2024-12-18
«Sull’Albania io vado avanti. I giudici europei ignorino certe sentenze ideologiche»
Il premier alla Camera in vista del Consiglio di Bruxelles di domani: «Col Cpr a Gjadër fermeremo i trafficanti. Cambiare le direttive, o non si può rimandare a casa nessuno».Chiusa la kermesse di Atreju, Giorgia Meloni ha rimesso vesti istituzionali e, ieri, si è recata alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 19 dicembre (oggi è attesa al Senato). Nel suo discorso a Montecitorio, il presidente del Consiglio ha spaziato sui vari temi che la impegnano nei dialoghi con l’Ue, compresa la cogente questione dell’immigrazione. Entro una visione più ampia, che include il Piano Mattei, il premier ha invocato «un nuovo partenariato tra l’Unione europea e le nazioni africane», «fondamentale per affrontare le sfide globali comuni», tra cui «il governo dei flussi migratori».«La lotta al traffico di esseri umani resta per noi fondamentale», ha affermato Giorgia Meloni in Aula, esprimendo soddisfazione per «la nuova direttiva europea in materia di traffico di esseri umani che amplia la fattispecie di reato, ricomprendendo anche lo sfruttamento della maternità surrogata». «Dall’altra parte», spiega, «siamo impegnati nel negoziato per la nuova direttiva anti traffico di migranti, al fine di rafforzare il quadro normativo europeo sulla materia». «Il lavoro svolto finora per rafforzare la collaborazione dell’Ue con alcune nazioni di origine e transito», prosegue, «penso alla Tunisia ma non solo, ha contribuito a una diminuzione dei flussi irregolari del 60% rispetto al 2023 lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Continuare in questa direzione è l’unico modo per contenere gli arrivi irregolari, diminuire le tragedie nel Mediterraneo, rendere più sicure le frontiere esterne dell’Ue e affrontare le cause profonde della migrazione». Poi il presidente è andato dritto sul tema bollente, quello dei Paesi sicuri, con una stoccata a quella frangia della magistratura che sta mettendo i bastoni tra le ruote. «Consideriamo improcrastinabile», ha spiegato, «una revisione della direttiva rimpatri e un’accelerazione della Commissione sulla revisione del concetto di Paese terzo sicuro. Così come consideriamo importante anticipare il più possibile quanto previsto dal nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo sulla definizione di Paese di origine sicuro, anche al fine di fare definitiva chiarezza su un argomento che è stato oggetto di recenti provvedimenti giudiziari dal sapore ideologico, che, se fossero sposati nella loro filosofia di fondo dalla Corte di giustizia Ue, rischierebbero di compromettere, almeno fino all’entrata in vigore del 2026 delle nuove regole Ue in materia di procedure di asilo, le politiche di rimpatrio di tutti gli Stati membri: una prospettiva preoccupante e inaccettabile, che occorre prevenire con determinazione». Dichiarazione che suona anche come una risposta al discorso pronunciato alla Farnesina dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, secondo cui il «diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l’esercito delle libertà democratiche» sarebbe un principio costituzionale.Quanto al dibattuto protocollo con l’Albania, il presidente del Consiglio ha dichiarato che il governo è determinato ad andare avanti, «nel pieno rispetto della legge italiana e delle norme europee». Replicando all’intervento di Matteo Orsini (Pd), Giorgia Meloni ha poi ribadito di essere rimasta molto colpita dalla «vicenda della piccola Yasmine (la bambina di 11 anni, unica scampata a un naufragio, salvata nei giorni scorsi nel Mediterraneo, ndr)», evidenziando tuttavia come «il salvataggio si renda necessario alla fine, […] perché ci sono dei trafficanti senza scrupoli che si prendono migliaia di euro, 5.000, 8.000, 9.000 euro, per mettere delle persone disperate in mezzo al mare e lasciarle alla deriva». «Se noi non fermiamo questo, non fermeremo mai queste tragedie». I soldi «che questi trafficanti estorcono alle persone disperate», osserva Meloni, «vengono pagati in cambio della promessa di arrivare in Europa». Nel momento in cui questa promessa non potesse più essere mantenuta (in virtù del protocollo con l’Albania), «forse le persone non saranno più disposte a pagarli e questo vuol dire, anche e soprattutto, stroncare una delle più potenti mafie internazionali di questo tempo e limitare le morti in mare». Sempre nelle risposte, il presidente del Consiglio ha riaffermato che, «se nessun Paese è sicuro - compreso il Bangladesh e compagnia cantante, e sicuramente nessun Paese è sicuro nel Nordafrica -, noi non possiamo rimpatriare nessuno e non possiamo fermare nessuno». Non è passata inosservata, ieri mattina, l’assenza in Aula di quasi tutta la compagine leghista (presenti soltanto tre deputati su 65). «Perché non ce ne frega un c…», ha scherzato coi giornalisti uno dei tre, Stefano Candiani, prima di spiegare le difficoltà del calendario dovute alla legge di bilancio. Qualcuno si è giustificato con il ritardo dei treni, scatenando l’ironia dell’opposizione contro il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. A liquidare le battute, però, ci ha pensato lo stesso premier: «Sono arrivata in ritardo anche io e vengo in macchina, e il sindaco di Roma non è della Lega…». C’è anche chi ha pensato a una mossa per esprimere la propria contrarietà alle politiche del governo nell’Ue: la Lega, si sa, è da sempre il più euroscettico tra i partiti italiani, e lo stesso Candiani, nel suo intervento, ha affermato che «troppo retorica europeista non va bene, va bene invece il pragmatismo». Ma dal Carroccio è poi arrivata una nota ufficiale: «La Lega voterà compatta e con convinzione, come sempre, la risoluzione del centrodestra per confermare pieno sostegno a Giorgia Meloni in occasione del Consiglio europeo del 19 dicembre». E così è stato.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)