
Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti: «Solo il 30% degli edifici in regola, ma li monitoreremo dal cielo con l'Agenzia spaziale. Le 57.000 assunzioni di insegnanti che erano state annunciate da Renzi? Non ci sono». Ministro, si torna a scuola. E cominciano le solite notizie… «Purtroppo le conosco bene». Leggo: Ascoli, scuola al via nel caos. Rovigo, penuria dei docenti… Siamo alle solite? «Sì. Situazione che si ripete da tempo». E perché? «La mancanza di alcuni docenti è quasi fisiologica». Fisiologica? «Le faccio un esempio: oggi siamo in una scuola media e abbiamo nove prime e dunque nove insegnanti di lettere. Tra tre anni, magari, ho più iscrizioni e dunque me ne servono dodici…». Ma ci saranno tre insegnanti in più da un'altra parte… «Sì, ma è meglio avere un delta di bisogno che un delta di eccesso, come accadeva negli anni Ottanta». Perché? «Perché altrimenti ci sarebbero costi in più per lo Stato». Stiamo parlando di 80.000 supplenti… «Ma su quanti insegnanti? 700.000. Sono poco più del 10 per cento». La percentuale sale sui dirigenti scolastici: ne mancano quasi il 25 per cento, un quarto. «Sì, ma qui c'è una novità». Ce la dica. «Come si colmano le mancanze di dirigenti scolastici?». Con le reggenze. «Esatto. Quindi ci sono dirigenti scolastici che oltre la propria scuola curano un'altra scuola». Alcuni anche più di una. «Stiamo lavorando perché il dirigente che cura più di una scuola abbia un vicario, un suo insegnante che si distacca e collabora con lui». Il vicario se lo sceglie lui? In autonomia? «Sicuro. Abbiamo fatto anche quattro conti di quanto costa quest'operazione». Risultato. «Sessanta milioni. Forse riusciamo a ricavarla con risorse nostre interne, senza chiedere ulteriori stanziamenti». Questo per i dirigenti. E per gli insegnanti? «Qui la strada è più lunga. Bisogna stabilizzare gli organici». Ma scusi la domanda ingenua: non erano state annunciate dal governo Renzi 57.000 assunzioni? Dove sono finite? «Non ci sono». Ma come non ci sono? «Non ci sono proprio. Fisicamente. Prenda il sostegno: abbiamo 13.000 assunzioni da fare che non si riescono a completare perché non ci sono gli specializzati». Sta parlando di insegnanti di sostegno. «Vale anche per gli altri. Matematica, persino lettere. L'anno scorso a Milano ne mancavano 600». E lei che cosa pensa di fare? «Bisogna fare una mappatura totale dei bisogni per vedere dove ci sono posti disponibili. Su questo vogliamo essere molto chiari». Quindi si faranno concorsi su base territoriale? «Concorsi indicando le disponibilità nelle regioni. Uno deve sapere all'inizio dove ci sarà posto». E quando accadrà tutto ciò? «Per le secondarie, c'è un codicillo della buona scuola che ci obbliga a un percorso lunghissimo. Per primarie saremo più veloci». C'è un'altra preoccupazione che hanno i genitori: che la scuola non caschi in testa ai loro figli. «Sull'edilizia scolastica abbiamo dati, che presto pubblicheremo, piuttosto preoccupanti». Lo sospettavamo. «In buona sostanza solo il 30 per cento delle scuole è in regola con la certificazione antincendi. Solo il 50 per cento per documento valutazione rischi. Solo il 50 per cento per impianti elettrici». Con quello che è successo a Genova c'è poco da stare tranquilli. «Ce ne stavamo occupando già prima. E abbiamo recuperato, tra le risorse non spese, 7 miliardi. Li faremo arrivare ai Comuni, attraverso le Regioni, per intervenire subito». Intanto resta la paura. «Ma qui introdurremo una grande innovazione: controlleremo con i satelliti». Con i satelliti? «Lei sa che dal mio ministero dipende l'Asi, l'Agenzia spaziale italiana? Bene: ho scoperto che l'Asi ha quattro satelliti, di cui due civili che monitorano ogni 15 giorni tutti gli edifici». C'è un satellite che tiene sotto osservazione i nostri edifici? «Sicuro. Costellazione Cosmo Skymed. È in grado di misurare lo spostamento degli immobili al decimo di millimetro». Pazzesco. Non lo sapevo. «In effetti nessuno lo sapeva». Le scuole saranno tenute sotto controllo dai satelliti dell'Asi? «L'Asi fornirà le immagini, il Cnr (che pure dipende dal Miur)) li elaborerà». Finalmente il Cnr si renderà utile al Paese… «Il Cnr ha le risorse umane e tecniche in grado di elaborare quelle immagini e darci ogni 15 giorni la fotografia dei 40.000 edifici scolastici. Così sarà possibile prevenire situazioni a rischio». Quando sarà operativo questo sistema? «Ho fatto la prima riunione. Tra un mese e mezzo avremo i primi dati». Ma questo sistema potrebbe essere usato anche per altre strutture? «Potrebbe». Si tratta di una rivoluzione incredibile. «Una novità assoluta. Penso a livello mondiale». Sul resto lei è assai meno rivoluzionario. È uno dei pochi ministri dell'Istruzione che arrivando non lancia la riforma con il suo nome… «Perché annunciare riforme che poi non si riescono ad attuare? Serve solo a creare confusione». È il caso della buona scuola. Che lei sta smontando pezzo a pezzo. Con il cacciavite. Dopo la chiamata diretta, adesso punta all'alternanza scuola-lavoro. «L'alternanza scuola-lavoro è utilissima per gli studenti, ma c'era anche prima della buona scuola». E allora che cosa cambia? «Intanto bisogna abbassare il numero delle ore per cercare di farla meglio. Con 400 ore si sono costrette le scuole a inventarsi le cose più incredibili. E inutili». E poi? «Poi bisogna ridurre il peso della medesima nella valutazione alla maturità». A proposito di maturità: cambierà altro? «Per quest'anno ci fermiamo lì. Il prossimo anno ci pensiamo». Ha annunciato che rinnoverà il contratto degli insegnanti. «Meglio non dire che cosa hanno fatto con quel contratto». Invece lo dica. «Hanno preso i soldi della valutazione (100 milioni) per far propaganda elettorale. Distribuiti a pioggia come se fossero un aumento…». Quei soldi sono finiti... «Sì, al 31 dicembre non ci saranno più». Ma secondo lei è possibile introdurre stipendi in base al merito nella scuola? «In teoria sì. In queste condizioni, no. Prima bisogna strutturare gli organici in modo definitivo». Niente meritocrazia? «So che sarebbe facile riempirsi la bocca con i soliti proclami. Ma chi è che va a valutare?». Quindi con il rinnovo del contratto si cercherà innanzitutto di rimediare agli errori del recente passato. «Sarebbe giusto aumentare gli stipendi. Vediamo cosa possiamo fare. Ci si scalda con la legna che si ha». Però c'è un problema di prestigio degli insegnanti. Molti rischiano la vita quando danno un'insufficienza. Le pare possibile? «Alla scuola manca identità, senso di appartenenza». D'accordo. Ma che si fa? «Bisogna riconoscere i ruoli. Una squadra di calcio non vince se l'ala destra a metà partita si scambia con il portiere». Che vuol dire? «Avvieremo la riforma del testo unico e degli organi collegiali». Pensa a ridurre il peso dei genitori nei consigli d'istituto? «Penso a dare un ruolo giusto a tutti. E magari a far entrare gli enti locali». Alcune domande a raffica. Settimana corta, dal lunedì al venerdì: favorevole o contrario? «Favorevole». Così si farà amare dagli studenti. Le do la possibilità di farsi amare ancora di più: come la vede sui compiti a casa? «Non bisogna eccedere. Sa qual è il mio sogno?». Ovviamente no. «L'armadietto nelle scuole». L'armadietto? «Non capisco perché c'è nelle scuole d'infanzia e poi sparisce». Sarebbe utile? «Ridurrebbe il peso dello zaino, abituerebbe a custodire le proprie cose, a rispettare quelle altrui». Si faccia amare dai genitori: come si deve andare vestiti a scuola? «Parlavamo di rispetto degli insegnanti, ci vuole anche rispetto per le istituzioni. La moda è moda, ma ci vuole attenzione». Niente jeans strappati. «A me non piacciono, ma rispetto la libertà di tutti. Sempre con decoro, però». Si era parlato di alzare l'obbligo di istruzione a 18 anni. «Non è sul tavolo. Richiederebbe una riforma complessiva». La trovo molto sereno. «Certo, perché non dovrei?». Ogni ministro dell'Istruzione è finito nella bufera… «Lo so, ma l'impatto con l'incarico è stato davvero buono. In fondo stavo già nell'amministrazione». Beh, fare il provveditore a Milano è un po' diverso… «È come passare dalla Smart alla Ferrari». Ma una certa abitudine alla guida c'è. «Mi sono fatto le ossa». Lei è laureato in scienze motorie, insegnante di educazione fisica. Come si rimette in forma la scuola? «Bisogna sempre tenere presenti i due principi cardine degli educatori». E cioè? «Dal semplice al difficile, dal globale all'analitico. Senza affidarsi al libro dei sogni». Ma se dovesse darsi un obiettivo principale? «Una scuola che metta al centro lo studente. E che sappia far emergere le sue attitudini». Le attitudini? «Sì, oggi la scuola punta sulle capacità e si dimentica di far emergere le vocazioni, gli interessi…». Dice che potrebbe saltare fuori qualcosa che appassiona anche la mia figlia diciottenne? «Dovrebbe». La speranza è l'ultima a morire. «Non lo dica a me».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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