2025-06-13
Carabiniere ucciso l’ultimo giorno di lavoro
Nel riquadro il carabiniere Carlo Legrottaglie. Sullo sfondo il luogo dove è stato ucciso all'alba a colpi di arma da fuoco durante un'attività di controllo nella zona industriale di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi (Ansa)
Il brigadiere capo Carlo Legrottaglie, che da oggi sarebbe stato in licenza fino alla pensione, è morto sotto i colpi sparati durante un inseguimento da un rapinatore sospettato di un assalto a un benzinaio. Il killer freddato in un conflitto a fuoco.Che quello fosse il suo ultimo giorno di lavoro prima del mese di licenza che aveva ottenuto in vista del congedo per limiti di età gli era già passato di mente. Quando ieri mattina è scattato l’alert per una rapina a un distributore di carburanti, ha indossato la bandoliera, è uscito dalla caserma di Francavilla Fontana, paesone della Puglia a metà strada tra Brindisi e Taranto, un agglomerato urbano adagiato tra le distese di uliveti e vecchie masserie, dove la provincia si mescola con il crimine organizzato dei confini tarantini, è salito sulla Gazzella e, con il collega che l’accompagnava, si è posizionato a un incrocio, come prevede il protocollo. Ma, mentre i colleghi già parlavano della festa, il brigadiere capo Carlo Legrottaglie, originario di Ostuni, prossimo ai 60 anni (da compiere il 5 luglio), un’intera vita nell’Arma, due figlie gemelle («Ti amerò per sempre Papà» e «questo non sarà mai un addio», scrivono sui loro social), una moglie e una carriera senza ombre, in quello che doveva essere il suo ultimo giorno con gli alamari sul bavero della giubba, con la croce d’oro per anzianità di servizio e il nastrino di specializzazione per gli interventi in caso di disastro nucleare biologico e chimico sul petto, si è trasformato in una vittima del dovere. A strappargli l’ultimo respiro, tra le sterpaglie basse e i rovi delle campagne di confine, dopo un inseguimento a piedi, sarebbe stato il grilletto di un rapinatore: Michele Mastropietro, 59 anni, pregiudicato di Carosino, un professionista delle rapine e degli assalti a portavalori. Nove anni fa l’ultima condanna a 9 anni per aver fatto parte di una banda che svaligiava i supermercati. Poi, nel 2013, l’assalto nelle campagne di Monteiasi a un portavalori della Sveviapol che trasportava contanti per 1 milione e mezzo di euro. Anche quella volta ci fu una sparatoria, con la polizia, che sventò la rapina. Ma senza vittime. Ieri, invece, lo Stato ha perso uno dei suoi. Quando la Lancia Y grigia rubata qualche settimana fa a Locorotondo, con a bordo Mastropietro e Camillo Giannattanasio, 57 anni, ha ignorato l’alt, la pattuglia di Legrottaglie si è fiondata all’inseguimento. Pochi minuti, curve, polvere, tensione. Le due auto si toccano più volte. Poi la Y finisce contro una recinzione e si ferma su una strada sterrata, in contrada Rosea. I fuggitivi scendono dall’auto e si infilano a piedi nei campi, tra gli ulivi. È in quel momento che Legrottaglie scende. E fa quello che ha fatto per decenni: interviene. Mastropietro spara. Il brigadiere risponde. Ma subito dopo crolla. Colpito mortalmente. Mentre il collega Costanzo Garibaldi, con cui divideva la pattuglia, riesce a salvarsi. Ma per Carlo non c’è più nulla da fare. Finisce riverso a terra. A un giorno dalla licenza (il 7 luglio sarebbe andato in congedo illimitato). In pochi minuti l’area si riempie di sirene. Viene attivato un dispositivo a tenaglia. Elicottero, droni e cani molecolari. Li scovano nella masseria Le Monache tra Grottaglie e San Marzano. Sono asserragliati. Pensano forse di resistere. O di trattare. Ma i proprietari chiamano le autorità. Ad arrivare sono i Falchi della polizia, in moto. Silenziosi e veloci. Giunge anche una Gazzella dell’Arma. Appena i due fuggitivi li vedono, aprono il fuoco. I Falchi e i carabinieri rispondono. Mastropietro, che era già stato ferito da Legrottaglie, cade. Ferito gravemente. Morirà poco dopo. Il complice viene preso e portato in caserma a Martina Franca, nella parte alta della città, in via Alcide De Gasperi, dove ha sede il Comando compagnia. Verso le 13 varca il cancello di ferro sorretto da due imponenti colonne di pietra il pubblico ministero della Procura di Brindisi Raffaele Casto. Era di turno, ma è lì per l’interrogatorio. La caserma di Francavilla Fontana, invece, è chiusa nel silenzio. I colleghi faticano a trattenere le lacrime. «Era un fratello», dice uno di loro, «uno che non ha mai mollato, neanche quando poteva starsene in ufficio». Intanto la mente va agli altri caduti. Perché non è la prima volta che Francavilla Fontana piange un militare. Venticinque anni fa fu il maresciallo Antonio Dimitri, 33 anni, a cadere sotto il piombo di una banda di rapinatori armati di fucili a pompa. E a dimostrazione che in quell’area della Puglia si spara contro le divise ci sono altri due caduti: Vincenzo Di Gennaro, vicecomandante della stazione di Cagnano Varano, freddato nel 2019 da un pregiudicato durante un controllo, Angelo Petracca, appena 20 anni, carabiniere ausiliario, ucciso nel 1990 a Ceglie Messapica. Ogni volta si celebra un funerale di Stato, si recita una preghiera, si depone una corona d’alloro. Ma quel che resta nelle caserme è il vuoto di un collega che non risponde più alla radio. Il vicepresidente della commissione Antimafia Mauro D’Attis (Forza Italia), pugliese, sa che quella zona ha bisogno di più uomini e più mezzi: «Lo Stato reagirà», ha assicurato, «mi attiverò per chiedere al governo il potenziamento delle forze dell’ordine in Puglia». Un impegno assunto anche dal Comitato per l’ordine e la sicurezza riunito ieri di corsa in Prefettura a Brindisi. Una dopo l’altra intervengono tutte le autorità. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso «profondo dolore». Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni «dolore e sdegno». Il ministro della Difesa Guido Crosetto: «Ci ha lasciato tenendo fede al giuramento prestato, proteggere a qualsiasi costo i cittadini». Poi «l’abbraccio commosso» inviato dal comandante generale dell’Arma Salvatore Luongo. Chiede «piena luce sulla dinamica dei fatti» il segretario generale del sindacato Unarma, Antonio Nicolosi. Ora tocca alla magistratura. Bisogna scavare. Capire se dietro quella sparatoria c’è un’organizzazione più ampia. E accertare se la rapina al distributore è riconducibile a Mastropietro e Giannattasio. Il vicecomandante generale dei carabinieri Marco Minicucci ha spiegato che l’inseguimento è scattato «perché i due non si sono fermati all’alt. La rapina non è in questo momento collegata». Resta, per ora, il bilancio amaro: un brigadiere dell’Arma caduto mentre faceva il suo dovere.
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