2021-04-10
La Murgia è la prima a indossare una divisa
La scrittrice, dopo aver attaccato Francesco Paolo Figliuolo perché affidare la logistica del vaccino a uomini dell'esercito la spaventa, si lagna persino del fatto che i partiti le abbiano risposto. Per lei è un automatismo: non esce mai dalla polemica, è la sua uniforme.Fermi tutti: Michela Murgia ha ragione. Ieri, sulla Stampa, la scrittrice sarda è ritornata su un argomento che da qualche giorno le dà grande pensiero: gli uomini in divisa. Gente che non le piace per niente. «Gli unici uomini che ho visto in divisa davanti alle telecamere che non fossero poliziotti che stavano dichiarando un arresto importante, sono i dittatori negli altri Paesi», ha detto l'altra sera da Floris su La7. Poi, non paga, ha ribadito il concetto in un editoriale. Ora che è riuscita a scatenare la polemica, non è comunque contenta: si lamenta persino quando la sua debordante fame di visibilità viene soddisfatta. «Io dico cose ovvie, e subito la destra insorge chiedendo di far chiudere la bocca a una scrittrice che fa il suo lavoro, cioè interpreta i linguaggi», ha frignato ieri sulla Stampa. «Non mi pare normale, poi, che mi rispondano tre segretari di partito e una sottosegretaria». Curioso. Nel 2018, la scrittrice si lagnava del fatto che sui quotidiani ci fossero poche firme femminili e rilanciava l'hashtag #tuttimaschi. Bene, da qualche tempo ha ottenuto ciò che voleva: firma editoriali a ripetizione su alcuni dei principali giornali italiani, però quando le istituzioni le rispondono (posto che in una democrazia sana è un buon segno se i governanti tengono conto della voce dei media) grida alla persecuzione. Tuttavia, dicevamo, la Murgia ha ragione: davvero non è normale che politici ed esponenti dell'esecutivo le rispondano. Non è nemmeno normale che costei goda di tanta considerazione: libri a raffica, trasmissioni tv, commenti a pioggia... Si può dire che Michela abbia preso il posto di Roberto Saviano (di cui ha pure ereditato la rubrica sull'Espresso) alla guida della sempre festosa compagine intellettuale progressista.Da queste parti, purtroppo, funziona così: basta collocarsi dal lato giusto per godere di onori e prebende. Anche se non si ha nulla da dire o se, peggio, si parla a vanvera. Prendiamo il caso delle «divise». Dice la Murgia alla Stampa: «Penso di aver detto cose perfino ovvie. Non si affida a un generale la gestione di cose civili, quali le vaccinazioni. Non mi risulta che sia successo in nessun altro Paese d'Europa o forse del mondo. Per questo ho usato il riferimento alla dittatura, ovvero quando i militari subentrano alla politica. Ripeto: non è una guerra e i generali lasciamoli in caserma a fare quel che devono fare, la Difesa». Ecco, forse la signora ignora che - da sempre - l'esercito non si occupa soltanto di «difesa», ma anche di protezione del territorio, di gestione delle emergenze, di interventi umanitari. Il generale Francesco Paolo Figliuolo, a cui la Murgia si riferiva nello specifico, è un esperto di logistica. Dunque è normale (anzi: è saggio) che la gestione di una vaccinazione di massa venga affidata a uno come lui invece che a un commissario politico incapace. Questa è la cifra stilistica della sagace Michela: un godurioso miscuglio di banalità e castronerie. Tra le sue memorabili battaglie citiamo quella per sostituire «patria» con «matria» al fine di migliorare la condizione delle donne (che poi la patria sia soprattutto la «madre patria» è un dettaglio insignificante…). Oppure quella per la cancellazione degli eroi, rappresentanti del maschile oppressivo e dell'individualismo sfrenato (che poi il «viaggio dell'eroe» valga per uomini e donne è, di nuovo, un particolare trascurabile…). Un giorno dovette intervenire Paolo Mieli con una lezione di storia per spiegarle che la sovrapposizione tra fascismo e razzismo era sbagliata. Oddio, non che ci si possa aspettare qualcosa di diverso da un'autrice divenuta famosa per aver accusato di maschilismo Bruno Vespa. Era il 2010, e alla serata conclusiva del premio Campiello il giornalista fece un apprezzamento a Silvia Avallone, vincitrice della categoria Opera prima. La Avallone non si turbò: «Ero emozionata, non mi sono neppure resa conto», disse. La Murgia invece si intromise e montò un caso, approfittandone per rubare la scena alla collega.Gliene va dato atto: la tattica ha funzionato alla grande. Attacco dopo attacco, Michela è giunta in vetta, senza mai farsi mancare odio e disprezzo per l'avversario. Poiché scrivere romanzi le risulta troppo difficile e faticoso, ormai da tempo si è data alla compilazione di pamphlet contro la destra che le procurano tante recensioni e tanta ammirazione. Prima si è inventata il «fascistometro», adesso si dedica all'abbattimento del patriarcato: così ha allargato la platea dei nemici, non soltanto i perfidi sovranisti ma tutti i maschi. Certe volte sembra di avere di fronte una caricatura della sinistra degli anni di piombo. A sentire la Murgia, chiunque voti a destra è un nazista che ha sulla coscienza migliaia di morti in mare. Inoltre, è un ignorante che non merita di parlare. Al giornalista della Stampa che le chiedeva conto delle sue parole sui militari, ha risposto: «Se avessimo per premier un medico, e quello si presentasse con il camice bianco, direi lo stesso. È una forzatura del sintagma. Ma mentre lo dico, so già che i leghisti non capiranno». Capito? Lei dice «sintagma», voi puzzoni illetterati non sapete nemmeno che cosa sia, un sintagma. Che volete: a lei piace comportarsi così, come Franchino quando interroga Fantozzi. Quando meno ve l'aspettate, la Murgia può spuntare dietro a un angolo e chiedervi a bruciapelo: «Che cos'è il kibbutz?». Chissà perché è così avvelenata, la cara Michela. Dovrebbe essere contenta, piuttosto. Ha avuto trasmissioni sui canali Rai, il bel mondo della cultura la riverisce, pubblica con editori importanti, ha tutta la visibilità che ha sempre richiesto con le sfinenti tirate sulle quote rosa. Ora s'arrabbia per la gestione dei vaccini, ma non si rende conto che - se il governo va a rilento con le inoculazioni - è solo per compiacere lei. Ricordate l'anno scorso? Era appena iniziata l'emergenza e la Murgia disse in tv: «Può durare un altro po' questo virus? Se il risultato è la vivibilità delle strade, io ci metterei la firma». Per l'ennesima volta, ha avuto ciò che chiedeva.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)