2025-11-25
Buone notizie dalla Cop30: la Ue ha perso la sua guerra su tagli a fossili e emissioni
La Cop30 di Belém, Brasile (Ansa)
Il vertice ospitato da Luiz Inácio Lula da Silva nel caldo soffocante di Belém si chiude con impegni generici. Respinti i tentativi del commissario Wopke Hoekstra di forzare la mano per imporre più vincoli.Dopo due settimane di acquazzoni, impianti di aria condizionata assenti e infuocati dibattiti sull’uso della cravatta, ha chiuso i battenti sabato scorso il caravanserraglio della Cop30. Il presidente del Brasile Luiz Inácio da Silva detto Lula ha voluto che l’adunata di 50.000 convenuti si tenesse nella poco ridente località di Belém, alle porte della foresta amazzonica, a un passo dall’Equatore. Si tratta di una città con 18.000 posti letto alberghieri mal contati, dove le piogge torrenziali sono la norma e dove il caldo umido è soffocante. Doveva essere un messaggio ai delegati: il mondo si scalda, provate l’esperienza. Insomma, le premesse non erano buone. E infatti la montagnola ha partorito uno squittìo, più che un topolino.Il comunicato finale, ribattezzato Global Mutirão (espressione brasiliana che indica un’azione collettiva) prevede l’impegno generico per nuovi sforzi per la transizione. La presidenza della Cop avvierà una nuova iniziativa volontaria per accelerare l’attuazione delle azioni necessarie a limitare il riscaldamento globale.L’accordo però omette di menzionare esplicitamente l’abbandono dell’uso di petrolio, gas e carbone, e neppure vi sono piani o date per tale abbandono. Vittoria degli Stati petrolieri e della lobby del petrolio, dicono alcuni come sempre. Ma non risulta che la Cina, ad esempio, si sia dannata per far approvare questo passaggio, essendo il maggior consumatore mondiale di idrocarburi e carbone.In realtà, nel comunicato finale, pieno delle solite invocazioni a fare di più e richieste di denaro, si segnala la grande vittoria cinese: una sonora bacchettata all’Ue sul Cbam. Si tratta del noto meccanismo che impone una tassa sulle importazioni di beni provenienti da Paesi il cui prezzo dell’anidride carbonica è inferiore a quello europeo. La regola viene stigmatizzata come «azione commerciale unilaterale» che penalizza le esportazioni verso l’Ue da parte di altri Paesi (e di quali, se non la Cina?). Le misure adottate per combattere il cambiamento climatico, si dice nel documento, «non dovrebbero costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata o una restrizione mascherata al commercio internazionale».Un sonoro schiaffo alla maestrina Ue, insomma, e una dimostrazione del soft power cinese, che riesce a tutelare la propria agenda convincendo il resto del mondo che la tassa europea è un dazio mascherato. Si tratta in fondo di un richiamo alla realtà, per l’Unione europea. Se c’è l’intenzione di mettere dazi sulle merci cinesi, lo si faccia senza camuffarli da aiuto al pianeta, sembra dire Pechino.La débâcle europea non è finita qui. Sabato, poche ore prima dell’accordo, lo scravattato commissario al clima Wopke Hoekstra ha twittato impettito che l’Ue non avrebbe mai sottoscritto la bozza di accordo che era in discussione. Salvo poi fare retromarcia poche ore dopo, accettando l’ennesimo compromesso al ribasso privo di reale portata. Il riferimento di Hoekstra era soprattutto alla mancanza, nel documento finale, di una roadmap per allontanarsi dai combustibili fossili, che alla fine, infatti, non si è vista. Rispetto alla Cop28 di Dubai, due anni fa, si tratta di un netto passo indietro per le ambizioni dei Net Zero.Altra sconfitta per l’Ue, più ideologica, è il fatto che nel documento finale l’adattamento sia finalmente salito di priorità, rispetto alla prevenzione. La dichiarazione finale adottata sabato prevede di triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2035 rispetto ai livelli del 2025, per un importo pari a circa 120 miliardi di dollari. Pochissimi rispetto alle reali necessità, ma finalmente una cosa sensata, che si scontra con l’estremismo climatico europeo, tutto teso a evitare le emissioni senza alcuna strategia di adattamento.Infine, la Cina l’ha spuntata anche sui minerali critici. Durante la discussione era emerso il tema dei pericoli dell’estrazione e lavorazione dei minerali critici per la transizione e un gruppo di Paesi aveva presentato una bozza di decisione sui rischi associati.Il gruppo, capeggiato dall’Ue e dal Regno Unito, si preoccupava dell’impatto ambientale delle catene di approvvigionamento di rame, cobalto, nichel, litio e altri minerali che sono ingredienti essenziali nei pannelli solari, nelle batterie e in altre tecnologie per l’energia green. Per una volta, l’Ue stava facendo una cosa giusta. Ebbene, questo documento sui materiali critici non è stato inserito nel comunicato finale, anzi, non ve ne è proprio traccia da nessuna parte. Ovviamente, la Cina sarebbe stata molto danneggiata se questo fosse stato adottato dalla Cop, poiché chiedeva la tracciatura delle filiere e la valutazione dell’impatto ambientale, e sappiamo che la Cina è monopolista di fatto per gran parte di questi materiali.Di fronte al vuoto dei risultati di Belém, il Brasile ha detto che nel corso dell’anno lavorerà a due iniziative per combattere la deforestazione e abbandonare i combustibili fossili, iniziative che saranno la traccia per i colloqui della Cop31 in Turchia. Sarà, ma forse il Brasile ha un problema interno, legato alla erosione della foresta amazzonica sul proprio suolo (il disboscamento prosegue) e alla produzione di petrolio, che in Brasile ha appena raggiunto livelli record.Unico reale risultato in senso proprio della Cop30 è stato il riconoscimento del territorio originario di Kaxuyana da parte del governo brasiliano, dopo una lunga lotta dell’omonima popolazione indigena per vedersi riconosciuti i danni delle deportazioni subite ai tempi della giunta militare. Una questione interna brasiliana, dunque, che ha più a che fare con il rispetto della vita umana che con il clima.