2025-08-13
Zelensky ritorna attore: «In Alaska vertice inutile». Ma Kiev apre alla resa
Volodymyr Zelensky (Ansa)
L’ex comico stronca (in pubblico) il bilaterale di Ferragosto fra Trump e Putin: «Senza di me non si decide la fine della guerra». Fonti Ue: cederà i territori ai russi.L’operazione militare speciale è frutto delle provocazioni occidentali (con la regia degli Usa di Biden) iniziate con il sostegno alla rivoluzione ucraina contro il governo filo-Mosca.Lo speciale contiene due articoli.Dopo essere stato escluso ufficialmente dal vertice in Alaska, il leader di Kiev, Volodymyr Zelensky, continua a esprimere tutto il suo scetticismo sul bilaterale tra il presidente americano, Donald Trump, e l’omologo russo, Vladimir Putin. Il capo dello Stato ucraino ha avvertito che l’incontro è meramente «una vittoria personale» dello zar. Da una parte Zelensky ha riconosciuto che il summit può essere «importante per il percorso» tra Washington e Mosca, dall’altra ha però puntualizzato che non può decidere le sorti della guerra: «Parlare dell’Ucraina senza l’Ucraina è impossibile». E sempre nel tentativo di tirare acqua al suo mulino, ha dichiarato su X che Mosca «non si sta preparando a porre fine alla guerra» visto che «sta compiendo movimenti che indicano la preparazione per nuove operazioni offensive». Tra l’altro ha comunicato ai giornalisti che i soldati ucraini non si ritireranno dal Donbass. E se questo è l’approccio adottato pubblicamente dal presidente ucraino, pare invece che dietro le quinte la sua posizione sia ben diversa. Secondo alcune indiscrezioni europee riportate dal Telegraph, infatti, Zelensky sarebbe disposto a congelare le linee del fronte: vale a dire che a Mosca sarebbe consentito di mantenere le zone già occupate nelle regioni di Donetsk, Zaporizhzhia, Luhansk e Kherson, oltre alla Crimea. E in cambio Kiev mira a ottenere, sotto l’ombrello delle garanzie di sicurezza, forniture di armi e il percorso di adesione alla Nato.Le sue dichiarazioni non stanno comunque ostacolando i preparativi sul vertice in Alaska: il tycoon partirà venerdì mattina per arrivare ad Anchorage, ovvero la città che farà da cornice all’incontro. «L’obiettivo» è «avere una migliore comprensione di come possiamo porre fine a questa guerra» ha detto la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. Sembra che Washington non si aspetti una svolta dall’incontro con Putin, ma ritiene che sia comunque «l’inizio di una nuova fase». A rivelarlo è Politico: un funzionario dell’amministrazione americana ha spiegato che lo scopo del bilaterale è capire la serietà o meno di Putin sulla pace. È quindi fondamentale «fidarsi dell’istinto di Trump». La fonte ha anche ammesso che lo zar russo «ha offerto un piano»: non è detto che sia «realizzabile», ma almeno «c’è qualcosa sulla carta che mostra un progresso». Dopo il vertice di Ferragosto, la speranza del presidente americano sarebbe poi quella di fissare un «incontro trilaterale» con Zelensky, ha comunicato Leavitt. In tal senso, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dato la sua disponibilità a Zelensky per organizzare un summit tra Kiev, Washington, Mosca e Ankara. Tornando al presente, non tutti hanno accolto positivamente l’organizzazione del bilaterale nello Stato americano più vicino alla Russia: domani è prevista una protesta proprio ad Anchorage per esprimere il dissenso contro Putin e sottolineare il supporto a Kiev. Sul fronte europeo, le attenzioni di Bruxelles oggi saranno tutte rivolte all’incontro virtuale con il tycoon e con il vicepresidente statunitense, J.D. Vance. Il formato della riunione prevede tre colloqui telefonici: il primo includerà Zelensky e i leader europei, al secondo si aggiungeranno Trump e Vance, mentre il terzo prevede la presenza di Stati che sostengono Kiev, quindi anche il Canada e il Regno Unito e probabilmente lo stesso presidente ucraino. E sempre oggi è atteso un altro meeting coordinato dalla Coalizione dei volenterosi a cui parteciperà il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma a distanza di due giorni dal Summit, l’Ue, dopo essere stata messa all’angolo, prende tempo nonostante il tour de force diplomatico. Ecco dunque che Bruxelles non prevede di convocare un Consiglio europeo straordinario dopo il summit in Alaska, ma semplicemente attenderà gli sviluppi. D’altronde, un portavoce della Commissione Ue ha reso noto che è «prematuro» affermare che ci sia «un cattivo accordo» per Kiev nel summit in Alaska. Intanto, le tensioni di Bruxelles proseguono con l’Ungheria: è l’unico Paese Ue che non ha firmato una dichiarazione congiunta che afferma: «Il percorso verso la pace in Ucraina non può essere deciso senza l’Ucraina». Il premier ungherese, Viktor Orbán, intervenendo in merito, ha commentato su X che l’Ue non deve «dare istruzioni dalla panchina». Con la guerra che è «nel nostro cortile», Orbán ha poi spiegato le ragioni del suo rifiuto al settimanale Mandiner: non poteva firmare la dichiarazione dato che Budapest non appoggia l’adesione dell’Ucraina all’Ue, inoltre considera illogico esprimere una posizione su un vertice in cui Bruxelles è stata esclusa. Proprio per questo il premier ungherese ha ribadito la necessità di «un vertice tra Russia e Unione europea». E mentre i leader europei si consultano e tentano di agire all’unisono, sul fronte dell’opinione pubblica emergono invece pareri discordanti dalla linea governativa. Nella Germania guidata dal cancelliere tedesco, Friedrich Merz, per esempio, da un sondaggio per il «Trendbarometer» delle emittenti Rtl e N-tv, è emerso che il 53% dei cittadini tedeschi è favorevole alla cessione a Mosca dei territori occupati in cambio della pace.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/zelensky-trump-putin-2673880106.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="piazza-maidan-donbass-e-sanzioni-il-piano-fallito-per-eliminare-lo-zar" data-post-id="2673880106" data-published-at="1755070986" data-use-pagination="False"> Piazza Maidan, Donbass e sanzioni. Il piano fallito per eliminare lo zar Nel 2014 un colpo di Stato ingiustificato sovvertiva il governo di Kiev, regolarmente eletto nel 2010. Era un governo filorusso, come filorussa era la schiacciante maggioranza del Paese. Quella avanzata dai golpisti era un’istanza che avrebbe potuto risolversi democraticamente con le elezioni dell’anno successivo. Ma i golpisti erano visceralmente anti russi, furiosi per le regioni che decidevano di separarsi dall’Ucraina unilateralmente con un referendum.In particolare, lo faceva il Donbass, che così diventava teatro di guerra civile, subendo anche bombardamenti dal governo centrale di Kiev. L’ultimo, il 17 febbraio 2022, fu seguito dalla richiesta di aiuto al Cremlino da parte dei russi d’Ucraina. Come sappiamo, Mosca decise di intervenire una settimana dopo.Il successivo 2 marzo, sulla Verità, titolavamo: «La soluzione è una sola, il compromesso», sostenendo che l’Ucraina avrebbe dovuto rinunciare definitivamente alla Nato, concedere al Donbass le autonomie desiderate, e rivedere le proprie politiche discriminatorie verso i russofoni. Visto che nulla accadeva secondo i nostri ingenui auspici, il 10 marzo 2022 ci toccava titolare: «Ora Mosca alzerà il prezzo» e il 22 marzo: «Zelensky si arrenda per salvare il Paese». Passano due anni - siamo all’8 marzo 2024 - e insistevamo: «Per la pace è necessaria l’indipendenza del Donbass», e il 16 giugno imploravamo: «Basta col massacro, e Kiev rinunci alla Nato».Salvo un ingigantimento del conflitto oltre i limiti che non voglio neanche pensare, il risultato finale sarà per l’Ucraina ben peggiore di quello che avrebbe potuto ottenere nel marzo 2022. Ora, viene spontaneo chiedersi perché è successo tutto questo. Forse ci sono forze caotiche impossibili da controllare, e se è così non possiamo che prendere atto della limitazione della nostra natura umana; oppure qualcuno programma e guida? Anche se mi son fatto un’idea, al momento sappiamo solo che Donald Trump e Vladimir Putin dovrebbero incontrarsi in Alaska. Scelta meravigliosa: sarà come incontrarsi sia negli Stati Uniti che in Russia, visto che l’Alaska è la regione più russa di tutta l’America. Anzi era russa finché Mosca, nel 1867, non la vendette agli Usa.Ogni persona che si dice volere la pace - o comunque di buon senso - tirerebbe un respiro di sollievo, tratterrebbe il fiato e incrocerebbe le dita. Ma, se mai non ce ne fossimo già accorti, a Bruxelles non sembra ci siano persone di buon senso: «niente pace senza Zelensky», strilla Ursula von der Leyen. Il che significherebbe rimandare sine die la chiusura del conflitto. Uso il condizionale perché per fortuna, per la pace (e per nostra disgrazia), Ursula e l’intera Ue in questa faccenda contano meno di zero. E lo affermo non da persona studiata, ma da spassionato osservatore: è piuttosto evidente come, in questi oltre tre anni, l’Ue ha contato meno di zero, quindi non si capisce perché dovrebbe essere diverso ora.L’idea che mi son fatto - ritengo sostenuta da numerosi indizi - è questa: gli Stati Uniti di Joe Biden sono quelli che hanno voluto, iniziato e foraggiato la «questione Ucraina», e gli americani sono gli unici che possono concluderla. Come ebbe a dire tre anni fa Maurizio Belpietro, questa è una guerra per procura. Iniziata come guerra contro la Russia, ma combattuta dagli ucraini: voleva avere lo scopo di sovvertire il regime di Mosca, che avrebbe dovuto capitolare con le sanzioni. Ma, di tutta evidenza, Putin si è invece riorganizzato, ha stretto alleanze e parato il colpo delle sanzioni. Queste lo hanno aggredito come aggredisce un boomerang, cioè tornando indietro verso (o, direi meglio, contro) il lanciatore, colpendo però, e di brutto, la sottomessa Unione europea.Gli attori di questa disgraziata vicenda, quindi, sono Washington e Mosca. Tutti gli altri sono irrilevanti spettatori; massimamente lo sono Volodymyr Zelensky e Ursula von der Leyen. E non saranno certo costoro a dire a Donald Trump chi egli debba invitare a casa propria, in Alaska, per chiudere una questione - quella Ucraina - che è stata pensata, iniziata e finanziata da Washington: solo Washington può chiuderla. Successive all’annuncio dell’incontro di Ferragosto - in un luogo che più lontano da Kiev e dalla Ue non si poteva - le dichiarazioni di Kiev e della Ue sono state solo bellicose, un motivo di più per tenerli entrambi lontani dall’Alaska.Zelensky, poi, di motivo ne avrebbe uno di più per stare lontano: egli è, e da un pezzo, un presidente scaduto, perfino recentemente contestato apertamente in patria. Non sappiamo come evolveranno le cose, ma Trump avrebbe gioco facile a chiudere questa guerra: gli basterebbe solo non metterci più neanche un dollaro e riconoscere le istanze di Mosca sulla sua sicurezza nazionale (cioè la neutralità militare e la de-militarizzazione della confinante Ucraina).Putin avrebbe anche solidi argomenti per sostenere il mantenimento dei territori conquistati: non ci fosse stata la provocazione occidentale, Mosca non avrebbe avviato la propria operazione militare speciale; e, si fossero riconosciute fin da subito le esigenze della sicurezza nazionale della Russia, l’operazione non sarebbe degradata a guerra. Il cui bottino - mi si conceda la parola, volgare come volgare è la guerra - resta disponibile, come in ogni guerra, a chi lo ha conquistato.