto apprende la Verità da fonti bene informate, è che a questo punto possa essere la stessa Unione europea a farsi carico di realizzare altre strutture definendone nel dettaglio le normative per il loro funzionamento.
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