2023-03-27
«La sinistra è patriota ma molti compagni lo hanno dimenticato»
Parla l’economista Stefano Fassina: «Utero in affitto? Gramsci ci aveva messo in guardia. Il Mes è preoccupante, fa bene il governo a diffidare».Quanto è difficile intervistarla. Ma cosa fa oggi Stefano Fassina?«Sono tornato a fare l’economista. Il lavoro che facevo fino al 2009».Quindi ha chiuso con la politica?«Certo che no! Altrimenti non avrei accettato di parlare con lei».Io parlo con gli imprenditori balneari e mi dicono: «quanto è bravo Fassina!». Non avrà chiuso con la politica. Ma con la sinistra si, però!(Ride ndr) «No! Vuol dire che riprendo semplicemente le radici culturali e sociali della sinistra». Perché esiste una sinistra diversa da quella raccontata dai media?«Esiste ed è esistita una sinistra diversa da quella mainstream o ufficiale. Penso a La France Insoumise di Melenchon in Francia, al Labour di Corbin, al movimento della Wagenknecht in Germania. Con l’impianto culturale delle origini. Quello in cui l’economia è messa al servizio della società. E non viceversa. Un filone culturale ben interpretato a suo tempo anche dalla Dc con la dottrina sociale della Chiesa. Nella nostra Costituzione, Patria e Nazione sono intese come comunità di appartenenza irrinunciabili per poi cooperare a livello internazionale. Questa che chiamo “seconda sinistra” va fatta esistere e va costruita in Italia».Mi faccia capire. Mi sta dicendo che può esistere una sinistra patriottica? «Certo. Lo ribadiva Togliatti su Rinascita nel 1945. I socialisti e i comunisti sono patrioti. Internazionalisti ma non cosmopoliti. La rivista ufficiale dell’Anpi si chiama Patria indipendente. È stato autolesionistico per la sinistra rinunciare ai termini di Patria e Nazione. Lo ricordo sempre ai miei compagni, che mi accusano di rossobrunismo citando loro gli articoli 52 e 67 della Costituzione».Ovvero?«È “sacro dovere del cittadino” difendere la Patria. È l’unico caso in cui la Costituzione utilizza un termine così poco giuridico ma carico di significato simbolico. E badi bene che i padri costituenti avevano ben presente la degenerazione cui il fascismo ci aveva portato tradendo il concetto di Patria. Ma non lo rimossero affatto. Se la persona non appartiene a una comunità, allora rimane l’individuo sul mercato».Ma lei questa battaglia dentro la sinistra l’ha persa. La sinistra non parla questa lingua!«La sinistra ufficiale non solo non parla questa lingua, ma gli è ostile. È una battaglia che abbiamo cominciato non da molto. Nel 2018 abbiamo fondato Patria e Costituzione, associazione che presiedo. E abbiamo via via trovato interlocutori di sinistra di spessore come Carlo Galli, Luca Ricolfi, Maurizio Viroli e il compianto Franco Cassano. Tutti consapevoli che senza una comunità di appartenenza, la persona si trasforma in individuo - da solo - sul mercato».Dal Fassina politico al Fassina saggista. Ha, ad esempio, scritto a quattro mani un libro con Gaetano Quagliariello su Pierpaolo Pasolini…«La tesi del libro è che siamo dentro un’emergenza antropologica che Pasolini profeticamente e scandalosamente aveva già colto. Non è soltanto una roba per filosofi o credenti, ma squisitamente politica. La politica con la “p maiuscola”. Quella che non si occupa soltanto di amministrazione. Abbiamo raccolto intellettuali qualificati: da Dacia Maraini a Celestini. Da Ferdinando Adornato alla ministra Roccella, allora non ancora tale. Se Liberi e Uguali non avesse organizzato questo evento, la sinistra non avrebbe ricordato il centenario della nascita di Pasolini neppure con un tweet, lasciando l’onore solo alla destra. Parlo di commemorazione politica, non culturale». Sinistra timida?«La sinistra ufficiale si vergogna di Pasolini e lo ha rimosso proprio perché lui ne aveva drammaticamente previsto la deriva individualista e post-umanista nella declinazione dei diritti civili. Nel libro riporto il testo che avrebbe dovuto leggere al congresso del Partito radicale due giorni dopo essere ucciso ad Ostia. Pasolini, intellettuale convintamente marxista, aveva colto la tendenza di larga parte degli intellettuali progressisti: il conformismo al servizio del potere».Lei ha citato Gramsci che si opponeva alla maternità surrogata anche se non veniva chiamata così all’epoca.«Assolutamente sì! La sinistra nasce “umanista”: il primato della persona sul mercato. Gramsci esprimeva una condanna sulla potenziale mercificazione che allora si ipotizzava trapiantando le ovaie di fanciulle povere in donne ricche. Ma dopo il 1968 la sinistra ufficiale ha declinato i diritti civili in chiave consumista. Il trapianto delle ovaie era un’ipotesi. La tecnologia non c’era. Ma il punto era che la vita umana non potesse essere mercificabile. Tanto che il titolo di quel pezzo era appunto “Merci”». Dopo il Fassina politico ed il Fassina intellettuale, mi rivolgo al Fassina economista. Non posso non chiederle cosa sta succedendo nel mondo delle banche a cominciare dalle crisi di Svb e Credit Suisse. E poi finire alle turbolenze su Deutsche Bank e le grandi banche tedesche in generale«I due casi sono diversi. C’è un quadro regolativo molto segnato dagli interessi di coloro che dovrebbero essere regolati invece che degli interessi generali di cui dovrebbero farsi carico i regolatori. È questo il nodo comune. Nel caso degli Stati Uniti, dopo la grave crisi dei mutui subprime e Lehman del 2007 e 2008, sono intervenute successive revisioni normative tuttavia smontate dall’amministrazione Trump. Per quanto riguarda Credit Suisse, il quadro era un in parte diverso, ma c’è comunque una questione di inadeguatezza dell’assetto regolatorio di fronte al repentino cambio di politica monetaria da parte delle banche centrali». Questi casi ci insegnano però che le crisi vanno prese di petto da parte delle banche centrali…«È vero per quanto riguarda Silicon Valley Bank, dove la Fed è intervenuta con linee di credito speciali per garantire tutti i depositanti. Anche quelli con depositi di oltre 250.000 euro. In Svizzera succede invece un fatto che non esito a definire eversivo per l’affidabilità del sistema. Per la prima volta pagano al 100% alcuni obbligazionisti invece degli azionisti. Quando teoricamente sarebbe dovuto avvenire il contrario. È l’indicatore di una patologia molto seria».In Europa si pensa di fronteggiare le crisi bancarie con il Mes…«Nella revisione del Mes è stato inserito il cosiddetto backstop. Teoricamente una garanzia che però si attiva solo dopo che sono stati azzerati tutti gli azionisti, tutti gli obbligazionisti e tutti i depositi oltre la soglia di 100.000 euro. Sono tutti eventi che porterebbero dritti ad una crisi sistemica che in Usa e Svizzera hanno inteso evitare. Inoltre, rimane indefinito il trattamento dei titoli di Stato in portafoglio alle banche. Potrebbero essere in prospettiva considerati non a rischio zero in termini di assorbimento di patrimonio. Questo comporterebbe una penalizzazione per il rating delle nostre banche. Ma in quella riforma del trattato del Mes c’è ben altro che mi preoccupa».Cosa?«Mi preoccupa una modifica e il quadro in cui questa viene inserita. La valutazione deve essere complessiva, non parziale. Si prevede esplicitamente la ristrutturazione del debito. E già questo è estremamente preoccupante. Questa a sua volta si inserisce in una prospettata riforma del Patto di stabilità e crescita dove i debiti pubblici vengono suddivisi in tre aree di rischio in base alla dimensione: basso, medio ed elevato. Molto penalizzante per noi. Il tutto in un contesto di politica monetaria restrittiva dove non soltanto la Bce alza i tassi di interesse e smette di immettere liquidità nel sistema attraverso l’acquisto di titoli di Stato, ma addirittura la ritira. Sono tre fattori che visti nel loro complesso appaiono destabilizzanti».La posizione dell’Italia, che al momento non si allinea alla ratifica delle modifiche al trattato, la condivide?«Lo dico in modo un po’ brutale. Dobbiamo barattare l’opposizione al Mes per ottenere modifiche sostanziali nella revisione della governance economica. Non solo di facciata. Bene fa il governo a rimandare la discussione parlamentare e mi auguro che Giorgetti a Bruxelles possa riuscire ad allentare la morsa».Condivide la decisione della Bce di aumentare i tassi di interesse? Siamo in un periodo di inflazione. In Bocconi le avranno insegnato che si fa così. Cosa non va in questa scelta?«Non va che siamo in un’economia di guerra dove servono spese aggiuntive per sostenere il popolo ucraino, inviargli armi e aiutare lavoratori e imprese a casa nostra. Non è un’inflazione da surriscaldamento salariale. Ma se combatti l’inflazione importata, a causa dei crescenti prezzi dell’energia, con l’aumento meccanico dei tassi, allora vuol dire che fai una politica classista con cui scegli di far pagare la crisi ai più deboli. E trovo allucinante che, a parte gli interventi del ministro Crosetto e dell’ex presidente Conte, la politica si volti dall’altra parte in totale subalternità. Non so se per inconsapevolezza o rassegnazione».Dicono come al solito che non c’erano alternative…«Non è vero che non c’erano alternative. La Commissione Ue, non il sottoscritto, quantifica in centinaia miliardi gli extra profitti delle compagnie energetiche. Se Gazprom è stata spregiudicata, qualcun altro ci ha fatto la cresta. Altrimenti non avremmo questi utili. Si sarebbe potuto e dovuto intervenire con un regime di prezzi amministrati per impedire appunto la trasmissione degli aumenti dei prezzi su tutta la catena e così aiutare imprese e famiglie. E, insieme, interpretare il Metodo Ciampi a livello nazionale e Ue».
Silvio Berlusconi (Getty Images)