2021-12-15
La strategia europea anti Putin taglia il tubo (di gas) su cui è seduta
Vladimir Putin (Mikhail Metzel\TASS via Getty Images)
La minaccia di isolare il sistema bancario di Mosca, in caso di invasione dell’Ucraina, ha sortito l’effetto di allertare Minsk e di preparare la chiusura dei rubinetti. Nord Stream 2, tempi lunghi e prezzi in crescita.Lo scorso 8 dicembre, a seguito del faccia a faccia tra Joe Biden e Vladimir Putin, sono emerse chiaramente le posizioni europea e americana. Di fronte alla forza militare russa, Bruxelles e Washington non si muoveranno con i carri armati o gli aerei ma con le sanzioni. Una minaccia che ha fatto sorridere lo zar di Mosca, abituato ad aggirarla da anni. Per alzare un po’ la tensione, gli Usa sarebbero pronti a mettere una linea invalicabile tra i due circuiti bancari e finanziari. In caso di intervento contro l’Ucraina l’idea sarebbe quella di sospendere la Russia dal circuito Swift (che sta per Society for worldwide interbank financial telecomunication). In pratica, senza codice per i bonifici, gli istituti russi resterebbero del tutto isolati e potrebbero comunicare solo tra di loro o con altri partner come la Cina, l’Iran e altre nazioni asiatiche. Il primo risultato della minaccia sta avendo però effetti opposti. In queste ore, diversi istituti bancari bielorussi si stanno parzialmente sganciando dal circuito Swift solitamente utilizzato per approcciare i codici russi. Un segnale molto chiaro. Anche Minsk prepara il piano B in caso di sanzioni dure, nel caso di Alexander Lukashenko legate al tema immigrazione. Una tale scelta presupporrebbe però una reazione che è certamente presa in considerazione dagli Usa. Non altrettanto dall’Ue. Il piccolo Paese ex sovietico è attraversato da un gasdotto di 575 chilometri che trasporta ogni anno 33 miliardi di metri cubi di gas. La Russia da sola rifornisce l’Europa del 40% di tutte le importazioni. La metà passa dal tubo Yamal, cioè quello bielorusso. Lukashenko da anni è la longa manu di Mosca e una volta sganciato il cordone bancario non avrà problemi a chiudere pure i rubinetti del gas. Certo, le sanzioni suggerite dagli Usa servirebbero ad alzare la tensione e mantenere l’attenzione attorno alla Nato, ma gli effetti collaterali ricadrebbero tutti su di noi. Basta vedere quali reazioni provocate da una semplice dichiarazione. È bastato che il neo ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, avvertisse che non ci sarebbe stata una certificazione rapida del nuovo gasdotto Nord Stream 2 per far schizzare ancor di più i prezzi. I valori spot sono aumentati fino a 122,9 euro al megawattora, prima di ripiegare a 119,1. Sul fronte dell’energia elettrica, sempre ieri, i prezzi in Francia hanno superato i 300 euro a megawatt e i future tedeschi hanno superato i 200 euro. La prospettiva di una compressione prolungata dei prezzi dell’energia nell’Eurozona, che aumenta il rischio di un periodo prolungato d’inflazione al di sopra dell’obiettivo stimato e dichiarato, è uno sfondo poco incoraggiante per la riunione di politica monetaria della Bce fissata per domani. «Secondo l’Acer (agenzia regolatoria Ue, ndr) fino a poco tempo fa non era ancora chiaro se la questione dei costi del gas fosse solo una contingenza e dipendesse essenzialmente dall’entrata in funzione completa del North Stream 2. In realtà adesso si teme che la situazione sia ancora più complessa e pure Acer teme che vi possa essere un continuo innalzamento dei prezzi anche sino al 2023», ha dichiarato ieri il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, citando dati dell’agenzia europea di coordinamento delle agenzie regolatorie dell’energia, nel corso dell’audizione sulla sicurezza degli approvvigionamenti convocata, a Montecitorio, dalle commissioni Attività produttive e Industria di Camera e Senato. «In questo caso», ha rilevato, «tutto quello che stanno facendo i Paesi europei, compreso l’Italia, è una mitigazione trimestre per trimestre delle bollette, all’inizio dell’anno prossimo non potrebbe essere più sufficiente e bisognerà gioco forza guardare a un lavoro molto più strutturale». Bene. Siccome Cingolani non è un passante ci chiediamo perché non voglia provare a essere incisivo. Sappiamo ormai che la transizione energetica sarà un supplizio per le classi meno abbienti e ancora non si è registrato il vero effetto inflattivo del Pnrr. Negli Usa a scatenare quella che è ormai soprannominata «Biden inflation» non sono stati soli gli 80 miliardi di acquisti mensili da parte della Fed ma anche l’American rescue plan da 1900 miliardi approvato a marzo e tutto a debito. L’anno prossimo all’attuale inflazione si aggiungerà anche quella provocata da Bruxelles, la quale nel momento più complesso per la stabilità del Continente decide di far la guerra commerciale al suo più grande fornitore di energia, i russi. Senza creare alla controparte alcun danno. Se volessimo essere dietrologi dovremmo immaginare una volontà di distruzione. Purtroppo non siamo complottisti perché ciò presupporrebbe una particolare forma di intelligenza ed efficacia nelle organizzazioni sopra nazionali. Purtroppo la burocrazia ha preso il sopravvento e ha lasciato il mercato energetico in balia delle onde. Ci vorrebbe però almeno una persona tra i premier in grado di alzare il dito e fermare la palla. Al motto: non si taglia il tubo (di gas) su cui siamo seduti.
Ursula von der Leyen (Ansa)