Bene i conti: giù spread e rapporto deficit/Pil, anche se sale il debito. La Borsa brinda. Pure su inflazione e lavoro i dati sono positivi: in 34 mesi, 1 milione di posti in più.
Bene i conti: giù spread e rapporto deficit/Pil, anche se sale il debito. La Borsa brinda. Pure su inflazione e lavoro i dati sono positivi: in 34 mesi, 1 milione di posti in più.Il governo guidato da Giorgia Meloni è in carica dal 22 ottobre 2022 e, oltre a essere il quarto esecutivo più longevo della storia repubblicana italiana, vanta anche alcuni primati ben più degni di nota.In oltre 1.000 giorni, l’indice Ftse Mib è cresciuto di quasi l’80% (muovendosi attorno ai 39.000 punti), riportando la Borsa italiana sui livelli precedenti la crisi finanziaria del 2008. È lecito dire che l’andamento della Borsa non dipende dal governo, ma è pur vero che questo è l’esecutivo più stabile in Europa: significa credibilità internazionale, che invoglia gli investitori esteri a scommettere sulle aziende italiane. E la corsa dei prezzi, che nel 2022 aveva toccato l’11,8% su base annua, si è gradualmente ridimensionata, arrivando, a giugno, all’1,7%. Il tutto, sommato a un evidente rigore sui conti pubblici, ha permesso al governo di incassare diversi riconoscimenti delle agenzie di rating. L’aprile scorso, l’agenzia S&P 500 ha migliorato il rating italiano da BBB a BBB+, con outlook stabile.C’è poi il dato sul Pil. In valore assoluto, nell’ottobre 2022 si aggirava sui 2.100 miliardi, oggi è 2.300. Questo, però, si lega anche ad altri dati econometrici. Il debito pubblico era di 2.771 miliardi di euro nell’ottobre 2022; oggi ha superato i 3.063 miliardi. In valore assoluto, un aumento di oltre 290 miliardi. Di pari passo, la crescita del prodotto interno lordo si è sgonfiata, passando dal +2,4% annuo di allora al +0,7% del 2024. Un rallentamento del 70% che però va messo in relazione con il boom del post Covid. Meno crescita, più debito? Beh, si tratta di una combinazione che però ha rilanciato il rapporto debito/Pil, passato dall’8,5% al 3,4%; anche se il numero è ancora insufficiente per smuovere l’Italia dalla procedura di infrazione aperta da Bruxelles. L’obiettivo dell’esecutivo è quello di portare il saldo tra entrate e uscite al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026. In soldoni, migliora il deficit ma non il debito.Ciò nondimeno, l’Economist ha inserito l’Italia al quinto posto nella classifica delle migliori economie del 2024. Il che è dovuto indubbiamente al calo costante dello spread. Al tempo della nomina del governo era a 236 punti; oggi, non solo il dato è calato sotto quota 100, ma si attesta addirittura a 87 punti base. Il settimanale britannico faceva una valutazione su 37 Paesi tra i più ricchi al mondo, sulla base di cinque parametri: Pil, mercato azionario, inflazione di fondo, disoccupazione e deficit primario. Ha quindi assegnato un punteggio sintetico e stilato una classifica: sul podio ci sono Spagna, Irlanda e Danimarca; medaglia di legno per la Grecia e, ultima della top 5, l’Italia. Già il quotidiano Milano Finanza rilevava, il mese scorso, come tolta Copenaghen dalla lista dell’Economist, tutti gli altri Paesi sono parte dei Piigs, sigla che comprende Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna: tutti visti da Bruxelles come meno parsimoniosi.Buoni i dati su lavoro e sul rapporto tra gli stipendi e l’inflazione. «Sotto il mio governo si è raggiunto il record di occupazione femminile», ha dichiarato la Meloni mercoledì mattina durante il suo intervento al Meeting di Rimini. Ed è vero. Secondo i dati Istat, a giugno di quest’anno in Italia il tasso di occupazione femminile era del 52,4%. Come è vero che «sono stati creati oltre un milione di nuovi posti di lavoro, la gran parte dei quali a tempo indeterminato». A confermare il numero è sempre l’Istituto italiano di statistica, che certifica come a giugno in Italia c’erano 24,3 milioni di occupati, oltre un milione in più rispetto a 34 mesi fa, quando si è insediato il governo. Contemporaneamente, gli occupati dipendenti a tempo indeterminato sono cresciuti di quasi 1,3 milioni di unità. In più, c’è la ripresa salariale: nel 2024, le retribuzioni contrattuali nel settore privato sono aumentate del 4%, mentre l’inflazione si è attestata all’1%, portando a un incremento reale delle retribuzioni pari al 3%. Anche se va detto che il recupero del potere d’acquisto rimane incompleto: tra il 2019 e il 2024, i salari sono aumentati del 9,1% a fronte di un’inflazione del 17,4%.
Eugenia Roccella (Getty Images)
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Ansa
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