2025-11-02
Alla faccia dell’imparzialità. Il Comitato antiriforma spara a zero dalla Cassazione
Il gruppo per il «Sì» denuncia: «Inappropriato che abbia usato un luogo istituzionale». Marcello Basilico (consigliere Csm di Area) esonda: «Il governo punisce i magistrati scomodi».L’Associazione nazionale magistrati tira la volata e si fa partito. Al via il Comitato per il «No» al referendum e la presentazione avviene all’interno della sede dell’Anm, che a sua volta si trova all’interno della Corte di cassazione. Alla faccia dell’indipendenza, verrebbe subito da dire.A sottolinearne l’inappropriatezza ci pensano l’avvocato Romolo Reboa e il professor Fabio Verna, vicepresidenti nazionali del Comitato per il «Sì»: «L’Anm è un’associazione di diritto privato con sede all’interno della Suprema Corte di cassazione. Non sappiamo in base a quale contratto e quale sia il corrispettivo per avere a disposizione tale privilegiata e prestigiosa location, ma riteniamo inappropriato che la stessa sia stata utilizzata per presentare il proprio progetto di un referendum per dire “No” alla legge costituzionale in materia di giustizia approvata dal Parlamento. La Suprema Corte di cassazione è un luogo istituzionale, massima espressione del sistema giudiziario italiano, che ne assicura l’imparzialità attraverso il vaglio di legittimità. L’utilizzo dell’edificio istituzionale per lanciare una tesi politica di parte dimostra come la scelta fatta dal Parlamento sia stata necessaria per riequilibrare in senso democratico i poteri, nello spirito dei Padri costituenti che volevano che la magistratura fosse separata dal potere politico, ma non che fosse il terzo potere dello Stato, stabilmente contrapposto a chi governa perché eletto dal popolo».Ad ogni modo, la prontezza dell’Anm spiazza la sinistra e il presidente esecutivo del Comitato, Antonio Diella, e il presidente onorario, il costituzionalista Enrico Grosso, in una nota congiunta hanno spiegato: «Non siamo una casta, con noi non ci sarà nessun politico, non intendiamo lanciare segnali a nessuno. Vogliamo soltanto spiegare che questa riforma non accorcia i tempi dei processi». Poi Grosso, ordinario a Torino, aggiunge: «La riforma minaccia l’indipendenza della magistratura». Dall’altro lato delle barricate si schiera «Si separa», comitato costituito dalla fondazione Einaudi del presidente Giuseppe Benedetto. A presiedere il gruppo l’avvocato Gian Domenico Caiazza, ex presidente dell’Unione delle Camere penali italiane e storico legale di Marco Pannella. Hanno aderito il presidente di +Europa Matteo Hallissey, l’ex parlamentare dem Anna Paola Concia, la politologa Sofia Ventura, l’ex giudice costituzionale Nicolò Zanon, il direttore del Riformista, Claudio Velardi, e i giornalisti Alessandro Barbano, Pierluigi Battista, Andrea Cangini, Flavia Fratello e Ivan Grieco. Il centrosinistra, intanto, sul tema è molto più fratturato di quello che dà a vedere, il Partito democratico è addirittura disorientato e fatica a prendere una posizione netta per svariati ordini di motivi. Il primo tra tutti è l’altissimo rischio cui si sottopone tutto il partito ma, soprattutto, il segretario Elly Schlein: i primi sondaggi danno una vittoria netta del «Sì» e se dovesse perdere dopo averci messo faccia e cappello, la sua leadership subirebbe un crollo irrecuperabile. Questo, tuttavia, potrebbe essere un incentivo a confermare la riforma per quei dem che, non a caso, sarebbero per il «Sì» e, al tempo stesso, mal celano i malumori nei confronti del loro leader. Accanto all’impasse della sinistra che, con molta calma, si prepara a raccogliere le firme, c’è la violenta reazione di Marcello Basilico, consigliere Csm eletto per Area democratica per la giustizia (il gruppo che riunisce le toghe progressiste), alle parole del sottosegretario a Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, che ha accusato le toghe di avere i «pieni poteri». «Mantovano dice cose sbagliate e oltraggiose sui magistrati», attacca Basilico, che aggiunge: «Abbiamo smesso di illuderci che i rappresentanti dello Stato non attacchino indiscriminatamente altre istituzioni pubbliche, confondendo le idee ai cittadini, ma vorremmo che almeno il confronto sui temi del referendum si svolgesse su fatti veri. Ora tutti capiscano quale sia lo scopo di questa modifica alla Costituzione: punire i magistrati scomodi».Anche per Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, il governo è «preoccupato di rendere intoccabili i politici. Ritorniamo alla casta». Nel frattempo, sui giornali, in questo caso Repubblica, cominciano ad arrivare le prime sponde internazionali in aiuto del fronte del no. Il quotidiano scrive che la special rapporteur dell’Onu sull’indipendenza dei giudici, Margaret Satterthwaite, docente di diritti umani presso la New York University, ha indirizzato al governo Meloni una formale richiesta di chiarimenti dopo aver richiamato l’attenzione su possibili profili di contrasto con il diritto internazionale. La giurista sostiene che: «La riforma può privare il pubblico ministero dello status e delle garanzie di indipendenza esterna che la Costituzione attualmente assicura attraverso il principio di unità del potere giudiziario».Cosa preoccupa la rappresentante dell’Onu? Il sorteggio, naturalmente. Difficile non pensare che da qui al voto di pareri come questo provenienti dall’estero ne possano arrivare a decine. Probabile anche qualche che Corte internazionale o europea decida di intervenire adducendo problemi sullo Stato di diritto. Resta solo da chiedersi quando.