(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputata di Fratelli d'Italia e vicepresidente del Parlamento europeo Antonella Sberna in occasione dell'evento «Mattei Plan for African and Global Gateway» sul Piano Mattei come motore di sviluppo per il futuro.
Lo ha detto l'eurodeputata di Fratelli d'Italia e vicepresidente del Parlamento europeo Antonella Sberna in occasione dell'evento «Mattei Plan for African and Global Gateway» sul Piano Mattei come motore di sviluppo per il futuro.
Ormai è diventato un mantra, una litania che la sinistra, con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che fa da apripista, ripete da giorni. È una legge di bilancio che diminuisce le tasse ai «ricchi», che dimentica le classi meno abbienti, una manovra squilibrata a vantaggio di pochi. La risposta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è che è stata effettuata invece un’operazione di riequilibrio a vantaggio del ceto medio, che nelle precedenti leggi di bilancio era stato sacrificato per concentrare risorse sulle famiglie in maggiore difficoltà. C’è quindi un filo conduttore che segna gli anni del governo Meloni, ovvero la riduzione complessiva del carico fiscale, come annunciato nel programma elettorale, che si realizza per tappe dovendo sempre rispondere ai vincoli di bilancio e agli obiettivi di rientro del deficit concordati con la Ue. Obiettivi che dovrebbero essere raggiunti con il calo del deficit sotto il 3% del Pil, in anticipo sulla tabella di marcia.
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Non pare vero alla sinistra di avere ora un modello Oltreoceano a cui ispirarsi. La vittoria di Zohran Mamdani a New York, con la sua ricetta di tassare i ricchi, ha ridato forza alla Cgil per riaprire il dibattito sulla patrimoniale. Il tema che fa parte del Dna della sinistra torna ciclicamente, fa capolino ogni volta che c’è da cannoneggiare una manovra economica considerata poco generosa con i ceti meno abbienti. E il programma con cui Mamdani è riuscito a conquistare la Grande Mela, che ha come pilastro un prelievo sui grandi patrimoni, è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, l’ha colta al volo e, cavalcando l’ondata di entusiasmo che il neo sindaco ha scatenato nella sinistra, ha ritirato fuori dal cassetto la proposta di una patrimoniale. Ovvero, un contributo straordinario dell’1% sui patrimoni superiori ai 2 milioni di euro. Secondo il sindacato, garantirebbe entrate fino a 26 miliardi di euro da destinare a sanità, scuola e lavoro. Il retropensiero di Landini è che se la proposta ha mietuto consensi nella capitale americana del business, si può rilanciarla in Italia, dove i soldi scarseggiano e la coperta dei finanziamenti è sempre corta. Tanto più che, secondo la narrazione del sindacalista, il governo si appresterebbe a stornare le poche risorse disponibili dalla sanità alle spese militari.

