2024-11-20
L’Anm fa la vittima contro Nordio: «Ci sarà referendum sulla sua riforma»
Giuseppe Santalucia (Imagoeconomica)
Il «sindacato» delle toghe critica le carriere separate. Stefano Musolino rivendica l’intervento antigovernativo: «Lo rifarei, sono sereno».Se il Guardasigilli ipotizza un referendum sulla riforma per la separazione delle carriere, anche le toghe sfidano il governo sullo stesso terreno. «Sarà pressoché inevitabile che ci sia un referendum», ha detto ieri il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia alzando il grande scudo strategico col quale i giudici hanno in mente di parare il colpo. Nella trincea dei togati ancorata al passato si consuma il paradosso delle toghe riformiste che tentano di conservare la loro posizione ribadendo il loro «no» alla separazione delle carriere e alla conversione del decreto che prevede la reintroduzione del reclamo in Corte d’Appello dei provvedimenti in materia di protezione internazionale, con la proposta, da ultimo, di attribuire alle stesse la competenza per i provvedimenti di convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo. Perché un referendum? Santalucia spera che «i cittadini sapranno scegliere tra un assetto costituzionale, quale quello attuale, che ha assicurato in tutti questi decenni un equilibrio tra i poteri dello Stato, e un nuovo assetto che basta leggere il testo per rendersi conto che altera un equilibrio come ci guida dal 1948 in poi e che ha consentito alla magistratura di essere in alcuni momenti drammatici del Paese un’avanguardia di democrazia». E all’attacco di bile che deve aver prodotto la presenza del Guardasigilli Carlo Nordio da Bruno Vespa l’altra sera è arrivata la risposta delle toghe col solito copione portato in scena quando si tratta di riformare la Giustizia. Il passaggio espresso da Nordio sui tempi deve aver creato un certo sgomento tra le toghe più ideologizzate: «Speriamo entro l’estate di arrivare all’approvazione definitiva per la riforma sulla separazione delle carriere in magistratura». Ma lo stesso Nordio aveva anticipato: «Se non vi sarà una maggioranza qualificata e non credo che vi sia andremo al referendum». Una possibilità che Nordio ha auspicato, «perché su una materia così delicata e importante è bene che il giudizio definitivo e finale spetti al popolo italiano». Ma Santalucia mostra il petto: «Entro l’estate l’approvazione della riforma? Il calendario parlamentare non ci appartiene». E annuncia: «In ogni spazio pubblico che ci è consentito argomenteremo le ragioni della nostra contrarietà». L'avanguardista anti-riforma, però, sa che ha bisogno anche di scaldare gli animi dei suoi. E, rispondendo al ministro che aveva puntualizzato sul «giudice che meno parla e meglio è», rispolvera la teoria del bavaglio: «Su cosa possiamo parlare? Ce lo dica il ministro. L’apparenza di imparzialità non può essere la chiave per chiedere ai magistrati di stare in silenzio e metterli in un angolo, estrometterli dalle questioni che si dibattono nella comunità dei giuristi». Poi ha aggiunto: «Partecipare a un convegno o esprimere un pensiero anche su un disegno di legge o sulle linee politiche del governo in materia di giustizia è un diritto dovere del magistrato». E infatti il procuratore Stefano Musolino, segretario nazionale di Magistratura democratica, la corrente delle toghe più progressista, che aveva criticato pubblicamente il Decreto sicurezza beccandosi una segnalazione al Csm dalle consigliere laiche Claudia Eccher di Fratelli d’Italia e Isabella Bertolini della Lega, ieri ha precisato: «Lo rifarei. Sono sereno, e non è una frase di rito. Anzi, registro un’onda di solidarietà forte e bipartisan, che mette di buon umore». Poi ha cercato di compattare la categoria: «Un magistrato non è un asettico applicatore delle norme e non gli è precluso il diritto di manifestare il suo pensiero. Penso sommessamente che io, la collega Silvia Albano finita sotto minacce per non aver convalidato il trattenimento dei migranti, il collega Marco Gattuso di Bologna finito sotto attacco con intromissioni nella sua vita privata, forse, non siamo altro che esperimenti. Sottraiamo loro un po' di libertà, vediamo se reagiscono». E qua e là qualche reazione c’è stata. I 26 presidenti delle Corti d’Appello, per esempio, hanno scritto una lettera alle massime cariche dello Stato lanciando un preoccupato allarme sui provvedimenti in materia di protezione internazionale: «Le modifiche che oggi vengono proposte verrebbero attuate in via d’urgenza, a organici invariati e senza risorse aggiuntive. In tali condizioni, è facile prevedere che la riforma costituirà un disastro annunciato per tutte le Corti di appello italiane, renderà irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr e determinerà un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi».Il Csm però è spaccato. Oggi all’ordine del giorno del Plenum ci saranno due questioni: il sistema delle nomine dei magistrati e la tutela dei giudici di Bologna. Il Consiglio dovrà esprimersi sul testo unico che riguarda le nomine agli incarichi direttivi degli uffici, che prevede due proposte alternative, quella di introdurre un sistema di punteggi che ridurrebbe la discrezionalità del Consiglio al momento della nomina (per contrastare le logiche degenerative correntizie) e quella basata su una logica che si muove nell’alveo della tradizione, conservando maglie larghe sulle nomine e lasciando maggiore discrezionalità. L’esito del voto non è scontato viste le opinioni divergenti tra le varie correnti. La seconda questione, non meno spinosa, è legata alla proposta di tutela dei giudici di Bologna che hanno rinviato alla Corte europea di giustizia il decreto sui Paesi sicuri.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?