2025-11-25
Il piano di Trump sarà pure una resa ma l’alternativa sono altri massacri
Nessuna seria analisi militare contempla il trionfo di Kiev. Al massimo c’è spazio per poche migliorie suggerite dall’Ue.Il piano di pace per l’Ucraina messo a punto dai negoziatori americani con la controparte russa non mi piace. Ha ragione chi lo critica: l’accordo somiglia molto a una resa incondizionata di Kiev e a una vittoria totale o quasi di Putin. Un esercito ridotto, la rinuncia ai territori conquistati da Mosca, la mancata adesione alla Nato sancita nella Costituzione, le poche garanzie in caso di un nuovo attacco, l’amnistia per tutti i crimini di guerra, con impegno a non avanzare alcuna richiesta di risarcimento o a presentare denunce contro gli aggressori.Nei 28 punti c’è persino un capitolo dedicato alla tolleranza, dove le parti si impegnano a promuovere nelle scuole e nella società programmi di comprensione e uno che prevede le elezioni entro 100 giorni dalla firma del trattato. In Ucraina, ovviamente, non a Mosca. Manca solo la nomina dello zar di tutte le Russie a santo patrono per sancire la disfatta di Kiev e dell’Occidente che per quasi quattro anni ha sostenuto la resistenza di Volodymyr Zelensky e dei suoi connazionali. Ma una volta stabilito che il piano somiglia molto a una resa, qual è l’alternativa? Dopo 1.370 giorni di guerra, milioni di vittime e centinaia di miliardi di aiuti, la soluzione al problema ucraino non si intravede. Non c’è un orizzonte che delinei una possibilità di vittoria degli aggrediti contro gli aggressori. Non è contemplata da nessuna analisi militare occidentale la possibilità che i buoni trionfino sui cattivi. Per anni i media occidentali ci hanno nutrito con l’idea che sostenendo la resistenza ucraina con ingenti trasferimenti di armi e denaro, alla fine l’impero del male sarebbe stato battuto. A lungo ci è stato fatto credere che la strada del sostegno a Kiev fosse l’unica percorribile, perché nel Donbass e a Lugansk si stava combattendo per noi, per la sicurezza dell’Europa. Battuta l’Ucraina sarebbe stato il nostro turno a essere invasi. Dunque, nessun accordo era possibile con il nemico. Il risultato è una sconfitta dopo l’altra. Un bagno di sangue e di realismo a cui non eravamo preparati.Rileggendo la storia degli ultimi quattro anni molti errori sono stati compiuti. Sicuramente dall’una e dall’altra parte. Putin pensava che conquistare l’Ucraina sarebbe stata una passeggiata. I suoi carri armati sarebbero arrivati a Kiev in pochi giorni. Invece, con l’aiuto dell’intelligence occidentale, Zelensky e i suoi hanno ricacciato indietro l’Armata russa. Ma la vittoria di una battaglia non si è trasformata nella vittoria della guerra. Da marzo del 2022 è dunque cominciato un conflitto di logoramento, con milioni di feriti, centinaia di migliaia di morti, devastazioni d’intere città e distruzione di ogni cosa. Quella combattuta in Ucraina - dicono gli esperti di cose militari - è una guerra nuova, dove a far la differenza, più che gli uomini, i carrarmati, le navi e gli aerei sono i satelliti, l’intelligenza artificiale, i droni. È vero. Ma poi alla fine a decidere le sorti di una battaglia sono pur sempre i soldati. Gli eserciti sono fatti di persone e se una parte soverchia l’altra, alla fine c’è poco da combattere.Fra gli occidentali nessuno vorrebbe sottoscrivere la brutta pace scritta dai mediatori americani e russi. Ma qual è l’alternativa alle poche modifiche suggerite dall’Europa? Continuare a combattere? I primi a non volerlo sono gli stessi ucraini, che disertano a migliaia: più di 20.000 solo in ottobre. Continuare a donare altre decine di miliardi oltre ai 200 già spesi? È evidente che non esiste altra soluzione che negoziare, provare a fermare la guerra cedendo sovranità e territori. Certo, ripensando ai morti e ai feriti ucraini, c’è da chiedersi che senso abbia avuto il loro sacrificio. E qualcuno dovrebbe riflettere sul fatto che a marzo del 2022, quando l’Armata russa era stata respinta, forse un’altra negoziazione era possibile. Ma questo fa parte degli errori compiuti da parte dell’Europa e dell’America, convinte che a fermare Putin bastassero le sanzioni, il tribunale dell’Aja, le parole di condanna dei Paesi democratici. Oggi sappiamo com’è finita. Male. E adesso sotto accusa, invece che chi ha commesso errori, c’è il tentativo di raggiungere una tregua, con il rischio di prolungare la guerra e rendere completa la disfatta.
Concita De Gregorio (Ansa)
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