2024-12-23
Oggi il vertice sul centro in Albania
Giorgia Meloni annuncia l’incontro con gli alleati e Matteo Piantedosi: «La Cassazione ci ha dato ragione, decidiamo noi i Paesi sicuri». Matteo Salvini parla di Viminale, ma il premier frena.«Ho convocato per domani (oggi ndr) una riunione sul tema dell’Albania per capire come procedere. Mi pare che la Cassazione abbia dato ragione al governo, è diritto del governo stabilire quali siano i Paesi sicuri e poi i giudici possono entrare nel singolo caso, non disapplicare in toto il decreto del governo». Così il presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella conferenza stampa al termine del vertice Nord-Sud di Saariselka, nella Lapponia finlandese. Oggi all’incontro di Palazzo Chigi parteciperanno il titolare del Viminale Matteo Piantedosi, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani (in collegamento dal Kosovo), il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il consigliere diplomatico Fabrizio Saggio. Il premier sottolineando che l’Italia è stata la prima a fare un accordo con un Paese extra Ue ha ammesso che sul centro di Gjader «Stiamo avendo qualche problema nell’interpretazione delle regole, ma penso che sia un nuovo modo di affrontare questo problema. Le regole del nuovo Patto europeo sulle migrazioni e l’asilo aiuteranno, devono esserci risposte migliori sui rimpatri». Per una nuova lista europea dei Paesi sicuri ci vuole tempo, però dal vertice nel «paese di Babbo Natale» è venuto fuori un nuovo patto Ue sulle migrazioni mettendo al centro la rotta balcanica che interessa Italia e Grecia ma anche Svezia e Islanda, i cosiddetti «frugali», perché «il mondo è cambiato e ora possiamo affrontare le sfide che abbiamo davanti, la sicurezza dei cittadini e la difesa. Vogliamo difendere i confini esterni e non permetteremo alla Russia o alle organizzazioni criminali di minare la nostra sicurezza». Sulla Russia «dobbiamo capire che la minaccia è molto più grande di quanto immaginiamo, riguarda la nostra democrazia, la strumentalizzazione dell’immigrazione o quanto sta succedendo in Africa. Dobbiamo garantire la sicurezza e non si tratta solo del campo di guerra in Ucraina, dobbiamo essere preparati». La difesa dei confini riporta all’assoluzione nel processo Open Arms del vicepremier leghista Matteo Salvini: «Mi pare un fatto che l’oggetto del processo a Salvini fossero le sue scelte politiche piuttosto che effettivi reati e che la giurisdizione sia stata usata per condizionare la politica». E in merito ai rumors su un possibile ritorno del leader leghista al Viminale (con il ministro Piantedosi candidato in Campania alle regionali del prossimo ottobre) Meloni frena: «Oggi sia io che Salvini siamo contenti dell’ottimo lavoro di Piantedosi». Proprio ieri il ministro delle Infrastrutture, aveva detto «sto bene dove sto» ma non aveva escluso nulla: «Parlerò con Giorgia Meloni e con Matteo Piantedosi, questo governo è una squadra di amici e quindi vedremo». Tornando ai temi internazionali la Meloni ha evidenziato che tutti i Paesi Ue devono fare di più per garantire che il pilastro della Nato si rafforzi perché resta la pietra miliare della sicurezza e della difesa. Dobbiamo essere capaci non solo di guardare al fianco orientale, ma anche ad altri luoghi» poi ha proseguito parlando di rapporti con gli Stati Uniti, dopo la richiesta del presidente neoeletto di aumentare i contributi alla Nato fino al 5% del Pil di ciascun Paese: «Si discute molto su cosa accadrà con Trump, io non penso a cosa l’America può fare con noi ma cosa noi possiamo fare per noi stessi. Dobbiamo rafforzare la nostra sicurezza e abbiamo bisogno di strumenti, abbiamo differenti punti di partenza, dobbiamo incontrarci a metà strada. Sull’Ucraina aspetterei a capire esattamente quale sia la volontà del nuovo presidente Usa».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)