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Il vescovo di Sanremo la fa squillare ogni sera in memoria dei bimbi non venuti alla luce. Ma per i dem, che amano la Chiesa solo quando si parla di immigrati, è contro le donne.
Siamo alle solite. Se la Chiesa parla di temi economici, sociali, ecologici, dei flussi migratori esprimendo, nella maggior parte dei casi, critica al governo allora l’opposizione applaude ed è contenta perché pensa di trovare nella Chiesa un alleato per la ricerca del consenso. Se la Chiesa, invece, si occupa di questioni etiche, biotica e dei cosiddetti valori rinunciabili, allora non va più bene.
L’ultima occasione è stata la contestazione di una iniziativa del vescovo diocesano di Sanremo, consistente nella decisione di dedicare una campana ai «Bimbi non nati» (cioè ai bimbi non nati a causa dell’aborto), e di suonarla ogni giorno alle 20 come monito «alla coscienza, alla preghiera e alla misericordia», come ricorda un comunicato della diocesi.
La campana che risuona contro l’aborto scatena la furia del centrosinistra, che contesta il vescovo Antonio Suetta e bolla la stessa campana come campana dell’«accusa».
A intervenire per primo, come ci informa l’Ansa, è il consigliere comunale del Pd di Imperia, Edoardo Verda: «Una scelta che non parla di cura né di ascolto, ma di colpa», ha detto Verda. «Una scelta che trasforma il dolore in simbolo e il simbolo in accusa. Un’intrusione insopportabile in una sfera che non riguarda la religione, ma l’autodeterminazione delle donne».
Ma guarda un po’ questo Verda, medico ma anche teologo ed esperto di Dottrina dello Stato. Quante competenze! Su queste ultime magari non farebbe male una ripassata. «Una sfera che non riguarda la religione». E chi l’ha stabilito, il dottor Verda? Il Pd di Sanremo? Il Pd nazionale?
Chi ricorda il dottor Verda che per lui e i suoi colleghi è prevista l’obiezione di coscienza, cioè qualcosa che attiene alla morale personale, e, di conseguenza, può legittimamente essere oggetto dell’insegnamento della Chiesa, come di altre religioni, che non interferiscono con le leggi dello Stato ma riguardano la libertà di scelta personale?
Verda aggiunge: «Ritengo fondamentale che la salute non è, e non può essere, un terreno di battaglia ideologica. La legge 194 non è cultura della morte… Non è accettabile che una conquista di libertà così importante venga delegittimata da simili iniziative colpevolizzanti. Il rintocco di quella campana non porta conforto, ma alimenta una battaglia ideologica sulla pelle delle persone, calpestando il rispetto dovuto alle storie e alle sofferenze di ognuno».
Ma a nome di chi parla? Di tutta Sanremo? Di tutta Italia? Dell’Europa? Del mondo? No, perché immagino che non sfugga al medico di Sanremo che ognuno giudica secondo la propria morale e quella campana suona per i credenti. Non è come quella di Hemingway che suona anche per lei, pregiatissimo medico consigliere Verda.
Per l’ex candidata sindaca di Ventimiglia, Maria Spinosi (lista civica di centrosinistra Ventimiglia progressista), «la campana dell’accusa risuona contro un diritto delle donne. È un atto pubblico, simbolico e reiterato che carica lo spazio cittadino di un giudizio moralistico e accusatorio contro un diritto riconosciuto dallo Stato: l’interruzione volontaria di gravidanza». Solita pappa, solita storia.
Vede, dottor Verda, in questa occasione non importa come la penso o come la pensa lei o la sua collega di schieramento Spinosi. Conta che io, lei e la Spinosi abbiamo il diritto di criticare l’operato della Chiesa non in nome del diritto ma delle nostre convinzioni personali, siano esse ideologiche, morali o religiose. In Italia l’aborto è regolato da una legge dello Stato che, al momento, non è in discussione, e non dalla morale della Chiesa, che da sempre è contraria all’aborto.
Liberi tutti di pensare ciò che vogliono. Libero il vescovo diocesano di Sanremo di suonare le campane. Per chi provasse fastidio, il Comune potrebbe fornire gratuitamente ai cittadini sanremesi dei tappi acustici da posizionare a pochi minuti dalle 20. O magari offerti direttamente dal Pd.
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Dalle scaramanzie che accompagnano il cenone di fine anno ai piatti del recupero dopo la festa: simboli antichi, antropologia del cibo e cucina del riuso si intrecciano in un racconto che va dalla melagrana alle lenticchie, fino alle ricette per dare nuova vita agli avanzi.
Lo speciale contiene due articoli.
Passato il rito del brindisi, il Capodanno continua a parlare attraverso il cibo. Nei simboli che si portano in tavola e nella capacità, tutta italiana, di non sprecare nulla: frutti augurali, piatti carichi di significati antichi e una cucina del recupero che affonda le radici nell’antropologia domestica e nella tradizione contadina, dove ogni avanzo diventa risorsa.
Passata la festa si recupera tanto

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Portiamoci avanti con il lavoro. Un elemento che è stato trascurato nella lettura assai superficiale e molto enfatica che si è data del riconoscimento alla cucina italiana (?)quale patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco è quello antropologico e tra le “abitudini” alimentari degli italiani un tempo la parsimonia, il riuso, il non spreco erano prerogative essenziali di una brava massaia o di un bravo domestico. Del resto leggendo l’Artusi, ma prima ancora il Nebbia, emergono qua e là citazioni di ricette di riuso. Non si vede perché ai giorni nostri con un po’ d’arguzia non si possa ripercorrere l’appetitosa strada che conduce alla meta del non si butta via niente. Ecco qui alcune ricettine facili facili che danno però soddisfazione.
PASTICCIO DI TORTELLINI
Ingredienti – 800 gr di tortellini avanzati, due dischi di pasta brisè confezionati, 250 gr di burro, 4 cucchiai di farina, 4 cucchiai di Parmigiano Reggiano o altro formaggio da grattugia, 200 ml di latte, un bicchiere di vino bianco o rosso dipende cosa avete 300 gr di macinato di manzo magro di ottima qualità, due salsicce, 100 ml di olio extravergine di oliva, 450 gr di passata di pomodoro, un cucchiaio abbondante di concentrato di pomodoro, una carota, una cipolla di generose dimensioni, una costa di sedano, un uovo, sale, pepe e noce moscata qb.
Procedimento – Preparate un ragù veloce: in una pentolina mettete a stufare in 100 gr di burro e 100 ml di olio extravergine di oliva le verdure battute finemente al coltello, aggiustate di sale, di pepe e grattugiate ampiamente noce moscata, ora fate saltare le carni nel grasso e nel trito di verdure e rosolatele per qualche minuto a fiamma vivace, sfumate col vino e quando l’alcol è evaporato abbassate la fiamma aggiungete il concentrato di pomodoro disciolto appena in acqua, fate tirare e poi aggiungete di nuovo la passata di pomodoro Abbassate la fiamma incoperchiate e lasciate sobbollire. Ora preparate la besciamella. Fate fondere in un pentolino il burro residuo aggiungete la farina e girando energicamente con la frusta fate il roux, ora versate a filo il latte sempre girando con la frusta, aggiustate di pepe, sale noce moscata e in ultimo il formaggio. Sempre girando con la frusta fate addensare. In una ciotola condite i tortellini con il ragù (badate che sia abbastanza asciutto) e la besciamella. Disponete in una tortiera il primo disco di pasta brisè, versateci il composto di tortellini, ricoprite con il secondo disco di pasta sigillando i bordi ma facendo con una forchetta qualche buchetto qua e là. Pennellate la superficie con l’uovo sbattuto. Andate in forno per 20 minuti a 190 gradi. Sarà un piatto unico gustosissimo .
PAPPA AL POMODORO
Ingredienti – 800 gr di pane raffermo, 400 gr di passata di pomodoro, due cucchiai di concentrato di pomodoro, 4 cucchiai di Parmigiano Reggiano, Grana Padano o altro formaggio da grattugia, due cipolle rosse, una carota, una costa di sedano, chiodi di garofano, se ce l’avete una crosta di Parmigiano Reggiano, due spicchi d’aglio, 4 foglie di salvia, un peperoncino, 80 ml di olio extravergine di oliva, alcune foglie di basilico, sale e pepe qb.
Procedimento – Fate con una cipolla steccata con i chiodi di garofano, la cipolla, la carota, il sedano e l’eventuale crosta di formaggio ben raschiata un brodo vegetale. Sminuzzate il pane e in un tegame fate imbiondire in extravergine di oliva, aglio, salvia e peperoncino. Quando l’aglio ha preso colore eliminatelo insieme alla salvia e al peperoncino, tostate nell’olio il pane sminuzzato, poi allungate col brodo il concentrato di pomodoro, fate assorbire dal pane e aggiungete la passata. Allungate ancora col brodo e girate di quando in quando: la pappa deve risultare cremosa, ma non brodosa. Quando vedete che il composta ha assunto una consistenza omogenea aggiustate di sale e pepe e servite con un giro dii olio extravergine a crudo, le foglie di basilico e se piace il formagio grattugiato.
OLIVE FRITTE DI PESCE
Ingredienti – 40 olive denocciolate meglio se Tenera Ascolana in salamoia, 400 gr di gallinella, o nasello, o rana pescatrice chevi è avanzato dai cenoni, 3 uova, 150 gr di farina, 300 gr di pangrattato, un litro di olio per friggere, un mazzetto di prezzemolo, sale e pepe qb.
Procedimento – Battete al coltello il pesce fino ad ottenere una tartare finissima. Tritate finemente il prezzemolo e unitelo al pesce. Ora con un coltellino aprite per il lungo da un lato solo a portafoglio le olive e riempitele una a una con un po’ di pesce. Premete in modo che il pesce aderisca bene alla drupa. Sbattette le uova ben bene. Infarinate le olive, passatele nell’uovo, poi nel pangrattato ancora nell’uovo e ancora nel pangrattato. Nell’ultimo passaggio premete bene le olive e roteandole nei palmi delle mani date loro una forma quasi sferica in modo che siano ben compatte. Fate scaldare bene l’olio e quando sarà a temperatura, friggete le olive poche alle volta. Adagiatele in un contenitore con carta da cucina o assorbente in modo che perdano tutto l’olio di frittura poi salate e servite.
POLPETTE DI LENTICCHIE
Ingredienti – 300 gr di lenticchie lessate, 120 gr di formaggi duri misti macinati, 100 gr di pangrattato, un ciuffo abbondante di prezzemolo, uno o due spicchi d’aglio, 6 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale e pepe qb.
Procedimento – Frullate grossolanamente le lenticchie avendo cura che siano quanto più asciutte possibile. In una ciotola aggiungete alle lenticchie frullate il formaggio, gli spicchi d’aglio spremuti, il prezzemolo abbondante e tritato finemente, metà del pane grattato aggiustando di sale e pepe. Con le mani formate tante palline non troppo grosse e ripassatele una ad una nel pangrattato. Scaldate l’olio extravergine in una padella e cuocete le “polticchie” fin quando non fanno una bella crosticina dorata avendo cura di rigirarle con grande attenzione in modo che non si spacchino. Servitele. Potete anche cuocerle al forno sistemandole su di una placca con carta-forno a 180 gradi per circa un quarto d’oro oppure friggerle. Friggetele però poche per volta e in olio ben caldo per evitare che si sfaldino.
POLPETTONE FARCITO
Ingredienti – 250 gr di cotechino o zampone, 350 gr di macinato magro di manzo, un uovo, 500 gr di spinaci, 150 gr di formaggio a vostra scelta (dal Montasio alla Scamorza), 200 gr di pane raffermo, 5 o 6 cucchiai di Parmigiano Reggiano o Grana Padano grattugiato, 6 cucchiai di pangrattato, un mazzetto di prezzemolo, olio extravergine, sale e pepe qb.
Procedimento – Mettete a lessare in pochissima acqua non salta gli spinaci. Scolateli, strizzateli bene e volendo usate l’acqua di cottura per ammollare il pane. Passate al mixer il cotechino o lo zampone con il prezzemolo sì da ottenere una sorta di granella. Mette in ammollo il pane. In una ciotola rinite il macinato di manzo, il macinato di cotechino, il pane ben strizzato, il formaggio grattugiato e lavorate con le mani impastando. Separate la chiara dal rosso dell’uovo e utilizzate il rosso per completare l’impasto. Solo se l’impasto risultasse troppo sgranato aggiungete anche la chiara. In una teglia da forno ricoperta di carta-forno stendete l’impasto delle carni e adagiatevi sopra gli spinaci e poi il formaggio fatto a tocchetti. Aggiustate di sale e di pepe e formate il polpettone aiutandovi con la carta-forno per formare il cilindro. Ora ricoprite il polpettone di pangrattato e adagiatelo nella teglia sempre ricoperta di carta-forno, condite con olio extravergine di oliva e andate in forno a 200 gradi per circa mezz’ora.
FRANCESINA O LESSO (BOLLITO) RIFATTO
Ingredienti – 400 gr di lesso o bollito misto, 400 gr di cipolle, due o tre foglie di alloro, 200 gr di polpa di pomodoro e 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 100 ml di olio extravergine di oliva, uno spicchio d’aglio, sale e pepe qb.
Procedimento – In un tegame fate imbiondire l’aglio con le foglie di alloro nell’olio extravergine di oliva. Quando l’aglio ha preso colore eliminatelo. Tagliate non troppo sottilmente le cipolle e fatele ammorbidire nel tegame. Sminuzzate grossolanamente la carne e fatela rosolare nell’olio con le cipolle, aggiungete il concentrato di pomodoro allungato nell’acqua, fate assorbire e ora aggiungete la polpa di pomodoro (o se volete i pelati appena frullati). Se serve allungate con un paio di mestoli di acqua bollente. Cuocete per una decina di minuti, eliminate le foglie di alloro e servite aggiustando di sale e pepe.
POLPETTE DI PESCE E PATATE
Ingredienti – 400 gr di patate, 400 gr di pesce misto compresi molluschi se ne avete, 3 uova, 100 gr di pangrattato e 100 gr di farina 0, un litro di olio di semi di girasole alto-oleico (o altro olio per friggere), un mazzo di prezzemolo, uno spicchio d’aglio, sale e pepe qb.
Procedimento – Lessate le patate con la buccia, poi appena cotte schiacciatele col passapatate facendole cadere in una terrina. Frullate grossolanamente il pesce avendo cura di eliminare le lische, unite alle patate un uovo, il prezzemolo tritato finemente, l’aglio schiacciato con l’apposito attrezzo in modo da prendere solo la polpa oppure tritatelo finissimamente e il pesce frullato. Aggiustate se serve di sale e di pepe. Amalgamante bene poi con le mani formate tante palline. Sbattete le uova rimaste. Passate le palline prima nella farina poi nell’uovo, nel pangrattato, ancora nell’uovo e di nuovo nel pangrattato. Scaldate l’olio e friggete le polpette un po’ alla volta.
FRITTATA DI PASTA
Ingredienti – 400 gr di pasta avanzata (va bene anche mista) 3 uova XXL, mezzo bicchiere di latte, 250 gr di passata di pomodoro, una cipolla piccola, un cucchiaio di erba cipollina secca, 5 cucchiai di formaggio grattugiato, 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale e pepe qb.
Procedimento – Sbattete le uova col formaggio il latte, l’erba cipollina aggiustando di sale e di pepe. Scaldate in metà dell’extravergine la cipolla finemente tritata e fatele prendere colore, ora aggiungete la passata di pomodoro e fate andare per una decina di minuti. Condite con questo sugo di pomodoro la pasta avanzata, aggiungete le uova sbattute. Scaldate una padella antiaderente e capiente con un filo di extravergine e quando la padella è calda versate il composto di pasta e uova. Fate rapprendere, rigirate, fate fare la crosticina come si fa con una normale frittata e servite. Se la pasta avanzata è molto condita potete omettere di aggiungere il sugo di pomodoro.
POPETTE DI LESSO
Ingredienti – 400 gr di patate, 400 gr di bollito di carne misto, 4 uova, 150 gr di pangrattato e 150 gr di farina 0, 150 gr di formaggio grattugiato, un litro di olio di semi di girasole alto-oleico (o altro olio per friggere), un mazzo di prezzemolo, uno spicchio d’aglio, sale, noce moscata e pepe qb.
Procedimento – Lessate le patate con la buccia, poi appena cotte schiacciatele col passapatate facendole cadere in una terrina. Frullate grossolanamente il bollito. Unite alle patate due uova, il prezzemolo tritato finemente, l’aglio schiacciato con l’apposito attrezzo in modo da prendere solo la polpa oppure tritatelo finissimamente e il bollito frullato o battuto al coltello, il formaggio grattugiato e una buona dose di noce moscata. Aggiustate se serve di sale e di pepe. Amalgamante bene poi con le mani formate tante palline. Sbattete le uova rimaste. Passate le palline prima nella farina poi nell’uovo, nel pangrattato, ancora nell’uovo e di nuovo nel pangrattato. Scaldate l’olio e friggete le polpette un po’ alla volta.
PLUMCAKE DI PANDORO
Ingredienti – Un mezzo pandoro (dunque circa 500 gr) due uova, 300 gr di mascarpone, sei tazzine di caffè, mezzo bicchiere di rum o di liquore al cioccolato, 180 gr di zucchero compreso quello per zuccherare il caffè, 300 ml di panna da montare già zuccherata polvere di cacao amaro, zucchero a velo, 30 gr di lamelle di mandorle, qualche grappolino di ribes.
Procedimento – Montate a con la planetaria o con le fruste elettriche a neve le chiare delle uova. Ora montate con 2/3 dello zucchero a bianco i tuorli delle uova. Fate i caffè, zuccherateli e lasciateli raffreddare. Incorporate ai rossi d’uovo montati con lo zucchero il mascarpone e le scaglie di mandorla, amalgamante bene poi aggiungete girando dal basso verso l’alto le chiare d’uovo. Fate a fette di circa mezzo centimetro di spessore il pandoro, allungate il caffè con il rum o il liquore al cioccolato e in questa bagna passate velocemente le fette di pandoro. Foderate con il pandoro uno stampo da plumcake (se del caso imburratelo prima) e farcitelo con il mascarpone e le uova. Chiudete con ancora pandoro e andate in frigorifero per un paio d’ore, in congelatore per una mezz’ora. Nel frattempo montate la panna. Togliete dal frigo il plumcake, sformatelo e guarnitelo con la panna, il ribes, lo zucchero a velo e il cacao amaro.
Scaramanzie gastronomiche e simboli per il Capodanno

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Anche a tavola ci sono dei rituali scaramantici, del resto la simbologia del cibo è estesa a tutte le latitudini. Basterebbe pensare a come i giapponesi intendono la cucina o come alcuni precetti religiosi siano dettati non da un afflato sacro, ma da una più prosaica necessità di tutela della salute. L’unico caso forse è quello della cucina kasher o kosher che si richiama direttamente al testo della Bibbia là dove è scritto: “Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue. (Genesi 9: 3-4) e ancora Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.” (Genesi 1:29). Poi ci sono le sovrapposizioni culturali e antropologiche. Molto del nostro calendario delle feste di fine anno dipende da quello romano che a sua volta assunse dal mondo greco ed etrusco: i Saturnali in celebrazione del tempo che scorre, il Sol Invictus in venerazione del ritorno del ciclo della vita. Siccome l’Italia è stata terra di passaggio per moltitudini ed è pontile proteso nel Mediterraneo indagare tutti i riti della fine d’anno è impresa enciclopedica. Limitiamoci ad alcuni simboli che si portano in tavola.
MELAGRANA – È a molte latitudini il frutto della fertilità per eccellenza. Per gli ebrei i suoi 613 frutti sono tanti quanti i precetti della Torah, per i greci era addirittura il frutto regale (per via della corona che ha all’apice) per le popolazioni asiatiche era paragonata alla fertilità femminile e il rosso del suo succo è per definizione il colore della vita: il sangue. Dunque portarla in tavola a Capodanno è quasi un obbligo.
MANDORLA - È il frutto simbolico per eccellenza: si tratta della vescica piscis. Che è l’incontro di due semicerchi. Non se ne abbiano a male i cristiani che pure venerano questo simbolo, ma è la similitudine con lo yn e lo yang cinese e orientale in genere è forte. La mandorla incorona le immagini del Cristo e della Madonna ed è l’unione di cielo e terra, di spirito e materia, di copro e anima. Così la mandorla è insieme auspicio di fertilità e affermazione di eternità.
FRUTTA SECCA – Sia pure con una simbologia attenuata rispetto alla mandorla la frutta secca – era adorata dai romani che la scambiavano come dono durante i Saturnali e da lì deriva la nostra abitudine a i regali di Natale – rappresenta anch’essa la speranza di fertilità (il frutto morbido celato all’interno) e la capacità di resistenza (il guscio duro) allo scorrere del tempo. A Napoli e in tutto il Sud alla fine dei pasti delle feste arriva il cesto della frutta secca detto ‘o spassatiempo che serve a prolungare il convivio nelle chiacchiere post-prandiali.
DATTERI – Ne andavano pazzi i romani per i cristiani, ma anche per i musulmani, è un omaggio a Maria e simbolo di sostentamento. C’è una sura del Corano (la 19 Mayriam) che narra come Maria sentite le doglie del parto si fermò sotto una pianta e Dio le disse di scuoterla, ne ricevette una “pioggia” di datteri per sostentarla e rinfrescarla.
BACCALÀ – È il pesce dei cattolici per eccellenza, si è conquistato questo titolo al Concilio di Trento dove lo stoccafisso venne indicato come ingrediente necessario per i giorni di magro (che allora erano tanti) visto che dell’aringa si era “impossessato” Martin Lutero. Furono i portoghesi a sostituire il pesce stocco con il loro merluzzo salato, ma baccalà e stoccafisso hanno avuto diffusione parallela e talvolta confusa in tutto l’areale cattolico. Il consumo di pesce durante le feste religiose non rimanda solo al concetto di vigilia ma a un simbolo fortissimo che connotò i paleocristiani i quali indicavano Cristo con la simbologia del pesce (due archi di cerchio che si intersecano, esattamente come la mandorla) visto che Ichtys in greco diventa l’acronimo di Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore.
ANGUILLA – È “vittima” della sua forma: anguilla e capitone essendo simili al serpente simboleggiano il male che viene appunto sconfitto all’inizio del nuovo anno, ma col serpente condividono anche un’altra simbologia: quella del ciclo vitale. Esculapio lo eleva a emblema della cura, la Bibbia lo precipita al ruolo di mentitore, per i Sumeri era sensualità. Insomma siccome significa tutto questo finire in pentola è un destino segnato.
RISO – FARRO – Il significato da oriente a occidente è lo stesso: il cereale come affermazione di fertilità e promessa di benessere. Anche il grano ha questo corredo simbolico per cui usare farina, abbondare col pane, immaginare zuppe di cereali da portare a tavola ha un forte valore augurale.
LENTICCHIE E ZAMPONE – La valenza scaramantica di questa pietanza è duplice. Per i romani le lenticchie erano segno di promessa di abbondanza. La ragione è alimentare, cibo disponibile ampiamente e a basso costo e anche se così si può dire geometrica: essendo rotonde assomigliano alle monete. Dunque tante lenticchie tanta promessa di ricchezza. Lo zampone (oggi sovente sostituito da cotechino) ha una doppia simbologia. Per i mediterranei il maiale era (ed è) l’animale disponibile, da tesaurizzare (è il motivo per cui il salvadanaio è a forma di porcellino) da sfruttare come giacimento proteico, per la cultura della selva è invece il simbolo della fertilità ed in particolare la zampa del suino (probabilmente del cinghiale che era l’alimento di base delle popolazioni germano-celtiche) era il portafortuna per eccellenza.
ARANCE E MANDARINI – Sono gli agrumi i frutti del Sole, non a caso le case regnanti avevano tutte l’orangerie (in Italia i Medici avevano una singolare predilezione per questi frutti) e si era soliti regalarli ai bambini in segno di promessa di futuro. Anche oggi mantengono – non foss’altro perché col corredo di vitamina C sono ausilio contro i mali di stagione – questa connotazione magico-simbolica di evocare la vita attraverso il sole.
UVA – I significati simbolici del frutto della vite si perdono nella notte dei tempi. I chicchi rappresentano la propensione all’ebrezza, ma anche il dono degli dei agli uomini come ostentamento, sono insieme abbondanza e rigenerazione, ma anche sacrificio nel momento in cui l’uva viene spremuta per dare il vino. A questo proposito c’è un’iconografia molto particolare che è quella del Cristo Vendemmiatore (ne resta un esemplare notevole al museo Piersanti di recente riaperto a Matelica nelle Marche) che spreme nel torchio mistico i peccatori. Da qui la necessità di assicurarsi la futura prosperità mangiando l’uva. Il rito viene dalla Spagna (per la verità in Italia lo si consumava già prima in forma diversa) che ha unito un chicco a ogni mese così allo scandire della mezzanotte si dovrebbero mangiare 12 chicchi d’uva come polizza sulla prosperità dell’anno che viene.
PEPERONCINO – Il colore rosso e la forma a corno non potevano non dare un posto di privilegio tra i cibi scaramantici al “diavolicchio”. Il colore rosso – è per i cristiani il sangue di Cristo versato per la nuova ed eterna alleanza dunque simbolo di futuro – è il colore della vitalità. Il corno, fin dal neolitico, è simbolo di forza (ha a che fare con la caccia e dunque con la prova di forza ma anche con la riserva alimentare) dunque il peperoncino è il cibo scaramantico per eccellenza (fate un giro a Napoli e vedrete quanti cornetti rossi vi vengono proposti). Ah, e comunque: buon anno!
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Ansa
Nel 2025 la Borsa fa +30%. Tutti i titoli che, mischiando finanza e calcio, potrebbero giocare nell’Italia che batté 4-3 la Germania.
Finale d’anno ad alta quota per Piazza Affari, che chiude il 2025 con un rialzo che supera il 30% a quasi 45.000 punti. Il titolo migliore è Fincantieri salito del 141%. Per il 2026 non si parla più dei massimi del 2007 o del 2008, già superati più volte nel corso dell’anno, né di quelli del 2001, rimasti un tabù fino a pochi mesi fa.
L’orizzonte guarda a territori inesplorati, oltre la soglia simbolica dei 50.000 punti, record assoluto toccato all’inizio del millennio. Un traguardo che non appare più proibitivo se si guarda alla cavalcata degli ultimi tre anni.A gennaio 2023 l’indice principale di Milano arrancava appena sopra i 24.000 punti; oggi ha salutato il 2025 a quota 45 mila portando al 90% il guadagno dei tre anni con una progressione che non sembra aver esaurito la spinta. La capitalizzazione complessiva ha raggiunto 1.042 miliardi di euro, certificando la dimensione raggiunta dal mercato italiano. Unica nota negativa l’alto numero di delisting. Nel corso dell’anno hanno lasciato Piazza Affari 29 società, con 2,5 miliardi di euro di capitalizzazione persa. Le new entry sono state 21 per un valore complessivo di 593 milioni. E allora facciamo una selezione dei titoli del 2025. Non è una classifica dei migliori titoli del 2025.
Cercheremo di capire se la corsa dei titoli chee indichiamo potrà proseguire nel 2026 tenendo conto che secondo tutte le previsioni saranno ancora banche e difesa a guidare il rialzo. Abbiamo costruito così la nostra Nazionale di Piazza Affari usando come riferimento per la classificazione la formazione che giocò la partita del secolo: Italia-Germania 4 a 3. Probabilmente la selezione più talentuosa mai scesa in campo con i colori Azzurri. Unica licenza la presenza di Gigio Donnarumma, il cui blasone si sta coprendo di gloria. I titoli scelti sono tredici come i giocatori che scesero in campo il 17 giugno 1970. In panchina al posto di Ferruccio Valcareggi mettiamo Gianni Tamburi di cui non si ricorda un investimento finito male. Tra parentesi mettiamo il rialzo dall’inizio dell’anno
BANCA INTESA (+54%)
Non è la performance più alta fra le banche ma l’abbiamo scelta nel ruolo di Donnarumma perché appare il titolo che meglio di altri potrà fermare le incursioni ribassiste.
La generosità dei dividendi e la loro sostenibilità sono una garanzia per i cassettisti.
ENEL (+26%)
Titolo lento ma roccioso come Tarcisio Burgnich che comunque in quella partita riuscì anche a segnare un gol. E in questo guizzo c’è anche la strategia di Enel. Perché le nuove tecnologie hanno bisogno di data center affamati di elettricità. Infatti l’Intelligenza sarà anche artificiale ma l’energia è naturale. Che cosa di meglio delle azioni del colosso elettrico? Altro titolo per cassettisti.
POSTE ITALIANE (+57%)
Somiglia molto a Giacinto Facchetti cui non a caso l’abbiamo abbinato. Un difensore praticamente insuperabile che al momento opportuno era capace di scattare in avanti. Non a caso Gianni Brera voleva che venisse schierato all’ala. Poste è un po’ così. Negli anni difficili della Borsa ha resistito alle incursioni ribassiste. Ora ha cominciato a correre. Dopo l’acquisizione di Tim è ancora più veloce.
AVIO (+161%)
Entriamo a centro campo con Mario Bertini che interpretava alla perfezione il mediano cantato da Luciano Ligabue («Una vita a recuperar palloni e lavorare sui polmoni») . Avio ha consumato molti anni in Borsa facendo la vita da mediano. Finché gli investitori non hanno scoperto che le sue componenti missilistiche nate per portare in orbita i satelliti europei del programma Ariane possono indossare anche la divisa militare, di gran moda ultimamente.
COEUR MINING (+160%):
L’abbiamo paragonata a Roberto Rosato, padre spirituale di Cannavaro. Difensore centrale abituato a guardare prima le gambe dell’avversario e poi il pallone. Coeur Mining è altrettanto rocciosa visto che possiede cinque miniere d’oro e d’argento. Le quotazioni di entrambi i metalli sono cresciute molto. Ma la corsa dovrebbe proseguire. Soprattutto per l’argento.
TELECOM (+105%)
L’abbinamento con Fabrizio Poletti che entrò in campo sostituendo Rosato all’inizio dei tempi supplementari. L’inizio fu disastroso. Un suo errore favorì il momentaneo vantaggio della Germania. Poi giocò la sua onesta partita. Lo stesso Telecom che ai tempi supplementari si è messa correre. I top sono lontani. Proprio per questo potrebbe salire ancora.
PRYSMIAN (+37%)
Un anno con una crescita composta e senza strappi. Proprio come Pierluigi Cera,padrone assoluto dell’area di rigore e primo costruttore del gioco. Prysmian è un’eccellenza italiana, una delle poche multinazionali di cui dispone la nostra industria.
LEONARDO (+89%)
Una corsa senza soste iniziata 2 anni anni fa quando il titolo valeva 8 euro. Oggi è a 49. Instancabile come Angelo Domenghini. Copriva la fascia d’ala, avanti e indietro a portare la palla senza fermarsi mai.
UNICREDIT (+85%)
Il primo dei fuoriclasse come Sandro Mazzola, che in quel torneo divise il ruolo con Rivera. La famosa staffetta. Il titolo Unicredit è uno grandi campioni di Piazza Affari: in tre anni ha guadagnato il 600% e non è finita.
BANCA MEDIOLANUM (+71%)
Non poteva che essere abbinata a Gianni Rivera. La bandiera del Milan con la più milanese delle banche. Bilanci solidi e governance di ferro. L’amministratore delegato Massimo Doris ha già annunciato l’aumento del dividendo.
BANCO BPM (+67%)
È il titolo attorno al quale si giocheranno gli ultimi scampoli del risiko bancario. Se ci sono ancora gol importanti da fare verranno da qui. Inevitabile l’accostamento con Roberto Boninsegna che segnò la rete che diede agli Azzurri l’illusione della vittoria. Dopo il pareggio i supplementari e la mezz’ora più emozionante del calcio italiano.
OVS (+44%)
Che fatica. Proprio come quella che faceva Picchio De Sisti. Mezz’ala di gran classe è entrato nella Hall of Fame di Roma e Fiorentina. Si muoveva con talento e correttezza a servizio di quella prima linea che riuniva un gruppo di campioni come poche altre volte nella storia della Nazionale. Con la stessa fatica con cui si muove Ovs nel mondo della moda e dell’abbigliamento con la concorrenza di grandi multinazionali.
FERRARI (-21%)
È stata la grande delusione del 2025. Ora gli azionisti sperano che si possa riprendere come accadeva a Gigi Riva dopo i terribili infortuni che lo hanno fermato. Il titolo Ferrari è stato il top del mercato fino a quando John Elkann non ha deciso di vendere il 4% delle azioni incassando 4 miliardi. Un segnale negativo che è diventato allarme con la presentazione in autunno del piano industriale. A peggiorare la narrazione contribuiscono i mancati successi in F1. La gestione sportiva, per quanto costosa pesa poco nel bilancio dell’azienda. Le vittorie però alimentano il mito.
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Ursula von der Leyen (Ansa)
Da domani scatta il Cbam: chi importa cemento, ferro, energia, alluminio e acciaio dovrà pagare la carbon tax I trattori bloccano mezza Europa contro il trattato di libero scambio col Sudamerica con tanto di benedizione.
Non c’è pace tra gli ulivi in Grecia, nelle stalle del Belgio e della Francia dove addirittura la polizia spiana i fucili per fermare gli agricoltori mentre il Vescovo di Cambrai che dice Messa su un altare di balle di paglia benedice i trattori della protesta. Tornano a farsi sentire i contadini dei paesi ai confini con l’Ucraina; già provati dal dumping generato dai prodotti che arrivano da oltreconfine senza alcuna compensazione temono come la peste un frettoloso ingresso di Kiev nell’Ue.
L’Europa è lontanissima da questi milioni di cittadini che sudano la terra e vedono l’accordo col Mercosur come una minaccia alla loro sopravvivenza, ma è anche ostile alle imprese. Nessuno se lo ricorda, ma da domani 1 gennaio l’Ue fa scattare dazi pesantissimi: i Cbam. Non contenta di aver distrutto il comparto dell’auto la presidente della Commissione va avanti con il Green deal e da domani chi importa cemento, ferro, elettricità, alluminio, acciaio e idrogeno dovrà pagare una carbon tax. Bruxelles riesce nel capolavoro di aver distrutto con il Green deal la manifattura europea e sempre in nome dell’ambientalismo di impedire alle aziende sopravvissute di rifornirsi all’estero. Il caso dell’acciaio è emblematico: l’Europa è ridotta a non più dell’8% della produzione mondiale, ma chiunque debba costruire con quel materiale da domani paga dazio.
Questo vale per moltissimi settori. Una stima prudenziale dice che i pannelli solari potrebbero rincarare del 10%, il cemento del 15%, lo stesso l’acciaio, l’allumino fino al 25% con un’impennata inflattiva. Il che spiega perché Isabel Schnabel e la presidente Christine Lagarde dalla Bce abbiano messo le mani avanti per un aumento dei tassi. Ursula von der Leyen si è scagliata contro Donald Trump per i dazi americani, ma oggi sta facendo di peggio. È cominciata una guerra doganale con la Cina - partita con i dazi sui pacchi postali al di sotto dei 150 euro gravati da una tariffa fissa di 3 euro - a tutto danno di nuovo degli agricoltori. Per difendere l’industria del legno fiaccata da leggi europee come la riforestazione la Von der Leyen ha varato nuove tariffe sull’importazione di pavimenti in legno: 21,3%-36,1% sul parquet, fino al 62,4% o più su compensato.
La risposta di Pechino è immediata: dazi provvisori tra il 21,9% e il 42,7% sui latticini europei che fanno seguito ai dazi al 19,8% sulla carne di maiale e al 41% sul vino. Come non bastasse nella lista dei Cbam, i dazi ecologici, ci sono anche i fertilizzanti. Quelli russi e bielorussi sono già colpiti con una tariffa di «guerra» del 6,5%, quelli che arrivano da altri paesi pagheranno fino a 430 euro a tonnellata, ma quelli ucraini potrebbero entrare «gratis». Ancora una volta un aggravio di costo a danno degli agricoltori che ormai avvertono Bruxelles come un nemico.
Ne sanno qualcosa i nostri olivicoltori che con i Cbam avranno ulteriori spese per i concimi, ne sanno tantissimo i produttori d’olio della Grecia. A Creta ci sono stati scontri tra i manifestanti e la polizia, da un mese gli agricoltori di Chania, Messenia, Laconia bloccano le strade. Protestano per i prezzi troppo bassi e contro il Mercosur; negli ultimi giorni a loro si sono uniti allevatori, apicoltori e pescatori che con colonne di trattori hanno bloccato strade e autostrade. Ce l’hanno col governo di Atene per lo scandalo sui contributi agricoli, ma ce l’hanno soprattutto con l’Europa.
La Spagna che ha devastato il mercato con le coltivazioni iperintensive ora in crisi sta vendendo l’olio a 5 euro al litro, le importazioni dai paesi non Ue facilitate dalla Commissione sono esplose e l’extravergine greco si vende sotto i 4 euro.
In Francia lo scenario è lo stesso. Da mesi gli allevatori dell’Occitania, in unità con quelli spagnoli dell’Aragona e della Catalogna, bloccano le strade. Il valico di Biriatou tra Francia e Spagna non è praticabile e il governo di Madrid ha sospeso la circolazione. Anche in Francia le ragioni della protesta sono duplici. Ce l’hanno con Parigi perché gli interventi per fermare l’epidemia di dermatite nodulare che ha attaccato le stalle sono giudicati errati e tardivi, ma ce l’hanno con l’Ue per i tagli della Pac e l’accordo del Mercosur. Il comparto zootecnico è quello di gran lunga più svantaggiato dall’intesa commerciale - per ora sospesa - con Brasile e associati.
La lotta dei trattori in Francia va da Nord a Sud. A Cambrai l’arcivescovo Vincent Dollmann e diversi sacerdoti hanno celebrato la messa su un altare di paglia in sostegno agli agricoltori in difficoltà. Il prelato ha elogiato la «dignità» dei contadini che da diverse settimane manifestano contro l’accordo di libero scambio tra l’Ue e il Mercosur e l’abbattimento sistematico delle mandrie di bovini colpite dalla Lsd. Nel Pas-de-Calais, alcune decine di agricoltori vogliono bloccare il principale centro logistico dei supermercati Leclerc vicino ad Arras in risposta alle dichiarazioni di Michel-Édouard Leclerc che chiedeva «Mercosur subito». In Occitania ad Auch, regione del Sud fortemente agricola capitale dell’Armagnac, si è sfiorato il dramma: tre poliziotti hanno spinato le armi contro un agricoltore che protestava. L’Occitania è paralizzata e altre zone della Francia sono tenute sotto scacco dai trattori: a Carbonne (Alta Garonna) sulla A64, a Sévérac (Aveyron) e Le Buisson (Lozère) sulla A75 ci sono blocchi stradali.
Gli agricoltori polacchi hanno organizzato blocchi su strade nazionali, superstrade e autostrade in tutto il Paese per protestare contro la imminente firma dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e il blocco di nazioni sudamericane Mercosur. Gli agricoltori in Polonia e di altre parti d'Europa temono che un afflusso di prodotti agricoli sudamericani più economici inondi i mercati europei, faccia scendere i prezzi e spinga potenzialmente le aziende agricole più piccole e meno competitive al fallimento. Le nazioni altamente industrializzate d’Europa, come la Germania, sono ottimiste sul fatto che l'accordo di libero scambio faciliterà l'accesso ai mercati sudamericani per i loro prodotti industriali.
Contro l’Ue ci sono proteste anche in Belgio. L’aeroporto di Liegi è «presidiato» dai trattori mobilitati dopo l’imponente manifestazione del 18 dicembre quando per impedire la firma del Mercosur i palazzi dell’Ue a Bruxelles sono stati accerchiati da 10.000 agricoltori e oltre 1.000 mezzi agricoli arrivati da tutta Europa. Forse è stato solo l’inizio.
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