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Gli aventi diritto al voto sono 50 milioni (come sempre porgo numeri tondi), cosicché per il quorum è necessario superare 25 milioni di elettori. Al recente referendum sono andati a votare solo 15 milioni, di cui 13 milioni hanno votato «sì» e 2 milioni hanno votato «no», il referendum non è passato e le leggi non sono state abrogate. Fatemelo ripetere, perché credo che sia necessario, visto che la nostra Costituzione ha quasi 80 anni di vita e alcuni Presidenti della Repubblica – che della Costituzione sono i custodi – hanno applaudito a coloro che l’hanno promossa la più bella del mondo: con 13 milioni di «sì» e 2 milioni di «no» il referendum è, ahimè, fallito. Ora arriva il bello: se fossero andati a votare altri 10 milioni di elettori e se si fossero espressi tutti per il «no», i «no» sarebbero stati 12 milioni, ma con i 13 milioni di «si» il referendum avrebbe avuto successo, giacché si sarebbe superato il quorum. Non voglio spendere altre parole sul caso e vi lascio da soli a riflettere.
Senza neanche vedere il problema, alcuni curiosi individui hanno appena dichiarato di volersi attivare per far sopprimere tout court il quorum. Ove mai riuscissero nell’impresa – e la storia della nostra democrazia insegna che molte stravaganti imprese son giunte in porto – la cosa potrebbe avere conseguenze devastanti: basterebbe un manipolo di pochi facinorosi per sopprimere leggi, alcune anche faticosi frutti del dibattito parlamentare. Anche ora, basta un attimo di riflessione per inquadrare le esiziali conseguenze della curiosa iniziativa.
A volte qualcuno sostiene che per fare i politici ai livelli alti bisogna che si sia istruiti e, nel confondere l’istruzione con la laurea, sostiene che bisogna essere laureati. Ora, se da un lato abbiamo la Storia che ci insegna che non raramente anche il laureato Nobel può essere privo di sale in zucca (e in proposito valgono le leggi di Carlo Maria Cipolla), io piuttosto sosterrei che per fare i politici ad alto livello – e, per ragioni che un’altra volta dirò, anche per fare i magistrati, a basso e ad alto livello – sarebbe necessario aver superato a pieni voti la matematica della terza elementare, come si evince non solo dalle considerazioni precedenti, ma anche dalle seguenti.
Elly Schlein ha sostenuto con orgoglio che quelli che hanno votato «sì» ai referendum sono stati in numero maggiore (13 milioni) di quelli che votarono a favore dell’attuale coalizione di governo (12 milioni). La domanda breve sarebbe: «E che c’entra?». Siccome la Elly forse non la capirebbe, la traduco in due domande più lunghe. Primo. Come mai quelli che hanno votato «sì» a questi referendum non votarono per la Schlein quando si formò l’attuale governo? Secondo. Posto che per tutta la campagna referendaria la Schlein e i suoi sodali non han fatto altro che puntare il dito contro il governo perché questi dava indicazioni di non andare a votare, allora per sapere qual è il gradimento del governo bisogna contare non i 12 milioni che hanno votato «sì», ma quelli che, sostenendo l’indicazione del governo, non sono andati a votare, e che sono stati 35 milioni. Insomma, seguendo non il mio ma il contorto pensiero di Schlein, questo referendum ha dimostrato un sostegno al governo pari al 70% degli aventi diritto al voto. Dico che il pensiero non è il mio perché io avrei limitato ogni deduzione alla sola questione dei referendum e avrei semmai concluso che sulle questioni sollevate dal referendum il 70% del Paese è col governo. Visto che la Schlein ritiene di dover fare deduzioni su tutto l’operato del governo, allora accontentiamola: quel 70% è a favore di tutto l’operato del governo.
Il commento di Schlein, però, dà da pensare. Fa supporre che le intenzioni dei referendari fossero state non la soppressione di alcuni articoli di legge, ma eseguire un sondaggio a sbafo dei contribuenti, anziché pagare di tasca propria un’agenzia di sondaggi. Vorrei allora porre una domanda a chi ne sa più di me. Sappiamo che «chiunque, con qualsiasi impostura, cerca di abusare della credulità popolare» è punibile penalmente in ottemperanza all’art. 661 del Codice penale. Il bene giuridico tutelato dall’articolo è, evidentemente, la buona fede della collettività. La quale è stata indotta a credere che il referendum che è stata chiamata a votare fosse per il bene dei lavoratori o degli extra-comunitari, mentre invece era un sondaggio privato pagato con denaro pubblico. Un enorme risparmio per i referendari, visto che i sondaggi privati costano in funzione dell’ampiezza del campione della popolazione, e quello architettato dai referendari avrebbe avuto costi proibitivi, interessando esso addirittura l’intera popolazione. La quale ha, sì, ben dimostrato di non essere stata così tonta da farsi turlupinare (almeno il 70% ha avuto buon occhio, col 30%, in omaggio al Cipolla, di sprovveduti). Tuttavia il reato potrebbe essere stato commesso, visto che l’articolo 661 recita: «Chiunque [...] cerca di [...]. Attendo cortese risposta dai giuristi: c’è stato reato?