2025-09-21
Basta vaccini Covid «raccomandati». Negli Usa si faranno solo se serve
L’equivalente americano del nostro Nitag ha dato un taglio netto con le prassi del passato: le inoculazioni si dovranno concordare tra medico e paziente. Gli esperti criticano Pfizer e Moderna che fanno spallucce.L’intensa due giorni della commissione consultiva americana sui vaccini (Acip), con mansioni equivalente a quelle del Nitag soppresso da Orazio Schillaci, ha stabilito uno stop alla tetravalente (la vaccinazione contro la varicella dovrà essere effettuata separatamente rispetto a quella contro morbillo, parotite e rosolia) e ha rimandato sine die la revoca della vaccinazione dei neonati contro l’epatite B, ma è stata soprattutto dominata da una decisione epocale sui vaccini anti Covid: non saranno più raccomandati a tutta la popolazione, urbi et orbi, ma lasciati al «processo decisionale clinico individuale».I cittadini americani non saranno più sollecitati a vaccinarsi contro il Covid; gli over 65 e i fragili concorderanno d’ora in poi con i loro medici se sottoporsi o no all’inoculazione. Questo significa che per la prima volta gli Stati Uniti passano dal protocollo valido per tutti da 0 a 100 anni - il richiamo anti Covid è stato inserito perfino nel calendario vaccinale pediatrico - a una concertazione caso per caso. Il voto della commissione appena rinnovata dal ministro della Salute Robert F. Kennedy ha posto fine a settimane di tensione e articoli di fuoco sui maggiori quotidiani Usa contro i cambiamenti voluti da Donald Trump e Kennedy. Ci sono volute, però, ore di dibattito molto aspro («Che idiota!», si è lasciata sfuggire a microfono acceso una funzionaria mentre un relatore parlava) passando dal confronto aperto alle ostilità.A esprimere le nuove indicazioni vaccinali c’erano i nuovi membri della commissione Acip nominati da Kennedy: 12 componenti tra i quali il presidente Martin Kulldorff (epidemiologo, coautore della Great Barrington Declaration sull’immunità di gregge e già docente di biostatistica ad Harvard), Robert Malone (il papà dei vaccini a mRna) e Retsef Levi (professore al Massachusetts Institute of Technology - Mit, università d’eccellenza della ricerca mondiale), posto a capo del gruppo di lavoro sui vaccini anti Covid. Sono stati loro ad animare il dibattito giovedì e venerdì scorso: quello sui vaccini Covid è stato particolarmente significativo perché per la prima volta, in una delle massime istituzioni scientifiche americane, si è parlato delle criticità del preparato somministrato a miliardi di persone nel mondo, argomento finora tabù nella comunità scientifica globale.Levi ha avviato la discussione introducendo due nuovi membri Acip che, nella loro presentazione, hanno documentato le evidenze di tempesta immunitaria dopo più dosi di mRna, che l’mRna non rimane confinato nel sito d’iniezione, la contaminazione del Dna e la segnalazione di tumori emergenti dopo la vaccinazione. «Queste non sono preoccupazioni teoriche», ha statuito l’oncologo Wafik El-Deiry, «sono veri segnali biologici che richiedono uno studio urgente». Poi è stato il turno di Malone: lo scienziato ha criticato Pfizer per aver esaminato con test poco affidabili la diffusione della proteina Spike, quindi ha incalzato sia Pfizer sia Moderna sulla contaminazione del Dna. Gli scienziati di Moderna hanno accompagnato risposte evasive a lunghi silenzi, Pfizer ha dichiarato di non aver più nulla da commentare. Malone si è allora rivolto, molto duramente, ai Cdc: «La risposta anticorpale non equivale a protezione. Smettetela di dire il contrario». «Certamente può esserci una risposta anticorpale che non conferisce protezione», ha ammesso il pediatra Cody Meissner. L’attenzione di Kulldorff si è invece concentrata sulle anomalie congenite in gravidanza: «I dati mostrano otto casi nel gruppo delle donne vaccinate contro due casi nel gruppo di controllo», ha detto a Pfizer, che ha eluso la domanda.Le conclusioni del gruppo di lavoro di Levi, sebbene anche in Italia se ne parli ufficiosamente da anni, sono sconvolgenti: «I dati sull’efficacia del vaccino sono di qualità molto bassa; la protezione dalla malattia è incerta; i vaccini anti Covid possono causare mutazioni nel sistema immunitario che aumentano la suscettibilità alle infezioni; i decessi per miocardite sono documentati dalle autopsie, un probabile nesso causale con la vaccinazione deve essere riconosciuto; le sindromi post-vaccino possono persistere e sovrapporsi al long Covid, devono essere riconosciute e curate; la proteina Spike può persistere negli organi e nei linfonodi per mesi o anni, sollevando preoccupazioni di sicurezza che richiedono ulteriori studi; i vaccini Covid non sono mai stati testati in studi randomizzati adeguatamente potenziati in gravidanza e questo divario deve essere colmato.Levi ha, inoltre, osservato che, tra il 2022 e il 2025, soltanto l’8-10% degli operatori sanitari si è vaccinato contro il Covid: «Come possiamo raccomandare questi prodotti se le stesse persone che dovrebbero somministrarli non vi si sottopongono?». L’Acip, alla fine, ha espresso quattro voti: la vaccinazione Covid si deve basare su un processo condiviso per tutte le fasce d’età (voto unanime), i medici devono discutere danni e benefici con i pazienti per agevolare il consenso informato (voto unanime); i Cdc dovranno potenziare la documentazione sul consenso informato (voto a favore, 11 a 1); la proposta di chiedere una ricetta medica per la vaccinazione anti Covid è stata, invece, respinta: creerebbe problemi ai cittadini non assicurati. La conclusione è che i vaccini resteranno disponibili per tutti, ma la loro somministrazione verrà valutata caso per caso. L’ultima parola spetta al direttore dei Cdc, Jim O’Neill. La comunità scientifica mondiale, inclusa la recalcitrante cupola sanitaria italiana, dovranno prima o poi prendere atto e adeguarsi.