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Con Dario Giacomini di Contiamoci esaminiamo il lavoro di inchiesta in corso. E ricordiamo l'anniversario della repressione di Trieste.
Con Dario Giacomini di Contiamoci esaminiamo il lavoro di inchiesta in corso. E ricordiamo l'anniversario della repressione di Trieste.
Quanto è probabile una collisione tra satelliti? E quanti ce ne sono oggi in orbita terrestre? Ecco la storia del primo incidente cosmico.
Mentre la famiglia Trevallion rischia di trascorrere il Natale divisa perché aveva il «difetto» di vivere in un casolare isolato con i servizi igienici all’esterno, a una ragazzina è consentita la transizione di genere. Per le toghe il percorso è «consapevole».
Anni fa Vanity Fair, settimanale radical chic che si occupa di moda e celebrity, dedicò la copertina agli adolescenti italiani in attesa di cambiare sesso. La redazione fotografò ragazzini e ragazzine vestendoli con capi firmati: pantaloni di Dolce&Gabbana, abito e maglia Germanier, gioielli Glenda López e Pintrill. Secondo la rivista, quei giovani trattati con la triptorelina, il farmaco che blocca la pubertà, impedendo la produzione di ormoni sessuali, erano eroi. A me quelle immagini posate, scattate in uno studio fotografico di grido, misero solo tristezza, perché i bambini con il volto truccato mi parvero subito vittime di una moda.
Ragazzi con problemi, con difficoltà di relazione e anche di identità che, prima ancora di raggiungere la maturità, venivano considerati affetti da quella che si definisce disforia di genere e per questo avviati a una cura irreversibile. Bloccare la pubertà, impedendo, con l’assunzione di farmaci, la produzione di ormoni e la crescita della barba o del seno, il cambiamento della voce o l’arrotondamento delle forme, la crescita affettiva e la stabilità psicologica non è un gioco. È un passo che può condizionare e rovinare per sempre la vita.
Basta infatti leggere le risultanze della commissione d’inchiesta che indagò sulla clinica Tavistock di Londra, una delle prime in Europa a specializzarsi nel cambio di sesso e nelle cure nei confronti di minorenni con disforia di genere. Per anni nella capitale inglese un gruppo di medici ha somministrato con assoluta facilità e noncuranza la triptorelina ai bambini, con la stessa leggerezza con cui certi dottori suggeriscono di prendere l’aspirina. Ma il cambio di sesso non è un’influenza o un malanno passeggero, bensì una scelta fondamentale, che anche quando non si conclude con un intervento chirurgico per modificare il genere sessuale lascia scompensi profondi e disturbi gravi. Nonostante ciò, per anni la Tavistock ha «curato» i problemi sessuali dei minori in questo modo. Senza capire le ragioni delle difficoltà, senza indagare troppo sulle cause, ma pensando che un farmaco potesse rimettere a posto le cose che la natura aveva sbagliato. Per decenni si è pensato che la pillola del cambio di sesso rappresentasse la felicità per migliaia di adolescenti. Poi, in seguito a denunce, ripensamenti e qualche suicidio, qualcuno ha cominciato a riflettere e pentirsi. Sono stati gli stessi medici a rendersi conto che dare la triptorelina ai ragazzini senza aspettare che fossero adulti e senza comprendere davvero da che cosa originasse il loro disturbo fosse una scelta pericolosa. Oggi, dopo molte contestazioni e altrettanti rimorsi degli stessi medici, la Tavistock è stata chiusa e il servizio sanitario inglese ha avviato una profonda revisione del sistema che consentiva con facilità l’accesso al cambio di sesso per i minorenni.
Purtroppo da noi le mode arrivano con ritardo e dunque ciò che in Gran Bretagna oggi è noto e quindi maneggiato con estrema cautela, in Italia resta ignoto e quindi la novità è che negli ospedali italiani si «curano» i ragazzini affetti da disforia di genere come dieci o vent’anni fa si curavano a Londra, cioè imbottendoli di farmaci, avviandoli verso un percorso di cui più tardi potrebbero pentirsi. Una bambina di 13 anni a La Spezia, dopo il trattamento a suon di farmaci per bloccare la pubertà, è stata autorizzata dal tribunale al cambio di sesso. Avviata verso un futuro incerto. Del resto, se la moda, di Vanity Fair e della comunità Lgbt, ritiene che, anche quando si è minorenni, mutare l’identità sessuale sia un diritto, un passo verso la liberazione sessuale e il futuro, dunque un fenomeno da accogliere positivamente, rivestendo gli adolescenti con capi firmati, si capisce che questi bambini dal sesso indefinito fanno «tendenza». Un po’ come il colore burgundy o le pellicce ecologiche, che quest’anno trionfano sulle passerelle.
Certo, colpisce che ad autorizzare l’assunzione di farmaci che bloccano la pubertà e anche l’intervento chirurgico per trasformare una ragazza in un ragazzo e viceversa sia un tribunale, mentre un altro tribunale non autorizza tre bambini a ritornare a casa con i propri genitori solo perché la casetta nel bosco dove hanno vissuto finora non ha la luce e l’acqua corrente. I minori sono liberi di decidere di cambiare sesso, ma non sono liberi di vivere facendo il bagno nella tinozza. Se diventano transgender vanno bene a giudici, giornalisti e stilisti. Se si divertono a giocare in un prato, senza seguire le mode, compresa quella per cui l’identità sessuale è una convenzione che si può cambiare a piacimento, allora vanno tolti ai legittimi genitori affinché imparino come si sta al mondo.
Siamo all’accanimento giuridico-terapeutico e i tre bimbi della casa nel bosco restano per ora in isolamento affettivo, una sorta di arresti domiciliari del cuore voluti dai giudici del tribunale per (chiedendosi se in questo caso è davvero per) i minori, con l’aggiunta del pronunciamento della Corte d’Appello dell’Aquila di tre giorni fa. Però i tre fratellini nelle prossime ore potranno dire la loro e forse, se i signori in toga li ascolteranno, potrebbero - sotto la tutela di questo Stato che ha allontanato in un anno dalle famiglie 32.000 minori - passare il Natale nella nuova casa con Catherine e Nathan. È quello che nel paese di Palmoli dove c’è un tifo caldissimo per la «famiglia nel bosco» si aspettano.
Venerdì 19 dicembre i giudici abruzzesi hanno respinto il ricorso presentato dai legali di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion per chiedere la revoca della sospensione della potestà genitoriale. Quel pronunciamento doveva restituire i due gemellini e la bimba di otto anni alla famiglia per far sì che festeggiassero il Natale insieme. E invece no: devono restare nella casa famiglia di Chieti per via di un broncospasmo. Pare incredibile, ma è così: sembra una sorta di accanimento terapeutico che diventa legal-burocratico. I giudici dell’Aquila hanno sentenziato che il decreto con cui il 20 novembre i bambini sono stati sottratti a mamma e papà è ampiamente motivato e che permangono le condizioni che giustificano il provvedimento. Per due ragioni. La prima è che «le valutazioni di idoneità contrastano in modo eclatante con le condizioni di istruzione verificate dopo l’inserimento in casa famiglia, ove è emerso che la bambina non sa leggere e scrivere, né in inglese né in italiano». Dunque il ministero dell’Istruzione ha certificato il falso? Se è così perché i giudici non inviano gli atti alla Procura? La seconda ragione è perché «una bronchite acuta con broncospasmo non segnalata e non curata dai genitori» avvalora la tesi che i bambini non siano assistiti a dovere.
Però anche i giudici si devono essere accorti che la vicenda della «casa nel bosco» non attira su di loro troppe simpatie così aprono uno spiraglio che è una sorta di carpiato con triplo avvitamento, ma che potrebbe dare un esito felice nelle prossime ore. Nel rimandare il fascicolo ai giudici del tribunale dei minori la Corte d’Appello ha stabilito che i tre bambini dovranno essere di nuovo ascoltati senza il condizionamento né dei genitori, ma neppure degli assistenti sociali. «L’audizione», scrivono i giudici, «non è un atto istruttorio, ma un diritto del minore: è assicurata la libertà di autodeterminarsi e di esprimere la propria opinione». I difensori di Catherine e Nathan - che in questi giorni non ha potuto vedere i figli per i vincoli del rigidissimo calendario burocratico, ma che sta allestendo per la festa la nuova casa messa a disposizione da Armando Carusi -, gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, hanno prodotto nuove prove sulla capacità di socializzare dei bambini e hanno illustrato le ampie aperture che i genitori hanno fatto. Acconsentono a completare i cicli vaccinali; accettano la presenza di una maestra che, pur nell’ambito dell’istruzione imparata a casa, assista i bambini; hanno deciso di ristrutturare la vecchia casa in contrada Mondola e dunque non si vede perché non restituire loro la patria potestà. L’ascolto dei bambini diventa decisivo. Un passo avanti ci sarà quindi fra oggi e domani perché si potrebbe arrivare a concedere che i tre piccoli tornino a casa per Natale senza tuttavia che venga revocata la sospensione della potestà genitoriale. Su questa ipotesi si sarebbero espressi favorevolmente l’avvocato Marika Bolognese la tutrice Maria Luisa Palladino che per conto del Tribunale «per» i minori stanno seguendo la brutta favola della famiglia nel bosco.
Se avete visto il film Una notte da Leoni, la vostra esperienza a Las Vegas vi sembrerà meno paradossale e surreale. Sì, perché La Mecca made in Usa del divertimento non è solo gioco e azzardo nei casinò tra tavoli da roulette e slot machine, ma è anche eccesso al limite della follia. Lo dimostra la possibilità di sposarsi vestiti da Elvis Presley, da Capitan America e Cat Woman o da marziani in una delle tante cappelle che organizzano matrimoni molto anticonvenzionali ma con validità legale. E lo conferma l’idea di girare per la città in carrozza, a bordo di auto d’epoca o giganti carrelli della spesa a dieci posti. Ma a Las Vegas tutto è concesso, tutto è possibile. E la proposta è infinita dall’alba a notte fonda, rinnovandosi di giorno in giorno. Ogni sera non mancano concerti di grandi artisti, incontri di wrestling, spettacoli grandiosi come quelli del Cirque du Soleil.
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.

