2018-03-21
Parigi fa dietrofront: ora blindiamo le acque minacciate
Sulla questione del trattato di Caen, con cui l'Italia ha ceduto alla Francia dei tratti di Mar Ligure e Mar di Sardegna, la linea del Pd di governo è il negazionismo a oltranza. L'altro ieri, il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, aveva definito la vicenda una «bufala» del web, ribadendo che «nessuno intende modificare i confini marittimi tra Italia e Francia». Dal canto suo, la Farnesina aveva diffuso una nota di tenore analogo, quasi certamente in risposta al comunicato con cui Giorgia Meloni, di Fratelli d'Italia, aveva denunciato la cessione ai francesi di zone di mare «molto pescose», oltre al «diritto allo sfruttamento» di un giacimento di gas, da tempo scoperto al largo delle coste sarde, annunciando altresì un esposto alla procura di Roma contro il premier Paolo Gentiloni. Secondo il ministero degli Esteri, infatti, l'accordo di Caen semplicemente non può entrare in vigore in assenza di una ratifica da parte del Parlamento italiano. Vero. Ma basta questo per comprendere che i timori sulla «svendita» del nostro mare non sono una fake news. Se sul trattato si deve esprimere l'autorità legislativa, infatti, è perché l'intesa siglata nel 2015 dall'allora ministro degli Esteri Gentiloni e dal suo omologo francese, Laurent Fabius, integra quelle «variazioni del territorio» che, in base all'articolo 80 della Costituzione, rendono necessario un pronunciamento delle Camere. E, a rigor di logica, un territorio può essere solo acquisito o ceduto. E se, come fece già notare la Farnesina nel febbraio 2016, una ridefinizione dei confini si rendeva necessaria per ottemperare alle disposizioni della Convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos), non si vede per quale motivo l'Italia, anziché salvaguardare i propri interessi nazionali, abbia regalato alla Francia acque pescose e una potenziale riserva energetica. Anzi, come sosteneva un articolo del marzo 2016, pubblicato sul sito d'informazione corso Corse net infos, proprio la ricerca di idrocarburi o gas naturale poteva spiegare la premura di Parigi per tale allargamento delle acque territoriali francesi. Inoltre, sulle pagine della Verità avevamo più volte rimarcato che i transalpini stanno agendo da almeno due anni come se Caen fosse a pieno regime. È noto il caso del peschereccio italiano Mina, che nel gennaio 2016 fu intercettato dalla gendarmeria marittima francese e sequestrato nel porto di Nizza, fino al pagamento di un riscatto di 8.300 euro, con l'accusa di aver praticato la pesca del gambero in acque francesi. Fu in virtù di quell'episodio, sul quale, comunque, le autorità transalpine ammisero il proprio errore, che gli italiani vennero a conoscenza del trattato firmato da Gentiloni e Fabius. Per di più, il 25 marzo, oltralpe, è prevista una consultazione pubblica per l'elaborazione di un documento strategico sul Mediterraneo e le cartine allegate ai quesiti recano già l'indicazione dei nuovi confini definiti da Caen. L'ambasciata francese a Roma si è scusata, promettendo che il materiale grafico sarà presto corretto. Anche il ministero della Transizione ecologica transalpino ha parlato lunedì di una cartina con «errori» subito corretta, spiegando che non c'è, da parte di Parigi, « la vocazione a modificare le frontiere marittime nel Mediterraneo». Anche se sembra evidente l'intenzione della Francia di procedere autonomamente, magari avviando, come prevedono le normative europee, una procedura di ratifica unilaterale. È altrettanto pacifico che, a questo punto, la palla deve passare al Parlamento italiano. Il quale, piuttosto che ignorare il problema, ingenerando il sospetto che il governo volesse attendere una deserta seduta agostana per ottenere un'approvazione sottotraccia del trattato, dovrebbe manifestare chiaramente qual è la volontà dei rappresentanti appena eletti. In teoria, difatti, le forze politiche sono tutte unanimi nel considerare inopportuna la cessione dei tratti marittimi alla Francia. In seguito al fermo del peschereccio Mina, ad esempio, il Movimento 5 stelle presentò un'interrogazione al Senato. La posizione del centrodestra sovranista è scontata. E persino una senatrice del Pd, Donatella Albano, si appellò a palazzo Madama, ricevendo una risposta dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, il quale tirava in ballo le lunghe trattative con il governo francese, per sopperire al vuoto giuridico determinato dalle sopravvenute norme della Unclos e già sottolineava l'assenza della definitiva ratifica parlamentare del trattato di Caen. In breve, per dissipare ogni dubbio su eventuali «bufale» e sulla buona fede dell'esecutivo dem, basterebbe riscoprire le basi della democrazia: riunire gli eletti e contare le teste. Al di là delle Alpi, se ne faranno una ragione. Scopri di più sul Trattato di Caen leggendo lo speciale firmato da Carlo Pelanda e Alessandro Rico, Il nostro mare non è perduto. La Francia si può fermare.
Jose Mourinho (Getty Images)