2025-11-16
Giudici complici dell’orrore: è tempo che paghino
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Toghe (Ansa)
Invece di preoccuparsi delle separazioni delle carriere, l’Associazione magistrati farebbe bene a porsi il problema dei tanti, troppi, errori giudiziari che affliggono la macchina della giustizia.
Non penso a quel pastore sardo che ha trascorso più di 30 anni dietro le sbarre prima di essere dichiarato innocente. Né alludo al giallo di Garlasco, dove a 18 anni di distanza dall’omicidio e a dieci di carcerazione del presunto colpevole, la parola fine sull’assassinio di Chiara Poggi non è ancora stata pronunciata. No, se invito l’Anm a mettere da parte la battaglia sul referendum e a pensare di più a come le decisioni di un magistrato incidono sulla vita delle persone che non hanno colpe è perché mi ha molto impressionato la vicenda di quel bambino di nove anni che la magistratura ha consegnato alla sua assassina.
Invece di preoccuparsi delle separazioni delle carriere, l’Associazione magistrati farebbe bene a porsi il problema dei tanti, troppi, errori giudiziari che affliggono la macchina della giustizia.Non penso a quel pastore sardo che ha trascorso più di 30 anni dietro le sbarre prima di essere dichiarato innocente. Né alludo al giallo di Garlasco, dove a 18 anni di distanza dall’omicidio e a dieci di carcerazione del presunto colpevole, la parola fine sull’assassinio di Chiara Poggi non è ancora stata pronunciata. No, se invito l’Anm a mettere da parte la battaglia sul referendum e a pensare di più a come le decisioni di un magistrato incidono sulla vita delle persone che non hanno colpe è perché mi ha molto impressionato la vicenda di quel bambino di nove anni che la magistratura ha consegnato alla sua assassina. Ogni tanto i giornali sono costretti a riferire storie di madri terribili che uccidono i propri figli. Ma il caso di Muggia, vicino a Trieste, va oltre la vicenda di una donna in preda alla depressione che ammazza il suo bambino. Ci sono donne che si gettano nel fiume stringendo tra le braccia il neonato. Altre che infieriscono su di lui mentre dorme o lo strangolano invece di portarlo a scuola. Ma a differenza dei casi citati, quello che ha riguardato Olena Stasiuk e suo figlio Giovanni li supera tutti, per orrore e per gli errori di chi doveva vigilare perché tutto ciò non accadesse. La madre aveva già tentato di assassinare il bambino, strangolandolo. Ma questo non è stato considerato un impedimento da assistenti sociali, medici e giudici, i quali hanno dato il via libera a un incontro fra il piccolo e la mamma, senza che nessuno fosse presente per impedire gesti estremi. Così Giovanni, che non voleva stare con la madre, è stato consegnato alla sua carnefice, che gli ha tagliato la gola. L’omicidio giunge a pochi giorni di distanza da un altro episodio cruento commesso da una persona disturbata mentalmente, come Olena Stasiuk. E anche nel caso dell’accoltellatore di piazza Gae Aulenti a Milano, che ha scelto la sua vittima senza conoscerla ma solo perché stava passando sotto la sede di una grande banca simbolo del potere finanziario, non soltanto siamo di fronte a un matto lasciato libero di uccidere, ma anche alla straordinaria inefficienza dei servizi che dovrebbero seguire le persone affette da disturbi psichiatrici, e dei giudici che devono decidere se un pazzo, già resosi responsabile di accoltellamenti contro sconosciuti, può essere rimesso in libertà. Nel caso di Muggia c’è anche di più, perché il padre di Giovanni, ex compagno di Olena, aveva detto che la donna era pericolosa. Si sapeva che aveva già provato a strangolare il figlio, e il papà del bambino aveva scongiurato tutti affinché non consentissero all’ex moglie di vedere Giovanni, per di più da sola. Ma i medici che l’avevano incontrata avevano dato parere favorevole, convinti che la donna fosse sulla buona strada. Per loro si notavano i progressi. Che avesse provato a strozzarlo, che ci fossero denunce a suo carico, che il figlio avesse raccontato tutto agli inquirenti, confermando il racconto del padre, e il pronto soccorso avesse refertato le lesioni subite da Giovanni, tutto questo non è bastato. Il giudice ha archiviato le accuse contro la donna e il tribunale ha autorizzato gli incontri tra lei e il figlio. Un bambino di nove anni, che più volte aveva manifestato paura nei confronti della madre, è stato consegnato al proprio boia. Certo la colpa è di una legge Basaglia che ha pensato bastasse abolire i manicomi per abolire i matti. Sicuramente esiste la responsabilità di chi ha ritenuto non pericolosa una donna schizofrenica grave. Tuttavia l’Anm non può pensare di fare la battaglia contro la separazione delle carriere separando le mancanze di chi prende per buone valutazioni superficiali. A prescindere dal risultato del plebiscito sulla riforma Nordio, fatti come quello di Muggia dimostrano ancora una volta la necessità di punire chi compie errori e di introdurre una norma in vigore per qualsiasi professione: chi sbaglia paga, ma non con un buffetto.
La caserma Tenente Francesco Lillo della Guardia di Finanza di Pavia (Ansa)
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