
Nella cura dei tumori si sono verificati eventi avversi e anche la rapida progressione della malattia. Inoltre il nostro sistema sanitario nazionale difficilmente potrà assumersi il carico di trattamenti tanto onerosi.Un editoriale del prestigioso Lancet di luglio vuole fare chiarezza sulle esagerazioni giornalistiche e la promozione sui risultati dell'immunoterapia in oncologia, riportati al congresso mondiale della Società americana di oncologia medica (Asco) del giugno di quest'anno, fondamentalmente di critica anche se intriso di speranza (Immunotherapy: hype and hope il titolo dell'editoriale). Tra i punti salienti maggiormente inflazionati del convegno, vi è stato il dosaggio predittivo dell'espressione di 21 geni, che suggerisce che la maggior parte delle donne con carcinoma mammario in uno stadio precoce può non necessitare di chemioterapia e inoltre che la chemioradioterapia preoperatoria migliora la sopravvivenza libera da malattia nei pazienti con tumore del pancreas. Tuttavia, questi risultati sono stati una volta ancora sminuiti dall'intensa attenzione dei media che è stata riservata all'immunoterapia dei tumori. Ugualmente ben coperto dai media è stato il trial di fase 3 Keynote-042, che ha dimostrato che pembrolizumab, uno tra gli immunoterapici maggiormente impiegati del momento, era più efficace della chemioterapia come trattamento di prima linea per i pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule.Sebbene tali scoperte siano passi positivi nella riduzione della dipendenza dalla chemioterapia, rimangono molte incognite su questo campo ampio e promettente. Dal gran numero di studi clinici sull'immunoterapia dei tumori riportati al congresso, sono emerse importanti domande su cosa determina la risposta all'immunoterapia. C'è qualche indicazione che il sesso possa avere un ruolo, con gli uomini che apparentemente hanno risposte migliori all'immunoterapia dei tumori rispetto alle donne. Allo stesso modo, uno studio retrospettivo presentato al congresso dell'Asco ha trovato che l'uso di antibiotici durante il trattamento con gli immunoterapici ha ridotto la sopravvivenza generale e quella libera da progressione nei pazienti con tumore avanzato, potenzialmente a causa di cambiamenti nel microbiota, quello che una volta si chiamava flora batterica, implicando altri importanti fattori sconosciuti nella risposta dell'ospite al trattamento immunologico. Più preoccupanti, tuttavia, sono i risultati degli studi su pazienti specificatamente selezionati, o anche solo su un paziente, presi come prove certe di efficacia. Questa variabilità individuale si riflette anche nei tentativi falliti di trovare e convalidare i marcatori predittivi di risposta all'immunoterapia: l'espressione di due marcatori, Pd-1 o Pd-l1, per esempio, non sembra correlare con la risposta, nonostante i dati precedenti suggerissero che questi marcatori fossero obiettivi chiave per gli inibitori del checkpoint, cioè i farmaci immunologici, evidenziando quanto poco comprendiamo sulla vera complessità del sistema immunitario e sui meccanismi di azione dell'immunoterapia. La scarsa comprensione di questi meccanismi di trattamento solleva domande anche sulla sicurezza a lungo termine di questi trattamenti. È stato riportato che vari eventi avversi sono stati correlati all'immunoterapia contro i tumori, come infezioni opportunistiche o tossicità polmonare e, inaspettatamente, la rapida progressione della malattia in certi pazienti, oltre a una serie di altri effetti collaterali che non sono tipicamente incontrati con la chemioterapia convenzionale. Sebbene vi sia una grande speranza nell'immunoterapia dei tumori, non dobbiamo lasciare che l'eccitazione di tali trattamenti offuschi il loro potenziale danno. I clinici, i ricercatori e i pazienti devono diffidare dall'iperbole associata a certi studi commercializzati professionalmente e dei limiti dell'uso off-label di nuovi farmaci. Quando la copertura mediatica associata delle terapie fornisce ai pazienti aspettative irrealistiche sui risultati, è sempre più difficile per i medici negare l'immunoterapia dei tumori, in particolare come ultima speranza per quei pazienti per i quali altri trattamenti hanno fallito; tuttavia, deve essere esercitata cautela, poiché il «prima di tutto non nuocere» è centrale nel processo decisionale. Infine, va tenuto conto dei costi troppo elevati che questi trattamenti comportano, non facilmente sopportabili dai Sistemi sanitari nazionali in Europa e dai singoli cittadini negli Stati Uniti, dove è stata coniato un nuovo tipo di tossicità dalle terapie, quella finanziaria, che porta anche alla bancarotta del paziente oncologico, che deve affrontare da solo l'impatto di questi trattamenti così costosi. Come possiamo garantire che le esagerazioni giornalistiche e la promozione non offuschino il vero lavoro di questi grandi congressi? È facile lasciarsi travolgere da storie di cure miracolose e dalla distesa di supporti lucenti nelle sale espositive. In effetti, le aziende commerciali, farmaceutiche e non, e alcune istituzioni di ricerca, eccellono nella promozione dei risultati di singoli farmaci o tecniche, ma la comunità della ricerca deve continuare a progettare rigorose indagini che assicurino la massima affidabilità e che migliorino la possibilità di controllo della malattia a tutti i pazienti oncologici, non solo ai super responder specificamente selezionati.
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».





