Verrebbe da dire che il Csm si è perso nel bosco delle sue stesse assurdità. E non sa tornare. Si dice che la legge si eserciti in nome del popolo sovrano, ma è proprio quel popolo sovrano che si sta spaccando sulla decisione dei magistrati di togliere i bambini alla famiglia nel bosco. La politica stavolta viene dopo, a rimorchio, perché siamo di fronte a un discorso molto più profondo circa i modelli educativi: è ancora possibile sottrarsi al modello dominante senza per questo né infrangere la legge né fare del male ad alcuno? Mentre la politica non riesce a portare al voto nemmeno la metà degli aventi diritto e la magistratura non gode di fiducia, la discussione che più appassiona in famiglia è proprio questa della famiglia che viveva felicemente nel bosco, ma ai cui genitori è stata sospesa la patria potestà.
Non tolgono i bambini a quei rom che li usano per truffe, borseggi, furti; li tolgono alla famiglia nel bosco. Tanto per dirne una. Ma tutto questo evidentemente diventa lesa maestà (perché ormai i magistrati si sentono intoccabili) e così ecco l’ultima, disperata mossa del Csm: chiedere la pratica a tutela dei magistrati del Tribunale dei minorenni che hanno giudicato sui figli di Catherine e Nathan. Le povere vittime sono i giudici, perché loro hanno agito «nell’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla giustizia minorile, tipiche attribuzioni dell’autorità giudiziaria minorile» e perseguono «esclusivamente finalità di protezione dei bambini coinvolti».
Protezione? Ma è protezione o è la visione «etica» di come si debba vivere? Perché è di questo che la gente parla e, quindi, parlano anche i politici (del centrodestra perché sul fronte del centrosinistra tutto tace, non essendoci di mezzo questione Lgbt+). «Alcune dichiarazioni pubbliche hanno definito la decisione come un “sequestro” di minori, l’hanno qualificata con espressioni fortemente denigratorie e hanno annunciato iniziative ispettive e interlocuzioni dirette con i giudici investiti del procedimento». Tali affermazioni «finiscono per colpire direttamente l’operato dei magistrati del Tribunale per i minorenni, esponendoli a una indebita pressione anche mediatica. In particolare, da alcune dichiarazioni, appare del tutto ignorata la natura delle decisioni di protezione dei minori, che spesso incidono in modo doloroso sulla vita delle famiglie e sono gravose anche per i magistrati chiamati ad assumerle».
E chi stabilisce che siano a protezione? Il ministero dell’Istruzione ha garantito che non vi è vulnus del diritto allo studio. Dunque, è altro ad aver mosso la decisione e cioè: vivere in simbiosi con la natura coincide con una incapacità a relazionarsi. Secondo i giudici, sì. «L’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (articolo 2 della Costituzione), produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore». «La deprivazione può limitare la possibilità di ricevere conferme e valorizzazione dai coetanei, riducendo l’autostima e la motivazione all’impegno scolastico». È su questo che l’opinione pubblica si è spaccata. Il Csm e quei giudici hanno tolto i bambini perché pensano che vivere a contatto con la natura, con gli animali, sia lesivo del diritto alla vita di relazione e che ciò possa portare a «gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore».
Ma queste persone che indossano abiti strani nelle cerimonie più importanti (i magistrati...) li vedono i bambini nei luoghi pubblici? Li vedono nelle scuole? La stragrande maggioranza dei bambini si consuma tra tablet, smartphone, Intelligenze artificiali, domotica e pretendiamo di costruire un modello «sano» nei confronti di chi vive nel bosco, accarezza gli animali, sa riconoscere le piante e pure le costellazioni? Ma il Csm lo ha letto il rapporto di Save the children per cui il 42% dei ragazzi tra 15 e 19 anni chiede aiuto all’Intelligenza artificiali nei momenti di tristezza, solitudine, ansia, e chiede consigli su scelte, relazioni, sentimenti? E allora, davvero, un giudice pensa che stare a contatto con la natura nel bosco e non andare in una classe «può limitare la possibilità di ricevere conferme e valorizzazione dai coetanei, riducendo l’autostima e la motivazione all’impegno scolastico»?
A questi giudici dico: tra qualche settimana ci saranno le famose cene per scambiarsi gli auguri, guardate i bambini quanto socializzano e quanto invece stanno piegati sui telefonini.







