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Un sondaggio di Alessandra Ghisleri svela che la maggioranza dei cittadini nutre seri dubbi sull’efficacia della legge che dovrebbe prevenire le aggressioni. Una norma bipartisan che, però, gli elettori del partito del premier e quelli della Schlein non apprezzano.
La stessa Alessandra Ghisleri ha posto l’accento sul dato emerso dal sondaggio condotto da Only numbers. La seconda domanda, posta al campione di italiani e riferita alla legge sul consenso nei rapporti sessuali, chiedeva se la si ritiene «utile nella prevenzione di episodi di violenza e/o comportamenti non rispettosi». Le donne hanno risposto no, riferiva la politologa e direttrice di Euromedia Research.
Il 43,8 % degli italiani ha detto di non ritenerla utile. «È una riflessione importante», osservava Ghisleri nel programma Realpolitik di Tommaso Labate su Rete 4, «perché vorrebbe dire che la legge sul consenso verrebbe utilizzata come deterrente, ma non sarebbe utile perché manca l’educazione». Ricordiamo che la legge, che introduce nel Codice penale il concetto di «consenso libero e attuale», è stata approvata all’unanimità alla Camera e presentata come un accordo bipartisan tra il premier Giorgia Meloni e il segretario del Pd, Elly Schlein. In commissione Giustizia, la coalizione di governo ha chiesto un nuovo passaggio, scatenando la reazione dell’opposizione che ha parlato di un «voltafaccia», di patto politico tradito. Ancor più singolare è che, nel sondaggio, sia stato il 37,6% delle donne a non ritenere la norma sullo stupro utile a scoraggiare o impedire la violenza sessuale, rispetto a un 38,8% convinto che serva. Perciò, se il 51,6% degli italiani interpellati crede che sia necessaria una legge che inasprisca il reato, ridefinendone le modalità (il ddl torna questa settimana in commissione a Palazzo Madama), la maggior parte di questo campione non lo considera un deterrente effettivo.
Inevitabile chiedersi il senso, allora, di una legge che complica all’inverosimile l’onere della prova di un consenso non «libero e attuale» (e il non poterlo provare può diventare equivalente all’aver commesso il reato), mentre poco inciderebbe nella protezione delle donne. Non la crede utile non solo l’elettorato di centrodestra (47,9% delle risposte, rispetto al 38,2% di «sì»), ma anche una bella fetta di coloro che votano a sinistra (34,3% i «no», 43,3 % i «sì»). E se può non sorprendere che il 53,6% degli elettori di Fratelli d’Italia abbia detto di con credere alla legge come prevenzione di episodi di violenza, è significativo che la pensi allo stesso modo il 38,5% di quanti votano Pd e che appena il 36,5% dei dem la consideri, invece, utile.
Quindi nei due partiti rappresentati da Giorgia Meloni e da Elly Schlein sono più forti le perplessità, circa l’approvazione del ddl come misura deterrente. Quanto all’impatto del reato di violenza sessuale riformato sulla base di un accordo Meloni-Schlein, restano sempre forti le riserve degli italiani. Non tanto perché non serva una legge dura (oltre il 53% sia a sinistra sia a destra si dice a favore), ma in quanto non risulta ben formulata. Non definisce che cosa costituisce consenso, anche nelle forme non verbali e nemmeno chiarisce quali elementi probatori possono dimostrarlo o escluderlo. «Si pensa che questi requisiti di libertà e attualità siano puntualizzati a tutela della donna e a vincolo e controllo per l’uomo: anche qui siamo di fronte a un ribaltamento concettuale e fisico della prova, spesso sono le donne che prendono l’iniziativa e non si può “pregiudizialmente” pensare al maschio come attaccante-persecutore, attizzatore di incendi passionali che si trasformano in atti di coercizione nel “fare” e nell’insistere», osservava due giorni fa su Startmag Francesco Provinciali, già giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Milano.
Fanno pensare, inoltre, gli esiti di un altro sondaggio che è stato riportato sempre da Ghisleri. «Abbiamo chiesto quali sono le paure più grandi (degli italiani, ndr), al primo posto ci sono le aggressioni e le minacce (22,7%), seguite da rapine in casa (20,5%), furti e rapine (19,4%), truffe e frodi (16,6%)». La violenza sessuale risultava solo al quinto posto (9,4%) come preoccupazione. Eppure, dai primi dati emersi dall’indagine 2025 sulla violenza contro le donne condotta dal dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio e l’Istat denominata «Sicurezza delle donne», risultano aumentate «dal 30,1% al 36,3% le vittime che considerano un reato la violenza subita dal partner e raddoppia la percentuale delle richieste di aiuto ai Centri antiviolenza e gli altri servizi specializzati (dal 4,4 del 2014 all’8,7% del 2025)».
Evidentemente, la certezza della pena non è un deterrente. Rispetto al passato, c’è una diversa sensibilità verso la violenza sessuale e i diversi contenuti giuridici che il reato ha assunto nel tempo, però occorrono strategie volte all’educazione, alla sensibilizzazione, al riconoscimento della violenza, formando operatori (dalla scuola alla magistratura, passando per i servizi sociali). Serve rendere operativo ovunque il percorso di tutela per le donne che hanno subito violenza e perseguire chi l’ha provocata. Discutere di pertinenza e liceità all’interno della coppia, criminalizzando a priori, non argina la violenza sessuale.
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Kennedy Jr (Ansa)
Verranno inoculati solo i bambini le cui madri sono già positive. Gli altri aspetteranno due mesi e i consigli dei medici.
Il Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione (Acip) dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) ha messo fine alla raccomandazione che da oltre tre decenni prevedeva negli Stati Uniti la somministrazione a tutti i neonati del vaccino contro l’epatite B, entro ventiquattr’ore dalla loro venuta al mondo. La revisione del calendario vaccinale è passata con 8 voti a favore e 3 contrari, dopo la riunione di Atlanta ripresa per la prima volta da telecamere televisive.
D’ora in avanti, le donne che risultano negative al test per l’epatite B potranno decidere, consultando il proprio medico, se vaccinare o no alla nascita il proprio bambino. I membri che hanno votato a favore delle nuove raccomandazioni hanno sostenuto che il rischio di contrarre il virus è basso, e che i vaccini dovrebbero essere personalizzati.
Il gruppo di lavoro dell’Acip, rinnovato dallo scorso giugno dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr. ha suggerito di attendere almeno i 2 mesi di età per la prima dose. La vaccinazione continuerà a essere somministrata ai neonati di madri che risultano positive, o il cui stato di salute è sconosciuto. Il direttore facente funzioni dei Cdc, Jim O’Neill, ora dovrà decidere se adottare o meno queste raccomandazioni.
La commissione ha inoltre votato a favore della consultazione dei genitori con gli operatori sanitari, per sottoporre i figli a test sulla ricerca degli anticorpi contro l’epatite B prima di decidere se sia necessario somministrare altre dosi del vaccino. Attualmente, dopo la prima i bambini ricevono la seconda a 1-2 mesi di età e la terza tra i 6 e i 18 mesi.
Kennedy ha già limitato l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 e raccomandato che i neonati vengano vaccinati separatamente contro la varicella. Susan Kressly, presidente dell’American academy of pediatrics, ha affermato che il cambiamento apportato dall’Acip renderà i bambini americani meno sicuri. «Esorto i genitori a parlare con il pediatra e a vaccinarsi contro l’epatite B alla nascita, indipendentemente dallo stato di salute della madre», è stato il suo appello.
Il presidente Donald Trump, invece, ha commentato soddisfatto l’esito della votazione. Con un post su Truth, venerdì sera aveva definito «un’ottima decisione porre fine alla raccomandazione sul vaccino contro l’epatite B per i neonati, la stragrande maggioranza dei quali non corre alcun rischio di contrarre una malattia che si trasmette principalmente per via sessuale o tramite aghi infetti. Il calendario vaccinale infantile americano richiedeva da tempo 72 “iniezioni” per bambini perfettamente sani, molto più di qualsiasi altro Paese al mondo e molto più del necessario. In effetti, è ridicolo! Molti genitori e scienziati hanno messo in dubbio, così come me, l’efficacia di questo “programma”».
Trump ha poi annunciato di avere appena firmato «un memorandum presidenziale che ordina al dipartimento della Salute e dei Servizi Umani di “accelerare” una valutazione completa dei calendari vaccinali di altri Paesi del mondo e di allineare meglio quello statunitense, in modo che sia finalmente radicato nel Gold Standard della scienza e del buon senso», ha concluso il presidente.
Prima del voto, questa settimana dodici ex dirigenti della Fda avevano contestato sul The New England journal of medicine la proposta di revisione delle approvazioni dei vaccini da parte dell’agenzia, sostenendo che i cambiamenti minacciano gli standard basati sulle prove, indeboliscono le pratiche di immunobridging (strategia scientifica e normativa che confronta i marcatori della risposta immunitaria indotti da un vaccino in diverse situazioni per stimare l’efficacia del vaccino) e rischiano di erodere la fiducia del pubblico.
A proposito della nota interna di Vinay Prasad, direttore della divisione vaccini della Food and drug administration (Fda), che dieci giorni ha sostenuto che «non meno di 10» dei 96 decessi infantili segnalati tra il 2021 e il 2024 al Vaers, il sistema federale di segnalazione degli eventi avversi da vaccino, erano «correlati» alle somministrazioni di dosi contro il Covid, i dodici si affannano a criticarla. «Prove sostanziali dimostrano che la vaccinazione può ridurre il rischio di malattie gravi e di ospedalizzazione in molti bambini e adolescenti», dichiarano. Dati che non risultano confermati da nessuno studio o revisione paritaria.
Sul continuo attacco alle scelte operate nel campo delle vaccinazioni dalla nuova amministrazione americana interviene il professor Francesco Cetta, ordinario di Chirurgia e docente di Intelligenza artificiale umanizzata presso lo Iassp (Istituto di alti studi strategici e politici). «Trump non è contro la scienza, come urla ad alta voce la sinistra nostrana», commenta. «Al contrario, pragmaticamente, per i problemi che non conosce, ha insediato nuove commissioni indipendenti di esperti, in grado di acclarare in tempi brevi, per quanto possibile, la verità su due argomenti particolarmente sensibili come le vaccinazioni e gli effetti dei cambiamenti climatici. E su che cosa si può fare in concreto per controllarli. Con quali costi e benefici per la comunità».
Il professore aggiunge: «Bisogna evitare le terapie a tappeto, indistintamente uguali per tutti, ma adattare ad ogni malato il suo trattamento come un “abito su misura”. In particolare, per alcune categorie come i bambini e le donne in gravidanza, bisogna valutare con attenzione vantaggi e svantaggi della somministrazione di ogni farmaco, incluso i vaccini, che determinano una perturbazione delle difese immunitarie individuali».
Considerazioni che dovrebbero essere fatte anche dal nostro ministero della Salute e dalle varie associazioni mediche che non ammettono revisioni dei metodi vaccinali.
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Rana crocifissa (Ansa)
L’esposizione di Vienna propone ai bambini rane crocifisse e Madonne trans. Ma per il clero è «rispettosa».
Madonne trans e rane crocifisse fatte vedere ai bambini. Una trovata che qualche esponente della sinistra nostrana magari proverebbe a emulare, proponendola come educazione artistica. Accade a Vienna, dove una discussa mostra dal titolo «Du Sollst dir ein Bild Machen», «Dovresti farti un’immagine», viene proposta come strumento didattico per i piccoletti.
Poco importa che la rassegna di arte e religione visitabile fino al prossimo 8 febbraio nella Künstlerhaus, la Casa degli artisti, sia un campionario di immagini blasfeme. Gli organizzatori hanno pensato a pacchetti educativi speciali, come quello «per asili nido e scuole primarie» che promette: «Insieme, intraprenderemo un emozionante viaggio di scoperta. Esploreremo in modo giocoso alcune opere d’arte selezionate e ne scopriremo dettagli sottili: cosa ci dicono ornamenti, colori e simboli nascosti? E come possiamo esprimere i nostri pensieri e sentimenti al riguardo?».
Difficile immaginare in quale modo si possa spiegare a una creatura di pochi anni perché il dipinto «Anch’io sono la Madre» di Sumi Anjuman, raffigurante una Madonna barbuta dalla carnagione scura con in braccio un bambinello bianco, vorrebbe dimostrare «quanto siano fluide le immagini della maternità» e che «anche gli uomini vorrebbero essere madri». Una lezione queer a tutti gli effetti.
«Si tratta di meravigliarsi, porsi domande, confrontare e creare!», insistono quei geni della Künstlerhaus. Chiedono ai bimbi dell’asilo: «Cosa collega le opere a noi stessi? E come possiamo esprimere i nostri pensieri e sentimenti al riguardo?». Papa Benedetto XVI si era già espresso nel 2008, definendo blasfema la scultura dell’artista Martin Kippenberger: una rana verde crocifissa, la lingua che sporge, un bicchiere di birra in una mano, nell’altra un uovo. Lo stesso orrore è riproposto a Vienna, nella visita guidata pure a pagamento, 7 euro a persona.
E quali impressioni potranno ricavare i piccini, turbati davanti all’obbrobrio della Pietà in chiave transgender dove l’unico elemento ben visibile è il membro maschile? «Quaint Sunday/Mary’s Penis No. 3», ovvero «Domenica bizzarra/il pene di Maria», opera di Anouk Lamm Anouk, è stata così presentata: «Maria trans e sanguinante tiene in braccio il corpo senza vita del figlio, che a sua volta tiene in braccio il pene della madre, un gesto che può essere letto come tenero e inquietante al tempo stesso. È un momento che inverte le dinamiche di potere tradizionali; il divino diventa corporeo e queer».
Pensate che la Chiesa austriaca sia riuscita a far chiudere questa galleria di offese alla religione cristiana? Niente affatto. Günther Oberhollenzer, direttore e curatore della mostra, e Tanja Prušnik, presidente di Künstlerhaus hanno invocato la libertà artistica «protetta dalla Costituzione austriaca» e così commentato: «Se un’opera d’arte sia provocatoria o meno spesso è una questione di chi la guarda».
Ma i bambini dell’asilo e della scuola materna possono solo subire certe immagini, che spirito critico possono mai avere?
Incredibili sono i commenti che arrivano dal mondo religioso. «La mostra testimonia l’infinita lotta per rendere in qualche modo giustizia al mistero di Dio, che si è inscritto in un mondo ferito», ha detto il vescovo di Innsbruck, Hermann Glettler, il monsignore che aveva fatto appendere un Crocifisso capovolto nella chiesa dell’ospedale con le braccia di Gesù a fare da lancette d’orologio. «Reinterpreta i motivi cristiani, in modo rispettoso, critico», sostiene Der Sonntag Wien, settimanale di cultura, fede e tradizione. «Le immagini ispirate al cristianesimo potrebbero aiutarci ad aprire gli occhi su una realtà terribile, minacciosa e violenta, ma in cui, allo stesso tempo, si possono scoprire meraviglia, amore, tenerezza e devozione», scrive Gustav Schörghofer, sacerdote gesuita.
Se a essere esposte fossero state opere irrispettose della religione islamica, la rassegna avrebbe chiuso i battenti dopo due giorni di isteriche condanne anche da parte della sinistra. E, magari, pure da parte dei vescovi.
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