Il 2025 conferma i semiconduttori come epicentro dei mercati: il Phlx Semiconductor, l’indice che comprende le 30 maggiori società quotate negli Stati Uniti coinvolte principalmente nella progettazione, distribuzione, produzione e vendita di semiconduttori, è a circa +30% da inizio anno e l’Ia ha spinto diversi titoli su massimi storici, con Nvidia e Tsmc sotto i riflettori. La domanda non è, insomma, se l’Ia sia un megatrend, ma se il prezzo stia già incorporando uno scenario perfetto, la temuta bolla.
Sul lungo periodo, però, il settore ha consegnato più valore di qualsiasi narrativa: il tasso di crescita annuo composto è stato del 33,7% negli ultimi dieci anni, contro il +13,9% dell’S&P 500. Il motivo è industriale: i chip sono il «cuore pulsante dell’economia digitale» e la nuova domanda nasce dall’elaborazione. Come spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf, «la domanda non è ciclica né correlata alle condizioni economiche, ma è in continua espansione in tutti i settori man mano che le aziende sviluppano capacità di intelligenza artificiale competitive».
L’entusiasmo per l’Ia, inoltre, è legato a vincoli fisici. Per alimentare una futura super intelligenza artificiale, alcune stime parlano di un’infrastruttura con consumo globale attorno a 400 gigawatt, paragonabile all’intera capacità elettrica degli Usa. «Tutti i principali colossi tech globali - da Meta ad Amazon, da Microsoft ad Alphabet - stanno integrando l’Ia nei rispettivi modelli di business e, nel farlo, condividono tutti un elemento chiave: la necessità di disporre di semiconduttori avanzati per l’addestramento dei modelli e per le applicazioni di inferenza», dice Anthony Ginsberg, ceo di GinsGlobal Index Funds e partner storico di Hanetf. «In questo scenario, il controllo della tecnologia hardware diventa un fattore strategico tanto quanto lo sviluppo del software». Qui riemerge la ciclicità. L’effetto frusta amplifica piccoli aumenti della domanda in ordini enormi a monte, seguiti da scorte e caduta dei prezzi; i cicli di capacità, invece, derivano dal fatto che una fabbrica di semiconduttori richiede anni e miliardi e può entrare in funzione quando il picco è già passato. «Investire nei semiconduttori non è semplice», avverte Gaziano. «La vera sfida è individuare i vincitori che possano trasformare queste tendenze in rendimenti duraturi». Il mercato, però, punisce subito : Broadcom ha perso circa il 10% in una seduta dopo aver citato «una pressione sul margine lordo a breve termine dovuta a un mix più ampio di ricavi dall’Ia», riaccendendo il timore di «eccesso di entusiasmo» .
Il rischio bolla può arrivare anche dal debito: Oracle e CoreWeave stanno ricorrendo a prestiti ingenti; Oracle ha indicato 18 miliardi di dollari a settembre. Luke Yang (Morningstar) avverte un «rischio molto elevato se la domanda di intelligenza artificiale non si concretizzerà come ci si aspetta ora». Conclusione: la partita si gioca su Roe (l’indice che misura la redditività aziendale) barriere tecnologiche e disciplina del capitale, non sui titoli di moda ora.



