2025-10-30
Riforma Nordio all’ultimo scalino, la battaglia però è già sul referendum
Alle 12 vota il Senato, poi la palla passerà alle urne. Il governo non vuole imitare Renzi, mentre il Pd parla di assalto alla Carta.Oggi si conclude la prima parte del percorso di riforma della giustizia fortemente voluto dell’esecutivo Meloni, che mira ad accelerare i processi e snellire la macchina giudiziaria, con l’obiettivo di ridurre i tempi processuali del 25% entro il 2026. Il testo ruota attorno a tre principi chiave: separazione delle carriere, sorteggio delle nomine, istituzione di una corte disciplinare.Il Senato oggi voterà la riforma. Dopo il sì alla Camera arrivato lo scorso luglio manca infatti solo quello di Palazzo Madama, ma anche se si prevede qualche senatore di opposizione che potrebbe votare a favore, l’esito del voto appare scontato. Così come a Montecitorio risulterà una maggioranza semplice, si chiude il sipario dell’Aula e si dà la parola ai cittadini. A quel punto le regionali saranno sembrate uno scherzo rispetto alla vera battaglia politica che attende i partiti. Ma dal momento che il premier, Giorgia Meloni, non intende personificare il voto come fatto da Matteo Renzi in passato, sarà difficile ipotizzare che un eventuale batosta sull’esecutivo. Al contrario, in caso di vittoria, aiutata anche dall’assenza del quorum, Meloni incasserebbe un successo storico che chiuderebbe in bellezza il mandato. C’è anche chi ipotizza che possa decidere di andare al voto l’autunno prossimo, anticipando la fine della legislatura, per massimizzare il consenso. Il Pd vuole dare battaglia, ma dopo l’assemblea dei gruppi dem in Parlamento, si è intuito che l’approccio è quello della cautela. Le anime sono diverse certo, ma anche Elly Schlein si sarebbe convinta ad abbassare i toni. Per i dem più moderati il no alla riforma deve essere motivato soprattutto con una tesi: la riforma non risolve, come chiesto anche dall’Ue, la lentezza dei processi. Il vero motivo però è un altro. Cosa succede se il Pd decide di mettere in campo una dura battaglia e poi la perdesse? Per Schlein sarebbe la fine. Per questo il Nazareno punterà sulla «difesa della Costituzione», accusando l’esecutivo di volere riequilibrare i poteri. Ad ogni modo oggi è l’ultimo miglio: le dichiarazioni inizieranno alle 10.30 e il voto sarà intorno alle 12. L’Anm invece ha dimostrato di essere solo all’inizio di una dura opposizione. Nessuna novità: i magistrati hanno storicamente dimostrato di esser contro ogni tipo di riforma che li possa riguardare. Per quanto riguarda i contenuti, la magistratura resta unica, le carriere invece si separano tra requirente e giudicante. Si divide anche il Csm in due Consigli superiori della magistratura. Entrambi «presieduti dal capo dello Stato; ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione». Il resto dei componenti si estrarrà a sorte, il che rappresenta la fine del voto e quindi la fine delle correnti della magistratura. I componenti dei due Csm «durano quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva». La giurisdizione disciplinare nei riguardi di tutti i magistrati «è attribuita all’Alta Corte disciplinare» composta da 15 membri: tre nominati dal presidente della Repubblica; tre estratti a sorte da un elenco di giuristi che il Parlamento in seduta comune «compila con elezione»; sei estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con 20 anni di attività e con esperienze in Cassazione; tre sorteggiati tra i magistrati requirenti con 20 anni di attività e esperienza in Cassazione. I togati sono quindi la maggioranza, ma il presidente viene eletto tra i laici. Durano in carica quattro anni, l’incarico non è rinnovabile. E ancora: «Le sentenze sono ricorribili solo davanti alla stessa Corte che giudicherà in secondo grado in una composizione diversa rispetto al primo. Le sentenze non sono impugnabili in Cassazione come prevede l’articolo 111 della Costituzione. Una legge ordinaria disciplinerà gli illeciti disciplinari, le sanzioni, la composizione dei collegi, il procedimento e il funzionamento dell’Alta Corte.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)