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Le mosse di Pignatone e dei suoi «utili idioti». Così hanno affossato i dossier mafia-appalti
Giuseppe Pignatone (Imagoeconomica)
Interrogatori di non iscritti, omissis rivelati, inchieste a matrioska: il fascicolo di Caltanissetta inguaia il super pm.

Inchieste costruite come scatole cinesi, indagini che procedono a compartimenti stagni, atti mandati al macero, magistrati che mal si sopportano e carte che spuntano oggi, ma che nessuno aveva mai visto. C’è anche questo nel fascicolo della Procura di Caltanissetta che sta ricercando i moventi occulti della morte di Paolo Borsellino. E più si scava e più aumentano le ombre sulla condotta di Giuseppe Pignatone, un magistrato che ha sfiorato la beatificazione da vivo e che adesso è caduto in disgrazia. Attualmente è indagato con infamanti accuse di vicinanza alle cosche e dalle agiografie che lo aspergevano d’incenso si è passati agli atti giudiziari che, in fase preliminare, hanno sempre il sentore dello zolfo.

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«Pignatone comprò le case dai boss e fece sovraesporre Falcone e Borsellino»
Giuseppe Pignatone (Ansa)
Il procuratore di Caltanissetta in commissione Antimafia: «Il dossier appalti del Ros concausa delle stragi del 1992».

Ha parlato circa due ore e tre quarti. E ha scritto un pezzo di storia di questo Paese. Il procuratore di Caltanissetta Salvo De Luca, in commissione Antimafia, ha ricostruito l’indagine monstre che sta portando avanti con i suoi pm sulle cause della strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992, in cui persero la vita l’allora procuratore aggiunto di Palermo Paolo Borsellino e la sua scorta.

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Boccassini choc: «Dopo la morte di Borsellino non si poteva indagare»
Ilda Boccassini (Ansa)
Passati 30 anni, «Ilda la rossa» racconta il suo periodo nella Procura di Caselli: «Clima pessimo, moltissime anomalie. Dell’Utri non era indagato nel processo Sistemi criminali, ma furono acquisiti i tabulati dei telefoni».

Da mesi la Procura di Caltanissetta sta indagando sui moventi e i mandanti occulti dell’omicidio di Paolo Borsellino e sul presunto favoreggiamento alla mafia di pezzi da novanta della magistratura come Giuseppe Pignatone e Gioacchino Natoli, sospettati di avere insabbiato un procedimento sui rapporti tra le cosche e il gruppo Ferruzzi di Ravenna. Per questo negli uffici degli inquirenti nisseni stanno sfilando numerosi testimoni eccellenti che hanno lavorato a Palermo negli anni Novanta.

Una di questi è Ilda Boccassini, per anni star della Procura di Milano e per pochi mesi, a partire dal marzo del 1995, pm a Palermo. «Ilda la rossa» nel suo verbale di sommarie informazioni ha descritto l’esperienza nel capoluogo siciliano come traumatica. Erano gli anni immediatamente successivi all’uccisione di Borsellino e di Giovanni Falcone, con cui lei stessa ha raccontato di avere avuto una relazione.

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