2021-04-16
«In Canada onoriamo Dante leggendo la “Commedia” in 10 dialetti italiani»
George Ferzoco (getty images)
All'università di Toronto, per i 700 anni della morte dell'Alighieri, l'italianista George Ferzoco di origini abruzzesi ha avviato un progetto basato sulla condivisione dell'«Inferno» nei vernacoli regionali e in numerose lingue straniereLeggete questi versi in dialetto veneziano. «A meza strada de la vita umana / Me so trovà dentro una selva scura / Chè persa mi gavea la tramontana». In essi risuona qualcosa di assai familiare. In milanese, diventano: «A mitaa strada de quel gran viacc / Che femm a vun la voeulta al mund da là / Me sont trovaa in d'on bosch scur scur affacc / Senza on sentee da podè seguità». In genovese: «A-a meitâe do cammin da nostra vitta / Me son trovôu fra tanti lummi a-o scûo / Che de pensaghe a pansa me s'aggritta». In pugliese: «De chessa vita nost'a menza strate / Ji m'acchiabbe jinda na selva ascure, / ca la via drett' avev' abbandenate». In sassarese: «A la middai di chistha nosthra vida / M'acciappesi in d'un buschu assai buggiosu / Chì lu camino bonu era già pessu». E in abruzzese: «Avé passate quase mezza vite, / Cand' a nu bbosche m'hajj' aritruvate, / Mentre cercave, tutte sbauttite, / La via bbone ch'j avé lassate». A questo punto avrete già riconosciuto l'incipit del più celebre poema della letteratura mondiale, La Divina Commedia di Dante Alighieri, nelle versioni proposte e pubblicate da alcuni poeti vernacolari italiani. La terzina originale, vergata dalla piuma d'oca del poeta toscano nel Canto I dell'Inferno, così recita: «Nel mezzo del cammin di nostra vita / Mi ritrovai per una selva oscura, / Che la dritta via era smarrita». La lingua, o «volgare» che dir si voglia, cui Dante ricorse per raccontare la propria immaginaria avventura nel mondo delle anime dei dannati, degli eletti e dei sospesi in attesa di purificazione e giudizio, è il fiorentino dell'epoca di stesura (circa 1304-1321). Nutritissimo è stato il dibattito teso ad acclarare in quale misura la commedia dantesca abbia influito sull'unificazione della lingua di un Paese, l'Italia, soggetto per tanti secoli a divisioni, localismi e dominazioni di popoli occupanti tanto da rendere ostica la comprensibilità delle elocuzioni tra un milanese e un calabrese, un veneto e un siciliano. A 700 anni dalla morte di Alighieri, il suo esperimento di democratizzazione letteraria continua a solleticare l'intelletto, sia riguardo le domande poste sull'aldilà e l'aldiquà, sia sulle forme per renderne linguisticamente accessibili le possibili risposte. Se l'italiano ha sopraffatto il latino, i dialetti sono ancora vivi e vegeti, utilizzati o gelosamente custoditi come frammenti di antiche identità e intimi rifugi. Il professor George Ferzoco, nato nel febbraio 1957 a Toronto, figlio di coniugi abruzzesi emigrati in Canada tra il 1951 e il 1954, specializzato in italianistica e studi medievali con attuali incarichi d'insegnamento nelle università di Calgary e Toronto, ha ideato un progetto che vitalizza il capolavoro del sommo poeta e la sua sfida linguistica, invitando studenti, docenti, vip, membri di associazioni culturali, immigrati e figli d'immigrati non solo italiani, volenterosi e appassionati di ogni genere senza preclusione alcuna, a leggere alcuni dei più noti passaggi nelle traduzioni della Commedia non soltanto in 10 dialetti italiani, ma anche in numerose lingue ufficiali, tra cui l'inglese, il francese, l'arabo, il farsi (Iran), il tedesco, il russo, lo spagnolo, l'ucraino, il bulgaro, lo slovacco, il thailandese, fino a giungere al sanscrito e, con buona pace di Dante, al latino, proseguendo con lingue autoctone canadesi e, siccome la comunicazione non è fatta solo di fonemi, includendo anche la lingua dei segni dei sordomuti, codificata dall'American sign language. Professor Ferzoco, si tratta di un progetto potenzialmente universale. Com'è nata questa idea?«L'ho sperimentata quando ho insegnato in Inghilterra, dal 1997 all'università di Leicester e dal 2004 a quella di Bristol. Notavo che gli studenti che pressoché totalmente non conoscevano l'italiano e si apprestavano a studiarlo, erano molto timidi e timorosi di commettere errori nella nuova lingua. Di fronte alla Commedia, queste apprensioni aumentavano e allora, sicuro di interpretare la volontà di Dante, ossia che l'opera non debba essere letta soltanto in silenzio, ma anche ad alta voce, e condivisa, ho proposto a uno studente di preparare la lettura pubblica di una terzina dell'Inferno. Rimasi stupito e felice nell'osservare che agli altri studenti questa esperienza piaceva. Essa si è allargata, con letture di altri studenti, di docenti, di persone non legate all'università ma attive nella vita culturale delle città, ad esempio in tedesco, castigliano, francese medievale. Ottenni l'interesse della Bbc ma alla fine del 2020, con mia moglie, sono tornato in Canada, per insegnare a Calgary e Toronto». E in Canada le cose che sviluppi hanno avuto?«Già in Inghilterra coltivavo il sogno di fare, nel 2021, una “maratona" con letture della Commedia in tante lingue e dialetti. Con il mio nuovo incarico di visiting professor a Toronto, nel cui ateneo c'è uno dei più grandi e prestigiosi istituti di italianistica del mondo, dove ha insegnato anche Umberto Eco, ho proposto il mio progetto al capo-dipartimento Nicholas Terpstra e alla dantista Elisa Brilli, i quali si sono attivati dedicando strumenti e risorse e coinvolgendo colleghi, studenti, istituzioni politiche e vari membri di associazioni culturali delle numerose comunità etniche della metropoli. Abbiamo messo insieme una trentina di partecipanti al progetto, fra i quali c'è anche Villa Charities, un'associazione di immigrati italiani».In cosa consiste la vostra attività?«Consiste in incontri ed eventi nei quali si tengono pubbliche letture della Commedia in tante, diverse lingue, nei dialetti italiani, e anche in linguaggi autoctoni di antiche popolazioni del Canada, Paese dove ufficialmente si parlano inglese e francese. Uno studente, ad esempio, legge le prime terzine dell'Inferno in una lingua delle origini che si chiama Anishinaabemowin. Io stesso mi diletto nella lettura di parti del primo canto, in abruzzese ma anche nella variante del paese dei miei genitori, Corfinio (L'Aquila, ndr). Il mio sogno è di organizzare anche letture complete della Commedia in altre lingue o vernacoli».Il progetto prevede eventi anche in Italia?«Certamente. Ci sto lavorando. Tuttavia, al momento, per prudenza preferisco mantenere il riserbo».Anche perché, causa epidemia, gli incontri in presenza, pure in Canada, sono al momento rinviati…«Sì, io mi trovo ora a Calgary, gli spostamenti sono complicati. Ma la tecnologia sopperisce e continuiamo a preparare letture della Commedia in varie lingue e dialetti condividendo video su Youtube e i testi sul sito Web del dipartimento di studi italiani di Toronto».Il processo di unificazione dell'italiano moderno è stato complesso e, dalla lunga querelle sul tema, ne consegue che Dante vi abbia contribuito.«Si è trattato di un dibattito durato secoli. Un grande snodo si è avuto con le riflessioni, nel rinascimento, del cardinal Luigi Bembo (1470-1547, ndr), il quale sostenne che la lingua comune della penisola doveva essere quella utilizzata dai tre giganti della letteratura, Dante, Petrarca e Boccaccio».La lingua che Dante utilizza nella Divina Commedia non è di facile comprensione, come generazioni di studenti italiani ben sanno, ma paradossalmente le traduzioni in dialetti regionali possono accenderne l'interesse…«Nonostante tutto, l'italiano è una lingua di imitazione delle origini. Per uno studente inglese appena introdotto all'italiano, risulta più facile affrontare la Commedia rispetto a uno studente italiano con infarinatura di inglese di fronte a un'opera, I racconti di Canterbury, di Geoffrey Chaucer, autore coevo di Boccaccio, il cui linguaggio è completamente diverso dall'inglese odierno, molto più di quanto lo sia l'italiano di oggi rispetto al fiorentino di Dante. Quanto ai dialetti, essi persistono non solo in Italia, ma anche nei Paesi di immigrazione degli italiani. Qui a Toronto, ad esempio, i dialetti regionali si utilizzano ancora, e sono quelli trasmessi dagli anni Cinquanta, diciamo fossilizzati, magari contenenti anche termini inglesi, come job al posto di lavoro, brick invece che mattone, o leggermente influenzati da conversazioni telefoniche con parenti in Italia». Passando dalle forme ai contenuti, Dante, secondo lei, come giudicherebbe il mondo attuale?«Con lo stesso metro di interpretazione di allora. Papato e Impero non esistono più, ma vizi e virtù delle persone sono sempre gli stessi. Come osserva Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo, nonostante tutto sia cambiato, niente è cambiato».
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