
Per i 100 anni dalla nascita si sprecano le lodi. Ma lo scrittore, fiero comunista, ha difeso tutti i regimi rossi, dall’Urss a Cuba.Non c’è dubbio sul fatto che Andrea Camilleri (1925-2019) sia stato un autore di grande importanza per la letteratura italiana recente, o comunque per il mercato editoriale che - grazie anche al successo della serie tv dedicata al commissario Montalbano -è stato decisamente vivificato dalla montagna di gialli firmati dal romanziere siciliano. Dunque bene ha fatto Sergio Mattarella a celebrarlo in occasione dei 100 anni dalla sua nascita. Una data che, ha detto il presidente, «consente di ricordare una figura di primo piano del panorama culturale italiano e internazionale. Numerose sue opere», ha aggiunto Mattarella, «continueranno a essere fonte di ispirazione per generazioni di lettori e di scrittori. Andrea Camilleri è stato un autore poliedrico che ha offerto un contributo significativo nei molteplici ambiti in cui ha operato, spaziando dal teatro alla televisione e alla narrativa. Ha saputo coniugare trame poliziesche e raffinata verve umoristica, in cui un linguaggio complesso -in cui gioca un ruolo il dialetto della sua Sicilia - ha permesso di rappresentare la ricchezza e la complessità del patrimonio etnografico della sua terra natia a un crescente gruppo di appassionati». «Camilleri», ha concluso il presidente, «si è distinto per la sua creatività, raffigurando personaggi e scenari, talora immaginari, che nello stesso tempo tratteggiano spaccati di diverse epoche. Il lascito culturale di Camilleri è un bagaglio prezioso». Tutto vero. C’è però uno spicchio di questo lascito culturale che forse vale la pena indagare un po’ meglio anche perché quasi sempre viene dimenticato. Andrea Camilleri fu ben altro che uno scrittore di gialli: fu anche e soprattutto un autore militante, un intellettuale comunista che non fece mistero delle sue posizioni, anzi. Si può dire dunque che la sua figura sia stata emblematica di alcuni pregi ma anche di alcuni potenti storture della cultura italica politicizzata. Vizi che emergono con chiarezza dal volume intitolato Compagno Camilleri che la rivista MicroMega ha dedicato «all’intellettuale e amico», e di cui il primo è senza dubbio il feroce senso di superiorità che egli esprimeva nei riguardi degli avversari ideologici. In primis ovviamente Silvio Berlusconi, per il quale esprimeva volentieri un robusto disprezzo. Lecito, per carità. Ma rileggere oggi quel che Camilleri scriveva a proposito degli elettori del centrodestra rende bene l’idea della considerazione che molti intellettuali di sinistra avevano e hanno per chi non la pensa come loro. In un articolo del 2011 egli se la prendeva con «l’homo berlusconensis communis», il lettore dei giornali di area il quale viene descritto nel titolo di MicroMega come «un’involuzione di homo sapiens», un «essere che rifiuta la cultura e l’intelligenza», una «inedita specie zoologica». Esso è, per Camilleri, un essere vivente «sempre e comunque acclamante, insomma colui che pratica il culto cieco della personalità, è la clonazione più borghese e sciamannata del fascista osannante, in prima fila sotto il balcone di palazzo Venezia». Non che in seguito la sua visione sia cambiata. Nel 2018, con il governo gialloblù al potere (governo di cui si augura un «crollo abominevole») Camilleri di nuovo inveisce contro i destrorsi. «Che cos’è un italiano?», si chiede. E si risponde: «Prima di tutto un razzista, e poi un fascista con una visione limitata del domani». Nello stesso periodo, Donald Trump viene definito «un nemico dell’umanità». Nulla di nuovo: i toni che lo scrittore siciliano ha utilizzato nei confronti degli avversari sono sempre stati questi, per tutta la sua lunga carriera (parte della quale trascorsa in Rai in quota Pci). Camilleri è sempre stato non un contestatore spietato di Berlusconi - cosa, di nuovo, legittima - ma soprattutto odiatore di tutte le destre e dei conservatori in generale. Gli italiani che votavano Silvio erano per lui «così inetti da non capire che cosa significhi un governo Berlusconi o idealmente complici». Particolarmente violento si è dimostrato nei riguardi dei cattolici. Definì komeinista il ddl che voleva impedire l’interruzione di alimentazione e idratazione a Eluana Englaro e accusò i cattolici di voler creare una Italia «devastata» e priva di libertà. Non c’è battaglia della sinistra politica a cui Camilleri non abbia aderito con convinzione, non c’è stereotipo sulla destra che egli non abbia ripetuto con rabbia. «Ritengo che l’Italia sia un Paese che va ricivilizzato a partire dalle asticelle a scuola», diceva. «Sono venute a mancare le regole elementari. C’è l’analfabetismo dell’apprendere e l’analfabetismo della democrazia che aumenta. È sempre così: il danno prodotto da governi corrotti prosegue oltre la durata del governo stesso; occorrono anni per riprendersi».E ci sarebbe da essere più teneri con lui e la sua memoria se fosse stato leggermente meno dogmatico, appena più indipendente. In gioventù, come tutti, fu fascista, e come tantissimi intellettuali fu comunista e anche piuttosto intollerante. Insomma, perfettamente allineato alle tendenze dominanti. Con tratti di accecamento ideologico che manifestò nel libro intervista curato da Francesco De Filippo e intitolato Questo mondo un po' sgualcito. In quel volume, Camilleri si lanciò in una serie di considerazioni piuttosto discutibili riguardo l’Unione Sovietica, che a suo dire non era poi così oppressiva, almeno per gli anziani. «Più tardi ci sono state le azioni riprovevoli, ma non mi riferisco ai gulag», diceva lo scrittore. «Voglio precisare che i gulag non furono campi di sterminio; Solgenitsin, tanto per fare un nome, con i nazisti non sarebbe sopravvissuto». Non vi è regime rosso con cui Camilleri non si sia dimostrato comprensivo. La Cina e i fatti di Tienanmen? «Se metti 50.000 in piazza in Cina non sono niente. [...] Non credo che si spari facilmente neanche in un regime dittatoriale, è di una superficialità assoluta ritenere che lo si faccia facilmente. [...] Non so che cosa c’è dietro Tienanmen quindi perché devo parlarne?». E su Cuba? «C’è chiaramente una dittatura, ma non ci sono stati desaparecidos, cioè si sa chi era e chi è ancora in galera, con nome e cognome, non ci sono scomparsi perché prelevati di notte dalla polizia o dai paramilitari. Volendo, i parenti possono visitarli. Ci sono state fucilazioni ma vanno viste le condizioni che hanno portato a questo. Sappiamo soltanto quello che ci dice la stampa statunitense e non quella non condizionata». Per carità, ognuno pensa ciò che vuole e di certo anche le democrazie hanno spesso le mani sporche di sangue. Ma almeno si potrebbe concordare sul fatto che i regimi rossi siano stati vagamente liberticidi. «Quello è inevitabile perché tu… non sono cose che vengono fatte perché l’uomo è buono, allora di sua spontanea volontà… tu devi costringere l’uomo a fare alcune cose e quindi alcune libertà personali vengono limitate ma… la domanda che allora io rivolgerei è: dov’è che non vengono limitate le libertà personali nel mondo?».Ribadiamo: Camilleri era legittimamente comunista e alcune sue critiche al sistema occidentale e ai luoghi comuni liberali sono persino accettabili. Ciò non toglie che egli sia stato un perfetto esemplare della intellighenzia di sinistra, sempre pronto a difendere il proprio orticello, sempre rabbiosamente ostile alle altre visioni del mondo, specie quelle destrorse o cattoliche. E mentre lo si celebra con rispetto, forse occorre ricordare anche questa parte del suo lascito. Un atteggiamento purtroppo condiviso dalla gran parte degli artisti e intellettuali italiani.
Greta Thunberg (Ansa)
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