2018-08-18
Non erano uova, silenzio sulle bombe alla Lega
Per la Procura di Treviso i due ordigni davanti alla sede del Carroccio sono «un atto di terrorismo». La notizia, però, ha trovato pochissimo spazio sui quei giornali che si indignarono per la «violenza razzista» contro Daisy Osakue. Rivelatasi una fake news del Pd.Due settimane fa, l'Italia si è fermata per un lancio di uova: a reti e testate (quasi) unificate, abbiamo assistito per giorni a interminabili e accorate prediche contro la violenza razzista nei confronti della discobola Daisy Osakue. Poi, quando è venuto fuori che l'uovo era «democratico», lanciato dal figlio di un consigliere Pd locale, la musica è rapidamente finita. Ora, quella stessa Italia della politica e dei media tace dinanzi a un lancio non di uova ma di bombe: e di bombe innescate per uccidere.Per questo erano state piazzate davanti alla sede leghista di Villorba, alle porte di Treviso. La sequenza immaginata dagli attentatori prevedeva un primo botto (una bomba carta collocata in cima alla scala anti incendio) per far accorrere militanti e forze dell'ordine, e poi una seconda esplosione (letale) di una pentola a pressione piena di esplosivo, chiodi e altri pezzi metallici. Secondo il piano dei criminali, il primo ordigno sarebbe servito come trappola-esca; mentre per innescare il secondo sarebbe bastato che qualcuno, accorrendo, avesse toccato il filo di nylon usato come innesco. Chiaramente, non un gesto solo dimostrativo: ma un'azione volta a colpire delle persone in modo devastante. Non a caso, ieri il Procuratore della Repubblica di Treviso Michele Dalla Costa ha parlato esplicitamente di «terrorismo e gli atti sono arrivati senza esitazione alla Procura distrettuale di Venezia». Fortunatamente, il piano degli attentatori non ha funzionato. Qualche notte fa, c'è effettivamente stata la prima esplosione, senza conseguenze. Poi, le indagini degli investigatori hanno condotto a una rivendicazione su Internet e hanno consentito, l'altro ieri, il disinnesco del secondo ordigno.I responsabili dell'azione sarebbero i membri della Cellula Haris Hatzimiheòakis aderente ai Fai-Fri (Federazione anarchica informale, Fronte rivoluzionario internazionale). Estrema sinistra, par di capire, i cui obiettivi sono sintetizzati dal volantino pubblicato in rete (su RoundRobin.info) sotto l'eloquente titolo: «Colpiamoli a casa loro». «Siamo stanchi di tacere, di vedere ogni giorno violenze sistematiche tramite il razzismo, il sessismo, il lavoro salariato di questa società, i cui valori essenziali sono l'autorità e il profitto», si legge. E ancora: «Rivendichiamo la collocazione contro politici, sbirri e loro tirapiedi. Nauseati dallo sfruttamento, vediamo come principali responsabili tutti i partiti. Lo Stato e il capitale sono i più grandi criminali: uccidono tramite la guerra, i respingimenti in mare e nei lager per immigrati in Europa e Africa. Vogliamo la guerra sociale, vogliamo divertirci sulle rovine fiammeggianti delle vostre città». Di qui, la scelta della Lega come bersaglio: come partito di governo, e come simbolo della battaglia contro l'immigrazione illegale.Davanti a un episodio così grave, è scattata - politicamente e mediaticamente - una reazione di sostanziale minimizzazione. Certo, non sono mancati i rituali comunicati di solidarietà verso il partito di Salvini. E certamente l'enorme tragedia di Genova, com'è sacrosanto, continua a fare la parte del leone nell'informazione in questi giorni.Però colpisce che ieri mattina solo due quotidiani (a meno di nostri errori e omissioni) avessero la notizia in prima pagina: La Verità e Il Gazzettino (giornale del Nord-Est). Per tutti gli altri, neanche una piccola segnalazione, un riquadrino, un francobollo in evidenza. E anche all'interno, serviva una gran fatica per trovare gli articoli (spesso pregevoli e documentati, peraltro), ma assai nascosti nella foliazione: Corriere della Sera a pagina 26, solo una breve sul Sole a pagina 16, La Repubblica a pagina 16, Il Messaggero a pagina 15, Il Giornale a pagina 14, Libero a pagina 11, e così via. Peggio ancora: con rare eccezioni, la notizia è quasi sparita dai tg della giornata di ieri.Fenomeno francamente curioso: usciamo da mesi di martellanti campagne contro le fake news, ma poi, quando arriva una real news, viene sapientemente attenuata, ammortizzata, centellinata. A noi pare che valga invece la pena di parlarne: Lega o non Lega, e indipendentemente dalle opinioni di ognuno su quel partito.Anche qui, la contraddizione è evidente: mesi di retorica sulla violenza, appelli contro il Far West, ma poi un improvviso mutismo dinanzi a un chiaro atto di violenza politica. Sarà bene essere espliciti: da molti anni, in troppi si sono abituati all'idea che in Italia il fantasma della violenza politica sia stato definitivamente esorcizzato.Purtroppo non è così. Qua e là (come i topi morti che nel romanzo di Albert Camus annunciano l'arrivo della peste) i segnali non mancano. Aree estreme esigue ma tutto sommato organizzate, e però prive di uno sbocco istituzionale o comunque politicamente strutturato; una pioggerellina di eventi (politici, sindacali, perfino accademici) in cui la contestazione arriva alla soglia del contatto fisico; circostanze (ormai non rare) in cui un oratore risulta - per varie ragioni - «sgradito» e allontanato… Adesso un salto di qualità poderoso, con due bombe potenzialmente letali.Sarebbe veramente squallido dover constatare che il grado di attenzione politica e mediatica dipenda dall'«utilità» e dalla «comodità» dei bersagli rispetto alle «narrazioni» preconfezionate.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.