(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Paolo Inselvini alla sessione plenaria di Strasburgo.
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Paolo Inselvini alla sessione plenaria di Strasburgo.
Se c’è di mezzo Greta Thunberg e il vandalismo viene fatto passare come «grido di dolore» per il pianeta Terra «distrutto dall’uomo», i magistrati tacciono. Forse le toghe condividono lo scempio operato ancora una volta nelle nostre città tingendo di rosso o di verde la Laguna di Venezia, fiumi, laghetti, torrenti.
Ieri il blitz ambientalista contro «l’ecocidio» si è svolta con la consueta arroganza di chi sa di restare impunito. In dieci Comuni italiani gli attivisti hanno versato coloranti non tossici, ma dimostrando di essere i primi a non rispettare i corsi d’acqua e la legge.
A Venezia, la pasionaria svedese ha inscenato la protesta assieme ai militanti di Extinction Rebellion perché non si sta facendo abbastanza per «contrastare il collasso climatico e sociale». Il compromesso raggiunto alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Belém, in Brasile, sarebbe «insufficiente e decisamente tardivo rispetto a quanto la comunità scientifica considera indispensabile a contenere il riscaldamento globale e a proteggere miliardi di persone dagli impatti più gravi della crisi climatica».
Allora giù nel Canal Grande fluoresceina, tracciante idrico colorato, mentre le grottesche Red Rebels, la Brigata ribelle rossa dal volto bianco e le vesti a rappresentare il sangue che unisce tutte le specie viventi, sfilavano sul Ponte di Rialto per la gioia dei turisti che avranno pensato a un Carnevale tardivo, e lo scazzo dei veneziani.
«Si consuma un altro attacco al cuore del nostro patrimonio. Condanno con fermezza questo ennesimo blitz: non è con azioni vandaliche che si difende l’ambiente», si è fatto subito sentire il governatore del Veneto Luca Zaia. «Sono gesti che danneggiano Venezia, costringono a interventi di ripristino e paradossalmente generano inquinamento»
Il giorno prima Gretina era stata a Verona richiamando studenti sensibili al clima ma anche pro Pal, che trascinati dai collettivi Tamr e Cau avevano invaso l’aula dell’Università scaligera negata all’attivista piagnona e al suo seguito. Infischiandosene dei divieti, hanno intonato le solite lagne green intrise di odio per Israele. La Thunberg, tra una frottola ambientalista e un appello a ribellarsi al genocidio contro il popolo palestinese, ha condannato «il sistema globale costruito sul sangue di persone oppresse, costruito su massacri e disuguaglianze che oggi vediamo solo aumentare». Però si commuove solo sulla Striscia di Gaza.
Assieme a lei, sul palco dell’aula occupata c’erano Simone Zambrin, il veronese che si era imbarcato sulla Global Sumud Flotilla alla volta di Israele (dopo aver violato il blocco navale si era lamentato della reazione israeliana), e Maya Issa del movimento studenti palestinesi. Erano tutti così presi dalla questione ambientale che hanno chiesto «le dimissioni del governo Meloni» dal momento che «l’Italia è stata tra i Paesi che hanno maggiormente ostacolato le misure più ambiziose». Il pubblico sdegnato applaudiva, cresceva la voglia di correre a spargere tanta vernice ovunque.
Sabato, dunque, è stata la giornata dedicata al vandalismo ambientale per opera degli attivisti, bravi ragazzi che sono sempre giustificati poveri cari nel loro sacro furore climatico. Come a Venezia, anche a Padova le acque sono state imbrattate tingendo con colorante verde la fontana dell’Isola Memmia di Prato della Valle mentre si svolgeva il sit-in «Stop all’ecocidio».
Il Po è diventato verde a Torino, all’altezza dei Murazzi; stessa storia a Bologna, colorante nel Reno che passa all’interno del canale delle Moline, uno dei punti più turistici della città; verde buttato pure nelle acque dei Navigli e della Darsena, a Milano; nel canale di Ponterosso a Trieste; nel torrente Parma dell’omonima città; nella fontana di De Ferrari a Genova; nel fiume Tara a Taranto, nella Cala a Palermo.
Il blitz è stato sventato invece a Roma, dove otto attivisti di Extinction Rebellion sono stati bloccati nell’area verde vicino al laghetto dell’Eur, mentre stavano per versare colorante ed esporre manifesti «per fermare il collasso climatico».
Da Torino il movimento fa sapere che «è il momento di fermare l’ecocidio e pretendere scelte politiche coraggiose, che siano finalmente all’altezza della più grande crisi che l’umanità abbia mai affrontato e capaci di proteggere la vita e i diritti di ogni essere vivente sulla Terra». Per essere ascoltati si arrogano il diritto di spargere un tracciante idrologico colorato, autorizzato per altri scopi. Nessun pm chiederà che siano rinviati a giudizio per condotta abusiva.
«Finché dura fa verdura». Proverbio toscano poco noto, ed è un peccato, che chiarisce con incisività che quando si è riusciti a creare una situazione vantaggiosa non bisogna smettere di sfruttarla. La situazione vantaggiosa ha un nome e un cognome, Greta Thunberg, attivista svedese di ignoranza nettamente superiore a quella dei suoi coetanei, in quanto ha passato grossa parte di quella che avrebbe dovuto essere la sua vita scolastica in piedi con un cartello in mano. Greta Thunberg non sa niente di climatologia, virologia, antropologia e geopolitica, non è in grado di sostenere una discussione, quindi è fondamentale che lei si muova sempre in un ambiente protetto, ripulito da chiunque possa farle una qualche domanda e pretendere una qualche risposta che dimostri che tutta la sua struttura è fatta di slogan. Il suo unico titolo di studio è una laurea in Teologia conferita dall’Università di Helsinki, perché Greta Thunberg è tanto buona, cioè per le sue idee, o, meglio, per le idee che lei professa come se fossero sue, e che sono le idee delle élite mondiali, quelle con cui le élite vogliono immiserire, imprigionare, indebolire fino alla malattia cronica e all’indigenza totale i popoli dell’Occidente, e favorire la islamizzazione dell’Europa e del mondo.
Greta Thunberg è l’esempio del falso rivoluzionario. Dal 1968 è stata creata la figura del falso anticonformista, del falso ribelle, di colui che aggredisce i valori e lo stile di vita di un popolo (sposarsi, avere figli, possedere un’auto con cui andare dove si vuole, non essere inoculati con farmaci di dubbia utilità e indubbi effetti collaterali) col benestare delle élite. Il vero anticonformista, il vero ribelle è inevitabilmente povero e procede in salita; il falso anticonformista, il ribelle creato a tavolino procede in discesa, tutte le porte gli sono spalancate. Una ragazzetta incolta è stata ricevuta da tutti i poteri nazionali e sovranazionali, incluso quel cappellano delle élite mondiali che è stato Bergoglio. È andata in barca a vela all’Onu, con costi stratosferici. In Italia è stato reso obbligatorio per gli studenti il ridicolo sciopero del venerdì, una protesta per il Green deal, un ammasso di leggi folli con lo scopo di immiserire le industrie europee a favore della Cina e consegnare agli Stati tutte le libertà dei cittadini. Greta è la mascotte delle élite mondiali. Green deal, immigrazionismo, vaccinismo, Lgbt e soprattutto Gaza, perché Gaza è il fiore all’occhiello delle élite mondali, che sono brutalmente antisioniste, filoislamiche, anticristiane.
L’odio istituzionalizzato contro lo Stato di Israele è cominciato ufficialmente nel 1974, introdotto per sbloccare le forniture di petrolio. Fiumi di denaro hanno inondato ufficialmente i campus statunitensi e meno ufficialmente le strutture politiche europee e dell’Onu. Fiumi di denaro vengono investiti ogni giorno per demonizzare Israele e beatificare la ferocia palestinese. Greta finché dura fa verdura. Guadagna denaro, il suo patrimonio personale è una cifra a sei zeri, notevole per una persona giovane, priva di titoli di studi, che non ha mai fatto un giorno di lavoro. Greta smuove fiumi di denaro. Il costo della flottiglia diretta a Gaza si aggira attorno ai 25-30 milioni di euro a settimana, calcolando il noleggio di 44 barche, minimo 20 milioni, il carburante, minimo 6 milioni, il costo della logistica, delle forniture e degli equipaggi. «Dobbiamo rompere blocco navale a Gaza e porre fine all’occupazione» ha dichiarato Greta Thunberg. L’occupazione di Gaza non sarebbe nemmeno cominciata se non ci fossero degli ostaggi israeliani nei sotterranei di Gaza. L’occupazione non sarebbe mai cominciata se non ci fossero mai state le atrocità del 7 ottobre. Nessun film strappalacrime al Festival di Venezia farà vedere la grazia e la tenerezza dei fratellini Bibas, strangolati nei sotterranei di Gaza. Greta si è rifiutata di guardare le immagini del 7 ottobre. Ma lei non parla di Gaza: parla di Israele. Gli allegri flottiglianti parlano della distruzione di uno Stato di 9 milioni di abitanti. Il non avvocato signora Francesca Albanese ha spiegato che si troveranno in acque internazionali, e ha tirato in ballo la libertà dei mari, concetto defunto nel 1945 in seguito al proclama del presidente Truman con la teoria della piattaforma continentale. La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 riconosce l’esistenza di zone marine anche piuttosto estese in cui ogni Stato costiero conserva la sovranità, quindi poteri coercitivi nei confronti di chiunque violi queste aree senza il suo consenso o addirittura con lo scopo dichiarato di fare un danno. Ogni imbarcazione ha il diritto di passaggio inoffensivo nel mare territoriale. Sbarcare sulla costa di un Paese in guerra con la scusa di distribuire aiuti non controllati è un atto di guerra. La Global Sumud Flotilla va a protestare per una guerra che finirebbe nel momento in cui venissero rilasciati gli ostaggi. È disumano chiedere a Israele di fermarsi mentre i suoi ostaggi sono ancora in mano alle belve. Tutti coloro che hanno a cuore il popolo palestinese chiedano il rilascio degli ostaggi, chiedano che tutti i poteri politici nazionali e sovranazionali, oltre che tutti i poteri ecclesiali, facciano pressioni per ottenere il rilascio degli ostaggi. Tutti coloro che non stanno chiedendo questo sono persone alle quali del benessere dei palestinesi in realtà non interessa nulla, esattamente come nulla a loro importa della tragedia dello Yemen, di quella del Sudan, del martirio dei cristiani in Nigeria. In Yemen quasi dieci anni di guerra hanno distrutto il Paese, oltre due milioni di bambini soffrono di denutrizione: molte foto di bambini affamati spacciate come provenienti da Gaza vengono in realtà dallo Yemen. In Sudan la situazione è ancora più catastrofica, ma nessuna flottiglia porterà ai sudanesi il cibo di cui hanno disperatamente bisogno. Nessuna voce autorevole si alza per i cristiani massacrati, nessuno slogan. Due parlamentari del Pd, una di Avs e un pentastellato si sono imbarcati sulla flottiglia che batte bandiera inglese e la signora Schlein, con l’abituale sprezzo del ridicolo, chiede alla signora Meloni di garantire per la loro sicurezza. Sulle barche, selfie e video documentano le risate, gli scherzi, i balletti. La gioia di questi tizi che stanno andando ad aggredire lo Stato ebraico e a raccomandarne la distruzione è sorprendente. Immaginate qualcuno che va a soccorrere le vittime di una catastrofe, per esempio gli americani che entrano nel campo di Buchenwald, oppure gli autisti valorosi, silenziosi e invisibili che hanno rischiato la vita per portare gli aiuti nella martoriata terra dell’ex Jugoslavia. Ve li immaginate a fare balletti e ridere?
Israele non è un Paese normale. Un esempio a caso: 11 anni fa nel giro di due mesi Gaza ha sparato contro Israele 4.480 razzi: questo è il motivo per cui i bambini israeliani, e anche gli adulti ovviamente, hanno passato l’estate nei rifugi antiaerei. Non c’è stato un massacro grazie ai rifugi antiaerei e alla protezione Scudo di ferro, non per mancanza di buona volontà di terroristi che hanno impiegato il massimo sforzo per fare il massimo danno possibile. Un Paese normale avrebbe potuto reagire ben più duramente, e forse se lo avesse fatto i due bimbi con i capelli rossi e tutte le vittime massacrate con un sadismo bestiale il 7 ottobre sarebbero in vita e in buona salute. Un Paese normale avrebbe potuto colpire Gaza l’8 ottobre 2023, come sono colpite Groznyj o Mariupol (anche le foto delle macerie di queste due città vengono ora spacciate per foto di Gaza). Se lo avesse fatto avrebbe probabilmente salvato i due bimbi con i capelli rossi. Ma non lo ha fatto, perché Israele è un Paese forte, che è riuscito a integrare la vita di due milioni di cittadini arabi a quella di sette milioni di cittadini ebrei, e che protegge anche la vita dei suoi nemici.
L’ambientalismo è condannato a essere progressista? Per uno dei più grandi filosofi contemporanei è vero il contrario.
Dopo una carriera da moralizzatrice ambientale in erba, dopo una puntata in Albania per spiegarci che i Cpr voluti da Giorgia Meloni sarebbero «tra le più grandi violazioni dei diritti umani in Europa», Greta Thunberg - 22 anni e ancora zero ore di lavoro vero in curriculum - si concentra su Gaza.
L’attivista svedese ha annunciato che tenterà di raggiungere la Striscia entro la fine del mese come parte di un’altra flottiglia di protesta, circa due mesi dopo che la Marina israeliana aveva sventato il suo precedente tentativo. In un videomessaggio, la Thunberg e altri attivisti hanno dichiarato: «Stiamo salpando di nuovo per rompere l’assedio, e questa volta salperemo con decine di imbarcazioni e mobilitazioni coordinate da 44 Paesi in tutto il mondo. Sarà il più grande sforzo di solidarietà internazionale da quando Israele ha imposto 18 anni fa il suo blocco orribile. Il genocidio contro i palestinesi a Gaza è in continua escalation da 22 mesi», hanno affermato. Aggiungendo: «Israele ha sganciato l’equivalente di otto bombe atomiche su uomini, donne e bambini. Ospedali, rifugi, scuole e case sono stati completamente distrutti. Mai nella storia sono morti tanti giornalisti, dipendenti dell’Onu e operatori sanitari. Non possiamo restare a guardare mentre questo continua».
Nel video appaiono anche gli attori Susan Sarandon e Liam Cunningham, il nipote di Nelson Mandela, Nkosi Zwelivelile, la giornalista Abby Marti e l’europarlamentare Emma Forreau. Gli attivisti hanno aggiunto che la flottiglia dovrebbe partire dalla Spagna il 31 agosto, con decine di altre imbarcazioni che si sarebbero unite dalla Tunisia e da altri Paesi il 4 settembre. Ogni partenza vedrà decine di imbarcazioni con forniture mediche, aiuti alimentari ed equipaggi solidali convergere nel Mediterraneo prima di tentare di raggiungere Gaza.
All’iniziativa Global Sumud Flotilla partecipano Maghreb Sumud Flotilla, Freedom Flotilla Coalition, Global Movement to Gaza e Sumud Nusantara.
Greta, come detto, si trovava già a bordo della Freedom Flotilla intercettata dall’esercito israeliano l’8 giugno. Dopo l’incidente, lei e altri tre attivisti hanno accettato l’espulsione, mentre un’altra imbarcazione della stessa missione, la Handala, è stata intercettata il 27 luglio.
In occasione degli eventi dell’8 giugno, la Freedom Flotilla Coalition aveva accusato Israele di aver «intercettato con la forza» lo yacht Madleen e di aver agito in «totale impunità». La nave, avevano spiegato gli attivisti, era stata «abbordata illegalmente, il suo equipaggio civile disarmato è stato rapito e il suo carico salvavita, tra cui latte in polvere, cibo e forniture mediche, confiscato. Israele non ha l’autorità legale per trattenere i volontari internazionali a bordo della Madleen».
Sarcastica, invece, la presa di posizione israeliana. L’account ufficiale del ministero degli Esteri israeliano su X aveva scritto: «Tutti i passeggeri dello “yacht dei selfie” sono sani e salvi. Sono stati riforniti di panini e acqua. Lo spettacolo è finito. La piccola quantità di aiuti che si trovava sullo yacht e non consumata dalle “celebrità” sarà trasferita a Gaza attraverso canali umanitari autentici».

