
Yulia Navalnaya, moglie del dissidente deceduto, accusa Putin dalla riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea. «Lo hanno avvelenato con un agente nervino usato dai sovietici. Ora nascondono il corpo finché non spariscono le prove».Sono trascorsi quattro giorni da quando è stata diffusa la notizia della morte in carcere di Aleksej Navalny, il principale oppositore di Vladimir Putin, ma le cause e le circostanze di come questa sia avvenuta rimangono ancora avvolte nel mistero. La maggior parte dell’opinione pubblica occidentale ha immediatamente puntato il dito contro lo Zar, accusato ieri pubblicamente dalla moglie di Navalny. Yulia Navalnaya, presente alla riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea a Bruxelles, ha postato un video sull’account Instagram del marito in cui non usa giri di parole per denunciare quello che ritiene un assassinio: «Continuerò il lavoro di Aleksej Navalny. Continuate a lottare per il nostro Paese e vi esorto a stare accanto a me. Per condividere non solo il lutto e il dolore infinito che ci avvolge e non lascia andare. Vi chiedo di condividere la mia rabbia. Rabbia e rabbia verso chi ha osato uccidere il nostro futuro». Nel video la vedova dice anche che il marito è stato avvelenato con il Novichok, un gruppo di agenti nervini prodotti nell’Unione sovietica tra il 1970 e il 1993, che già si riteneva avesse avvelenato Navalny il 20 agosto del 2020 durante un suo viaggio in Siberia. «So esattamente perché Putin ha ucciso Aleksej e i miei collaboratori lo renderanno noto nel prossimo futuro», spiega Navalnaya, «le autorità russe nascondono il corpo in attesa che spariscano le tracce dell’agente nervino dal cadavere». Accuse forti delle quali, per ora, Putin non sembra curarsi. Sulla questione è intervenuto il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov: «Le indagini sulla morte di Navalny non sono competenza dell’amministrazione presidenziale. Noi non siamo coinvolti»; mentre alla domanda di un cronista in conferenza stampa su quale fosse stata la reazione del presidente alla morte del suo oppositore, Peskov ha risposto che «non ha nulla da dire» e che «non c’è una reazione pubblica di Putin in merito».Nel frattempo, la famiglia di Navalny continua ad aspettare che gli venga consegnato il corpo, ma gli inquirenti hanno fatto sapere loro che i tempi delle indagini saranno prolungati. Kira Jarmys, portavoce di Navalny, ha spiegato ieri su X: «Gli inquirenti hanno detto agli avvocati e alla madre di Aleksej che non avrebbero consegnato loro il corpo. Il corpo sarà sottoposto a una sorta di esame chimico per altri 14 giorni. La causa della morte è ancora indeterminata. Mentono, prendono tempo e non lo nascondono nemmeno». La portavoce dell’oppositore russo, inoltre, ha denunciato come le autorità non abbiano permesso alla madre di entrare all’obitorio e uno dei legali sia stato addirittura cacciato.Nel frattempo, si moltiplicano le reazioni nel mondo occidentale. Dalla Casa Bianca Joe Biden ha detto che gli Stati Uniti valuteranno ulteriori sanzioni alla Russia dopo la morte di Navalny. In Europa, ha parlato Josep Borrell. L’alto rappresentante Ue per la Politica estera, intervenuto a margine del Consiglio dei ministri degli Esteri, ha chiesto che Mosca si attivi affinché favorisca un’indagine internazionale sul caso: «La Russia deve consentire un’indagine internazionale indipendente e trasparente sulle circostanze della morte improvvisa di Aleksej Navalny: l’Ue non risparmierà gli sforzi per chiederne conto alla leadership politica e alle autorità russe, in stretto coordinamento con i nostri partner, e imporre ulteriori costi per le loro azioni, anche attraverso sanzioni». Borrell, che non ha mancato di accusare Putin - «Il responsabile è Putin stesso, ma possiamo scendere fino alla struttura istituzionale del sistema penitenziario in Russia. Ma non dimentichiamo chi è il vero responsabile della morte di Navalny» - ha poi aggiunto: «La morte di Navalny è un altro segno dell’accelerazione della repressione sistematica in Russia. L’Unione europea rinnova l’invito alla Russia a rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti gli altri prigionieri politici, tra cui Jurij Dmitriev, Vladimir Kara-Murza, Ilja Jashin, Aleksej Gorinov, Lilia Chanjsheva, Ksenia Fadeeva, Aleksandra Skochilenko e Ivan Safronov». Dall’Alto rappresentante Ue è arrivata poi una proposta affinché vengano intitolate a Navalny le sanzioni europee sui diritti umani: «Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina e il popolo russo che vuole vivere in libertà e rendere omaggio a Navalny e in memoria di Navalny proponiamo ai ministri di rinominare il nostro regime di sanzioni sui diritti umani con il suo nome e di chiamarlo «Regime di sanzioni sui diritti umani Navalny», così che il suo nome sarà scritto per sempre sul lavoro che l’Ue fa in difesa dei diritti umani». In Italia è stato Antonio Tajani a farsi portavoce del governo. Il vice premier e ministro degli Esteri, anch’egli presente a Bruxelles, ha incontrato la moglie di Navalny a cui ha manifestato sostegno: «Siamo al fianco di Yulia Navalnaya. A Bruxelles le ho appena confermato che il governo italiano la sosterrà nella difesa dei valori di libertà e democrazia per cui suo marito Navalny ha lottato a costo della vita». Anche la Lituania si espressa per voce del ministro degli Esteri Gabrielius Landsbergis: «Dopo la morte di Navalny nuove sanzioni sono il minimo che può fare l’Ue». Reazione fuori dal coro, invece, quella dell’Ungheria, dove il ministro degli Esteri Péter Szijjartó ha commentato: «L’Ue, affetta da psicosi bellica, intende solo obbedire a Washington, ai media liberal e alle Ong varando l’ennesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, del tutto inutile, che serve solo come una soluzione di facciata».
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