2025-03-11
Migranti, oggi il via libera al centro in Albania
Migranti in arrivo al porto di Shengjin, Albania (Getty Images)
La proposta della Commissione: previsti decreti d’espulsione comunitari e trasferimenti in hub di Stati terzi. Non c’è ancora la lista unica dei Paesi sicuri, però vengono citate le «eccezioni» per territori e gruppi che farebbero ripartire il centro di Gjadër.Ursula von der Leyen conosce la regola gattopardesca del potere: almeno qualcosa doveva cambiare, affinché lei potesse restare dov’è. E così, ora che gli equilibri della Commissione Ue, anche grazie al contributo determinante dell’Italia, si sono spostati a destra, nel giorno in cui cadono i primi tre mesi del suo mandato bis, la presidente dell’esecutivo europeo manda il commissario agli Affari interni, Magnus Brunner, a illustrare il progetto di riforma per facilitare le espulsioni degli immigrati. L’austriaco esponente del Ppe lo farà oggi a Strasburgo, in concomitanza con la plenaria del Parlamento Ue. Tutte circostanze che illustrano bene come siano cambiate le priorità di un organismo politico fino ad ora impegnato a picconare l’industria del Vecchio continente a colpi di Green deal. La bozza del nuovo regolamento, sul quale partirà subito il negoziato con l’Eurocamera e che dovrà essere approvato, oltre che dagli onorevoli eletti, anche dal Consiglio, prevede almeno due novità importanti per l’Italia. La prima riguarda la legittimazione dei trasferimenti degli stranieri in return hubs collocati nei Paesi terzi. Ne parla l’articolo 17 del documento, citando accordi bilaterali che, comunque, possono essere stipulati «solo con un Paese terzo dove sono rispettati gli standard internazionali e i principi riguardanti i diritti umani, in accordo con il diritto internazionale, incluso il principio di non respingimento». In sostanza, riceve la luce verde il modello Albania, la quale, essendo candidata a entrare nell’Ue, non può certo essere considerata una nazione di implacabili aguzzini. Peraltro, i centri di Shëngjin e Gjadër sono diventati a tutti gli effetti territorio italiano. «Il testo non fa riferimento al protocollo con Tirana», commenta con La Verità l’eurodeputato di Fdi, Alessandro Ciriani, vicecoordinatore di Ecr in commissione Giustizia all’Europarlamento, «ma l’auspicio è che Brunner lo citi esplicitamente. Quando si è incontrato con Giorgia Meloni, ha usato parole di apprezzamento per quell’accordo e devo dire che, a livello europeo, si respira un clima favorevole. Nella lettera d’incarico che il commissario aveva ricevuto dalla Von der Leyen, si accennava proprio alle “soluzioni innovative” per la gestione del fenomeno migratorio. Qualora oggi non si manifestasse questo coraggio, dovremmo concludere che è stato fatto un passo avanti, ma che manca ancora il secondo».L’ulteriore novità è legata al destino dei centri albanesi, perché concerne la definizione di Paesi sicuri per i rimpatri. La lista unica non è pronta - Brunner promette che arriverà entro giugno - ma la norma che sarà presentata oggi, in un passaggio, rimanda all’articolo 59 del regolamento 2024/1348. Esso consente di designare come sicuro uno Stato «con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili». È un punto cruciale: nel bocciare o sospendere le convalide dei trattenimenti nella struttura balcanica, con susseguente rinvio alla Corte di giustizia Ue, i giudici italiani si sono appigliati alla scivolosa questione delle eccezioni. In particolare, le toghe vogliono sapere dai colleghi del Lussemburgo se la loro sentenza del 4 ottobre scorso, che già negava, in virtù della normativa europea attualmente in vigore, l’ammissibilità delle eccezioni territoriali, vada interpretata in modo estensivo, cioè tale da includere le eccezioni per alcuni gruppi di minoranza. La querelle, che ai profani appare una disputa di carattere tecnico, è stata nondimeno sufficiente a svuotare i centri costruiti al di là dell’Adriatico. Il ricorso, in realtà, rischia di trasformarsi in un boomerang per i nostri magistrati: la Corte Ue ha ricevuto 12 memorie da parte di altrettanti Stati membri concordi con la linea del governo Meloni, che è sostenuta anche dalla Commissione. «Noi siamo molto fiduciosi», conferma sempre Ciriani. «Se passasse il principio contrario, verrebbe meno la possibilità di disciplinare la materia dell’immigrazione. Sarebbe un liberi tutti, un’abdicazione al diritto-dovere che ha ogni Paese di proteggere i propri confini».In ogni caso, il verdetto, atteso entro giugno, verrebbe anticipato dalla decisione dell’esecutivo comunitario di includere, nel nuovo regolamento, la definizione flessibile di Paese sicuro. Altrimenti, si sarebbe dovuto aspettare il 2026. Tali, almeno, dovevano essere le intenzioni dichiarate di Bruxelles e della Von der Leyen; vedremo cosa dirà oggi Brunner.Nella riforma sono contenute anche altre importanti disposizioni. A cominciare dai decreti di espulsione europei, che varranno obbligatoriamente in tutti gli Stati membri e saranno inseriti nella banca dati del Sistema di informazione Schengen. Vigerà inoltre la facoltà di applicare un ordine di rimpatrio emesso da un’altra nazione Ue. Alla luce delle drammatiche esperienze maturate in Francia e in Germania, si provvederà poi ad allontanare rapidamente qualunque straniero che rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale. A costoro saranno dedicati spazi detentivi separati in attesa dell’espulsione; in più, le limitazioni all’entrata nel territorio dell’Unione potranno essere prolungate. Sarà potenziato il sistema dei rimpatri volontari, sperimentato con un certo successo dall’Italia: solo nel 2024, è valso circa 20.000 rientri spontanei. Verrà introdotto pure l’obbligo per i richiedenti asilo di collaborare con le autorità locali alla loro identificazione, durante la procedura di rimpatrio; chi rifiutasse, incorrerebbe in una serie di penalizzazioni, fino al divieto d’ingresso.Qualcosa doveva cambiare, perché Ursula restasse dov’è.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)