2024-04-26
Sui rider onere della prova alle app
La direttiva Ue sulle piattaforme prevede che siano le società a dimostrare che i fattorini sono autonomi e non subordinati. L’Ugl: «Testo accettabile, ma ora tocca agli Stati».Il Parlamento europeo ha dato il via libera finale alla direttiva sui lavoratori digitali con 554 voti favorevoli, 56 voti contrari e 24 astensioni. L’obiettivo principale delle nuove norme è quello di distinguere un lavoratore digitale autonomo da uno subordinato. Direttiva legata al fatto che la digitalizzazione sta cambiando il mondo del lavoro e le tecnologie basate su algoritmi, compresi i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, hanno consentito la nascita e la crescita delle piattaforme di lavoro digitali e di nuove figure professionali. Un’analisi della Commissione europea del 2021 ha infatti rilevato che esistono più di 500 piattaforme di lavoro digitale attive e che il settore occupa oltre 28 milioni di persone, cifra che dovrebbe raggiungere i 43 milioni entro il 2025. Le piattaforme sono presenti in una varietà di settori economici: online con servizi come la codifica dei dati e la traduzione, e «in loco», come gli autisti e i rider. Una direttiva «accettabile» la definisce Gianluca Mancini, segretario nazionale Ugl rider, il sindacato che ha firmato il primo contratto collettivo nazionale del settore in Italia e in Europa (osteggiato dalla sinistra), visto che «non riqualifica il rapporto di lavoro», lasciando dunque la possibilità di fare i rider anche in maniera autonoma. Attualmente in Italia si può già scegliere di svolgere il lavoro di fattorino digitale anche in maniera subordinata e dunque rispettando determinate direttive dettate dall’azienda. Rispetto alla versione iniziale del testo, «che risultava essere più stringente» e indirizzata verso il lavoro subordinato, la versione votata dal Parlamento europeo «è di più ampio respiro anche perché è andata a regolarizzare tutti i lavori in piattaforme, come ad esempio i call center, e non solo i rider», spiega Mancini. La vera partita sulla questione subordinati o autonomi si giocherà però a livello nazionale. Una volta infatti che il testo della direttiva verrà pubblicato nella Gazzetta ufficiale Ue, gli Stati membri avranno due anni per recepirla all’interno del proprio ordinamento. Le direttive non obbligano uno Stato ad applicare norme precise, ma danno degli obiettivi da raggiungere. Il come e gli strumenti per ottenere il risultato sono i singoli governi a deciderli. Proprio per questo bisognerà «poi vedere cosa farà l’Italia», spiega Mancini, che precisa che un conto è se il governo deciderà di «rispecchiare la direttiva» un altro «se rimanderà alla contrattazione collettiva». Sono scelte diverse, così come il fatto che «l’Italia potrebbe fare una norma ad hoc per i rider» e un’altra per «regolarizzare tutti gli altri lavoratori del digitale». La direttiva Ue introduce dunque la presunzione di un rapporto di lavoro subordinato, rispetto a quello autonomo, quando sono presenti dei fatti che indicano il controllo e la direzione da parte della piattaforma digitale. Questa distinzione deve essere calata all’interno di ogni singolo Stato membro e dunque deve rispettare le norme presenti all’interno del diritto nazionale e dei contratti collettivi. Una novità rilevante all’interno della direttiva riguarda poi l’onere della prova, che spetta alle app: «Le piattaforme di lavoro digitali dispongono di un quadro completo di tutti gli elementi fattuali che determinano la natura giuridica del rapporto, in particolare degli algoritmi attraverso i quali gestiscono le attività. Pertanto, dovrebbero avere l’onere della prova quando sostengono che il rapporto contrattuale in questione non è un rapporto di lavoro», si legge nel testo. Questa novità implica dunque che in caso di controversia dovrà essere la piattaforma a provare che il rapporto di lavoro non può essere definito come subordinato perché non rispecchia i requisiti del controllo. Un punto da non sottovalutare e che potrebbe avere delle ripercussioni sul settore.