- Dalla memoria dei Saturnali alla tradizione cristiana, dieci ricette che riscoprono il senso profondo del convivio natalizio: piatti colti e popolari insieme, capaci di unire storia, gusto e creatività, per un pranzo delle feste che sia davvero «cum laude».
- Il vino, compagno indispensabile della festa. Dalle grandi etichette d’autore alle scoperte più sorprendenti, una guida ragionata alle bottiglie da portare in tavola a Natale: rossi importanti, bianchi longevi e vini capaci di affascinare, con le regole fondamentali per abbinarli, servirli e goderne appieno.
- Il galateo delle feste, tra eleganza ed empatia. Dieci regole pratiche – e qualche concessione intelligente – per apparecchiare, accogliere e condividere il Natale con stile: dalla tavola alla puntualità, dai brindisi all’arte dell’ospitalità, perché la vera buona educazione è far sentire gli ospiti a casa.
Lo speciale contiene tre articoli.
Siete pronti? C’è da festeggiare un Natale cum laude. Troppi sono i rumori sgradevoli che ci portano lontano dallo spirito della rinascita, dall’avverarsi della luce di Cristo sulla terra. Che siate laici o credenti sappiate che questo scemare dell’anno è dai tempi più remoti l’attesa della rinascita, del riavviarsi del ciclo vitale. E dunque non bisogna farsi trascinare nella consuetudine, si deve avere il coraggio di compiere una rivoluzione intima. Anche in cucina, anche a tavola, anche nel festeggiare.
Dunque recuperiamo lo spirito del Natale come attesa della luce, ma anche la consuetudine avita dei «saturnali». Non del sol invictus che è di certo il più fermo antenato del nostro 25 dicembre che Costantino nel 321 d.C elevò appunto a giorno di celebrazione della nascita di Gesù (come aveva decretato la domenica giorno della luce durante la settimana), ma a quella settimana di festeggiamenti che andavano più o meno dal 17 al 23 dicembre per placare il dio Saturno che durante l’inverno si divertiva a tormentare le genti. Era festa per celebrare lo scorrere del tempo (Saturno altro non era che il Kronos greco) e lo scorrere del tempo era appunto annuncio di rinascita. Si facevano libagioni e banchetti, ci si vestiva di rosso (il colore della vita e anche Babbo Natale se ci pensate bene è vestito di rosso!), ci si scambiavano doni e saltavano le gerarchie tanto che gli schiavi si sentivano liberi e il potere era dato a un princeps estratto a sorte come a dire che le cure pubbliche per una settimana andavano accantonate. Una sorta di anticipazione del «semel in anno» (una vota all’anno è lecito trasgredire) che sarà il motto del carnevale dall’alto medioevo in avanti. E perciò ci prepariamo – proprio per anestetizzare gli affanni contemporanei e purtroppo quotidiani – a un Natale da dieci cum laude che è la preghiera rivolta al Gesù che viene di darci la pace. Dunque in cucina e in cantina per scoprire i nostri molteplici di dieci.
Lasciamo perdere tortellini, cotechino, lasagne, arrosto o bollito misto anche se dovreste rivalutare con il riconoscimento Unesco alla cucina italiana (intesa come valore antropologico culturale) il gran fritto all’italiane che è u trionfo con verdure pastellate, cremini fritti, mele e poi le carni compreso il cervello anche se oramai è caduto in disuso. Lasciamo perdere perché diamo per scontate queste ricette e allora ecco die patti possibili per arricchire il pranzo di Natale avendo sempre presente l’incipit de “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi che così dice: “Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco di baldacchino, non credo sia necessario, per riuscire, di nascere con una cazzeruola in capo; basta la passione, molta attenzione e l’avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, ché questa vi farà figurare.”
Pasticcio di prosciutto in gelatina

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Ingredienti - Una cipolla, una carota, una costa di sedano, 6 fogli di colla di pesce, 300 gr di prosciutto cotto di ottima qualità a fette sottili, 80 gr di burro, 150 gr di prosciutto cotto in tre fette, 2 cucchiai di farina 00, 200 ml di latte, 200 ml di panna da montare (non dolcificata), 3 cucchiai di pisellini lessati, un uovo, 100 ml di olio di girasole e 100 ml di olio extravergine di oliva, un limone, un cucchiaini di senape, alcune foglie di lattuga, un uovo sale e pepe qb
Procedimento - Con carota, cipolla, sedano preparate un litro di brodo vegetale leggermente salato. Mettete in ammollo i fogli di cola di pesce, strizzateli e uniteli al brodo vegetale. Versatene meno della metà in quattro coppe che metterete subito a riposare in frigo. Ora preparate con 30 gr. di burro, la farina e il latte una besciamella che profumerete con un po’ di pepe e salerete leggermente. Frullate le fette di prosciutto sottili, mentre da una di quelle più spesse ricavate dei dadini. In una pirofila unite il prosciutto a dadini, quello frullato, il burro, la besciamella e la panna che avrete montato con le fruste e bagnate con un po’ di gelatina. Abbiate cura di avanzarne almeno la metà che vi servirà per chiudere il pasticcio. Aggiungete anche i pisellini e amalgamate bene. Ritirate dal frigo le coppette e verificate che la gelatina si sia consolidata. Colmate le coppette con la crema di prosciutto e dalle due fette spesse di prosciutto avanzate ricavatene 4 metà che metterete a copertura della crema di prosciutto. Ora colmate con la gelatina rimasta e rimette in frigo per almeno tre ore. Prima di servire preparate una maionese casalinga. Nel bicchiere del mixer a immersione mettete l’uovo che deve essere a temperatura ambiente, i due oli, il succo del limone e frullate alla massima velocita fino a ottenere una crema densa. Aggiustate di sale e incorporate la senape. Ritirate dal frigo le coppette di prosciutto, sformate, adagiate il pasticcio su foglie di lattuga e guarnite con la maionese.
Tarte tatin di scarola

Ingredienti - Un cespo d’insalata scarola bella croccante, cento grammi di pancetta o bacon in tre o quattro fette spesse da cui ricavare dei dadini, 80 gr di olive taggiasche denocciolate, 30 gr di capperi dissalati, una confezione di pasta sfoglia (o se preferite brisé), sale, pepe olio extravergine di oliva qb.
Procedimento - Lavate bene la scarola, asciugatela lasciandola però intera. In una teglia da forno circolare che possa contenere bene l’insalata un po’ schiacciata sistemate un foglio di carta forno che napperete con olio extravergine di oliva aggiungendo un pizzico di sale e di pepe. Ora adagiate la scarola nella teglia e inserite tra le foglie olive, capperi, dadini di pancetta o bacon che avrete ricavato tagliando le fette. Irrorate di olio extravergine di oliva e condite ancora con sale e pepe. Ricoprite la scarola con la pasta sfoglia o la brisé dando all’impasto una forma a conchiglia in modo che possa contenere l’insalata, bucherellate la pasta qua e là e infornate a 180 gradi per una ventina di minuti. Uscita dal forno capovolgete la tatin sul piato di portata, se volete date ancora un giro di extravergine, e servite.
Olive quasi all'ascolana

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Ingredienti - 40 olive denocciolate meglio se Tenera Ascolana e comunque di calibro generoso, 500 gr di carne macinata mista (maiale e manzo), tre uova, 12 cucchiai di pangrattato, 12 cucchiai di farina 00, un litro di olio per friggere, sale, latte e noce moscata qb.
Procedimento - Aprite a metà, dopo averle ben risciacquate dalla salamoia di conserva, per il verso della lunghezza le olive senza però dividere le due metà. In una ciotola condite con sale e noce moscata abbondante la carne e poi inserite dei pugnetti di macinato all’interno delle olive. Badate che la carne può, anzi deve sbordare dalle due metà delle drupe. E’ come se steste facendo una polpettina che è per circa due terzi della circonferenza avvolta dall’oliva. Ora sbattete le uova e se serve allungatele con un po’ di latte. Passate le olive prima nella farina poi nell’uovo, poi nel pangrattato, ancora nell’uovo e in ultimo nel pangrattato. Scaldate l’olio in una capace padella e friggete un po’ alla volta le vostre olive. Servitele croccanti e ben calde aggiustando di sale.
Tagliatelle in crosta

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Ingredienti - 250 gr di tagliatelle all’uovo di ottima qualità, una confezione di pasta brisé, 400 gr di funghi (vanno benissimo anche gli champignon), 150 gr di ottimo prosciutto crudo in due sole fette, 150 gr di formaggio Montasio (potete sostituire con Fontina o Asiago), 70 gr di burro, un uovo, tre cucchiai di olio extravergine di oliva, due spicchi d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, sale e pepe qb.
Procedimento - Fate a julienne il prosciutto e a brunoise il Montasio, mondate i funghi e mettete a bollire una pentola d’acqua dove lessare le tagliatelle. In una padella fate dorare nell’olio extravergine di oliva l’aglio, poi aggiungete i funghi tagliati a fettine. Fate prendere colore poi abbassate la fiamma e fate perdere tutta l’acqua ai funghi, aggiustate di pepe e di sale. Tritate finemente il prezzemolo. Ora foderate con la pasta brisè, mantenendo la carta forno, una tortiera a cerniera di 20 cm avendo cura che sbordi molta pasta. Lessate per non più di due minuti le tagliatelle in acqua salta, scolatele bene e conditele col burro. Poi saltatele nella padella con i funghi. Spegnete il fuoco e aggiungete la juliene di prosciutto e la dadolata di Montasio. Mescolate bene spolverizzando con il prezzemolo tritato e aggiustate se del caso col pepe. State attenti al sale perché la sapidità di prosciutto e formaggio potrebbe rendere disarmonico il piatto. Ora trasferite le tagliatelle nella tortiera avendo cura di lasciar cadere qua e là qualche fiocchetto di burro. Ricoprite con la pasta brisé a mo’ di bauletto. Sbattete solo il rosso dell’uovo e pennellate la superficie della crosta per dorare e infornate a 180 gradi per una ventina di minuti o fin quando la paste brisé non abbia un bel colore dorato.
Riso rosso in forma reale

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Ingredienti - 360 gr di riso italiano (Vialone, Carnaroli, Arborio, ma va benissimo anche il Roma) due o tre cipollotti freschi, un caspo di radicchio rosso, 150 gr di speck affettato sottilmente, 200 gr di Provolone dolce (o altro formaggio), 150 gr di burro di primo affioramento, 4 cucchiai di Parmigiano Reggiano o Grana padano grattugiato, 4 cucchiai di pangrattato, sale e pepe qb.
Procedimento - Mettete a lessare il riso in una pentola con acqua calda, ma non salata. Tritate finemente i cipollotti e fateli stufare in tre quarti del burro in una padella, mondate e tagliate a striscioline il radicchio e fatelo stufare con la cipolla aggiustando di pepe e di sale e se serve aggiungete appena un po’ di acqua di cottura del riso. Tritate grossolanamente lo speck e aggiungetelo al radicchio e fate a cubetti piccoli il Provolone. Scolate il riso a tre quarti di cottura (circa 10 minuti da quando alza il bollore) e saltatelo in padella per meno di un minuto. Fuori dal fuoco aggiungete il Provolone e il formaggio grattugiato. Mantecate vigorosamente in modo che il riso trattenga tutto il condimento. Imburrate una teglia da forno (noi abbiamo usato uno stampo da budino, va benissimo una tortiera a cerniera) e cospargetela di abbondante pangrattato. Riempitela col riso pressando bene. Infornate a 190 gradi per circa 15 minuti (volendo date due minuti di grill a fine cottura). Sformate e servite guarnendo con radicchio fresco.
Volevo essere un vincisgrasso

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Ingredienti - 400 gr di carne di manzo macinata di prima scelta, 500 gr di pasta per lasagne già pronta in fogli, 100 ml di olio extravergine di oliva, una carota, una costa di sedano, una cipolla, un cucchiaio di concentrato di pomodoro e 500 gr di passata di pomodoro, 250 ml di latte, 150 gr di burro, 3 cucchiai colmi di farina doppio zero, una mozzarella fiordilatte da 250 gr facoltativa, 250 gr di Parmigiano Reggiano o altro formaggio da grattugia, sale, pepe e noce moscata.
Procedimento - Tritate finemente le verdure e mettetele a soffriggere in una capace pentola con l’olio extravergine di oliva; appena le verdure si sono ammorbidite aggiungete la carne macinata e rosolatela bene, ora aggiungete il concentrato di pomodoro e successivamente la passata di pomodoro. Abbassate il fuoco e lasciate sobbollire per circa un’ora aggiustando di sale e pepe. Se serve aggiungete un po’ d’acqua di quando in quando. Nel frattempo preparate la besciamella. In una pentolina fate fondere il burro, aggiungete la farina e girate con la frusta energicamente finché la farina non si stacca dalle pareti. Ora fate colare a filo il latte intiepidito continuando a girare; aggiungete abbondante noce moscata, aggiustate di sale e pepe e aggiungete circa metà del formaggio grattugiato. Evitate il formarsi di grumi e lasciate la besciamella abbastanza sciolta. Adesso mettete a bollire una pentola d’acqua leggermente salata, preparate dei canovacci puliti su di un piano e una bacinella di acqua fredda. Fate scottare un po’ per volta le sfoglie di pasta nell’acqua salata che bolle per non più di due minuti, poi passatele in acqua fredda e adagiatele sui canovacci a perdere acqua. Se volete aggiungerlo tritate grossolanamente il fiordilatte. Quando il sugo di carne è pronto aggiungete due terzi della besciamella a fuoco spento e rigirate. Ora in una pirofila da forno stendete sul fondo un velo di besciamella poi adagiate un primo strato di pasta, condite abbondantemente col sugo, poi aggiungete un po’ di fiordilatte e una spolverata di formaggio grattugiato. In questo modo fate almeno quattro strati. All’ultimo ricoprite con la besciamella avanzata e spolverate in abbondanza col formaggio grattugiato in modo da ottenere una crosta dorata. Infornate 180 gradi per circa 45 minuti.
Stinco alla birra

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Ingredienti - Uno o due stinchi di maiale o di vitello di almeno 1,2 kg complessivi, 2 o 3 mele (scegliete quelle che più amate, la tradizione vuole che si usino le renette), 5 o 6 cucchiai di farina 00, 6 cucchiai di olio extravergine di oliva, 80 gr di burro di primo affioramento, 3 carote, due coste di sedano, 3 cipolle rosse, 2 pomodorini, qualche foglia di alloro, 4 o 5 chiodi di garofano, 500 ml di birra bionda, sale e pepe qb.
Procedimento - Sbucciate le mele e privatele del torsolo, fatele a tocchetti e mettetele in una bacinella con acqua fredda. Pulite le verdure. Con una carota, una costa di sedano, i pomodorini e una cipolla fate un brodo vegetale, le altre verdure mondatele bene e tritatele grossolanamente. Infarinate ben bene lo o gli stinchi che avrete massaggiato con sale e pepe, in una casseruola capiente e dotata di coperchio fate fondere il burro con l’olio extravergine con le foglie di alloro. Aggiungete gli stinchi e fateli dorare da tutti i lati in modo che facciano una crosticina, abbassate la fiamma e aggiungete nella casseruola le verdure. Incoperchiate e cuocete a fuoco dolce per una decina di minuti. Quando le verdure si sono un po’ ammorbidite aggiungete le mele che avrete scolato, i chiodi di garofano e subito dopo la birra. Alzate la fiamma per far evaporare l’alcol, poi incoperchiate e continuate la cottura a fuoco dolce. Di quando in quando rigirate gli stinchi e aggiungete un po’ di bordo vegetale. La carne deve sempre rimanere più che umida. Per portare a cottura ci vorranno circa due ore. A cottura ultimata vedrete che sul fondo della pentola sarà rimasta una crema di mele e verdure. Eliminate i chiodi di garofano e le foglie di alloro e servite gli stinchi nappandoli con il fondo di cottura.
La torta di patate

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Ingredienti - 800 gr di patate meglio a pasta bianca, 200 gr di scamorza o altro formaggio, 100 gr di Parmigiano Reggiano, Grana Padano o altro formaggio da grattugia, 100 gr di burro, 6 cucchiai di pangrattato, 200 gr di pancetta, 150 gr di prosciutto cotto (o un mix di altri salumi), 2 uova, sale, pepe e noce moscata qb.
Procedimento - Lessate ben bene le patate con la buccia, poi sbucciatele e schiacciatele ancora calde in una capace ciotola, conditele con un po’ di burro, metà del formaggio da grattugia, il sale, il pepe e la noce moscata. Fate a dadini i formaggi e i salumi. Battete le uova con un pizzico di sale. Ora aggiungete alle patate tutti gli ingredienti, uova comprese, e amalgamate. Prendete una pirofila da forno, imburratela e sistematevi l’impasto compattando bene. Ricoprite la superfice con il pangrattato, fiocchetti di burro e il formaggio da grattugia rimasto. Infornate a 190 gradi per una ventina di minuti.
Girelline all'arancia

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Ingredienti - 200 gr di farina (noi usiamo la 0), un’arancia di generose dimensioni non trattata, due cucchiaini di lievito istantaneo per dolci, 2 uova, due o tre cucchiai di Marsala stravecchio, un pizzico di sale, 40 gr di zucchero a velo, 20 gr di zucchero di canna, olio di semi di girasole alto oleico per friggere.
Procedimento - Impastate farina, uova, Marsala, lievito, un pizzico di sale, buccia d’arancia grattugiata e metà dello zucchero a velo con il solito procedimento (si uniscono prima tutte le polveri poi si fa la fontana, si rompono le uova al centro della fontana, s’irrora col Marsala, si aggiunge circa metà della buccia dell’arancia grattugiata e si impasta). Si lavora per qualche minuto fino a ottenere una pasta elastica e omogenea. Si avvolge nella pellicola alimentare e si fa riposare per una ventina di minuti in frigo. Trascorso questo tempo si stende la sfoglia sottile (diciamo due millimetri di spessore) e si ricopre di zucchero a velo, zucchero di canna e tutta la buccia d’arancia grattugiata rimasta. Ora si arrotola la pasta su se stessa e poi con l’aiuto di un coltello si tagliano tante girelline di spessore di circa 7-8 millimetri. Per ottenere la massima croccantezza si possono ripassare in frigo in attesa che in una larga padella l’olio per frittura arrivi a temperatura. A quel punto si friggono un po’ per volta le girelline, si sistemano su un piato di portata e si spolverizzano con altro zucchero a velo prima di servirle.
Zuppa inglese

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Ingredienti - Un litro di latte (meglio se fresco e intero), 8 cucchiai colmi di zucchero e 8 di rasi di farina 00, 4 cucchiai di cacao in polvere, 4 uova, 6 cucchiai di Alchermes, un limone non trattato, mezzo pandoro (circa 600 gr).
Procedimento - Affettate in fette sottili il pandoro, ora mettete sul fuoco un pentolino con il latte, la scorza del limone, le uova (due intere e due tuorli), lo zucchero e cominciate a girare con la frusta mentre fate cadere a pioggia la farina. Sorvegliate la crema girando continuamente e tenendo il fuoco molto dolce. Quando la crema si è addensata toglietela dal fuoco, separatela in due metà e mettete in una metà tre cucchiai di cacao in polvere amalgamando bene. Prendete le due creme e ponetele a raffreddare in frigorifero. Ora prendete uno stampo semisferico (quelli da zuccotto) di 20 cm di diametro, foderatelo con pellicola alimentare facendo sbordare abbondantemente la pellicola e foderatelo con alcune fette di pandoro che con un pennello irrorerete di Alchermes. Versate la crema al cacao e copritela con uno strato di pandoro che irrorerete di Alchermes, sopra a questo strato di pandoro versate la crema pasticcera bianca e chiudete con un ulteriore strato di pandoro. Ora sigillate il tutto con la pellicola che sborda dallo stampo e ponete in frigorifero per almeno 2 ore.
Le bottiglie per la festa

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Scomodo ancora uno dei miei “miti” Jean Anthelme Brillat-Savarin per far intendere a chi si picca di esiliare il vino dalla tavola a quale resia egli s’acconci. Scrive il grande francese nella Physiologie di gout di cui in quest’anno, che sta scemando, si celebrava il duecentesimo anniversario della pubblicazione: “Un pasto senza vino è un giorno senza sole” a rafforzativo della indispensabilità di una buona bottiglia; e per comprendere l’indispensabilità del nettare della vigna aggiunge: “Sostenere che non bisogna cambiar vino è un’eresia, la lingua si satura e dopo il terzo bicchiere anche il vino migliore desta una sensazione ottusa”. Quanta saggezza in queste parole! Ci sono alcune regole che accostandoci al pranzo delle feste conviene seguire per degustare al meglio il vino che deve essere compagno del cibo, non sovrastarlo né deve essere la ragione del convivio: si beve per compiacersi del pasto, non si consuma un pasto per bere. Sto per accingermi a fard un’azione di assoluta parzialità: indicherò alcune etichette a mio gusto. Non sono le migliori in assoluto, anche perché io aborro le classifiche, sono dei consigli avvertendovi che per spumanti, rosati e passiti ci sarà spazio in vista del Capodanno. Ma prima lasciate che vi offra delle indicazioni di massima che ci servono a non sbagliare. Prima cosa si va dai vini più leggeri a quelli più strutturati: dai bianchi ai rossi fino ai vini passiti. Il secondo consiglio è di stare aderenti quanto più si può alla propria regione se si portano in tavola piatti d’impostazione vernacolare. Terza cosa: attenti alle temperature di servizio. I rossi non vanno a temperatura ambiente teneteli al massimo ai 16 gradi, i bianchi di struttura teneteli meno freddi (diciamo sui 13 gradi) rispetto ai bianchi giovani (8/10 gradi): Gli spumanti devono essere assiderati i rosati serviteli a temperatura come i bianchi strutturati, i passiti si offrono o a temperatura ambiente se molto alcolici o freschi se più leggeri (ad esempio un Moscato d’Asti va trattato come uno spumante) e infine evitate l’eresia dello spumante – se non è dolce – con i panettoni e il fine pasto. Dette queste quattro cosucce vi offro una mia personalissima e parzialissima rassegna di bottiglie da non perdere.
I rossi d'autore

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Non lasciatevi fuorviare dall’idea che gli autoctoni siano meglio dei vitigni internazionali o che i tagli bordolesi siano per definizione impeccabili. Come sempre dipende da come si fanno le cose. Tra questi rossi d’autore ho scelto bottiglie che costano s^ ma non sono le più care in commercio: sono vini preziosi, ma perché nascono da grandi territori, da infinite passioni e da immense dedizioni.
TIGNANELLO – Marchesi Antinori – E’ un blend di Sangiovese e dei due Cabernet. Vino impeccabile. A partire da 150 euro.
SAN LEONARDO – Un taglio bordolese impeccabile, nasce dalle vigne della tenuta San Leonardo nel cuore del Trentino in riva all’Adige. I Guerrieri Gonzaga ne hanno fatto un mito. A partire da 100 euro.
AMARONE COSTASERA – Forse la massima espressione dell’Amarone nella sua identità. Sandro Boscaini il patron della Masi ne è fato un must mondiale. L’uvaggio è quello classico: Corvina, Molinara, Rondinella. Col bollito niente di meglio. A partire da 50 euro.
BRUNELLO RISERVA PODERE MATRICHESE – E’ uno dei Brunello di Montalcino più autentici. Sangiovese in purezza, affinato 6 anni in legno grande, Andrea Costanti ha fatto una bottiglia mito. A partire da 80 euro.
BAROLO DRAGOMIS – E’ uno dei rossi più grandi del mondo. C’è dentro l’anima della Langa, nebbiolo in purezza che “dorme” cinque anni nei grandi legni. Angelo Gaja ne ha fatto un vino di classe accessibile. Il prezzo è adeguato al valore a partire da 150 euro.
PALEO ROSSO – La massima espressione del Cabernet Franc in Italia creato da Eugenio Campolmi, oggi è sua moglie Cinzia Merli a proseguire il viaggio della massima qualità a Le Macchiole in quel di Bolgheri. Prezzo a partire da 110 euro.
SAGRANTINO 25 ANNI ARNALDO CAPRAI – Marco Caprai ha portato il Sagrantino alle vette della massima notorietà mondiale. Un vino scuro, potente, irripetibile. A partire da 60 euro.
TAURASI RADICI MASTROBERARDINO – La più alta espressione dell’Aglianico. Piero Mastroberardino ha portato questa bottiglia a una longevità assoluta. Prezzo a partire da 50 euro.
TERRE BRUNE CANTINA DI SANTADI – Antonello Pilloni, che ora ha passato il bastone del comando, ha fatto della Cantina cooperativa di Santadi un’espressione assoluta di qualità. Il Terre Brune è la massima espressione del Carignano del Sulcis: profuma di Mediterraneo. A partire da 48 euro.
MILLE E UNA NOTTE DONNAFUGATA – Un rosso incantevole che ha la potenza della Sicilia, il soffio del Mediterraneo, la souplesse dei profumi d’Oriente. Incontro di Petit Verdot con Syrah e Nero d’Avola è un rosso assoluto, A partire da 70 euro.
Le scoperte in rosso

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Sono infiniti i rossi di straordinaria qualità nel nostro paese: ne indico dieci che sono le mie bottiglie del cuore. Comincio con due marchigiani: il rosso Conero di Umani Ronchi
Podere San Lorenzo Montepulciano in purezza (28 euro) e con un Rosso Piceno Superiore a me particolarmente caro: il Roggio del Filare di Angiolina Velenosi incontro di Montepulciano e Sangiovese (sui 28 euro).
Ecco tre toscani a cui sono legatissimo. Prima di tutti viene il Lentisco di Fiorella Lenzi (Serraiolawine) Sangiovese in purezza che sa di Maremma (sui 20 euro), poi il Castello di Nipozzano Riserva di Frescobaldi che recupera la malvasia nera (sui 25 euro) e infine devo citare il Roddi Montepulciano de La Braccesca: il Sabazio (sangiovese e Merlot) sui 25 euro.
Per me insuperabile tra i vini di Romagna è il Vigan del Pruno di Drei Donà espressione autentica del Sangiovese (27 euro).
Segnalo anche se meriterebbe ben più ampia citazione dal Veneto il Venegazzù della Casa dove il Malbec dà profondità (sui 25 euro).
Andiamo in Abruzzo col Montepulciano di Emidio Pepe che merita la massima attenzione (il prezzo è elevato attorno ai 70 euro ma ne vale la pena) e torniamo a massimo nord con il Ludwig di Elena Walch forse la più alta espressione del Pinot Nero in Italia (39 euro) e chiudo con una Barbera incantevole la Barbera Bricco dell’Uccellone di Giacomo Bologna (58 euro).
Quei bianchi longevi e incantati

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Vi avranno sempre detto che i vini bianchi non sfidano il tempo, anzi bisogna berli più presto che si può. Sicuri? E pensare che sulla longevità denominazioni come Montrachet hanno costruito il loro mito (e il loro inarrivabile prezzo). Per fortuna ci sono degli enologi e dei produttori che in Italia hanno deciso di scommettere sui lori vini. Tra questi un posto d’onore spetta a Roberto Di Meo, enologo e produttore in quel di Salza Irpina che ha fatto del Fiano una sorta di opera d’arte del tempo. Da questo coraggio di sfidare l’affinamento escono dei gioielli assoluti. Eccone una personalissima e niente affatto esaustiva scelta.
ALESSANDRA FIANO DI MEO – Bottiglia che va in degustazione dopo nove anni dalla vendemmia. E’ un cru. I sentori sono giardino mediterraneo. Attorno ai 70 euro.
UTOPIA RISERVA MONTECAPPONE – Verdicchio classico dei Castelli di Jesi che Gianluca Mirizzi commercializza anche oltre i 20 anni dalla vendemmia. Ma già a dieci anni la potenza espressiva è incantevole. A partire da 50 euro.
CHARDONNAY TERLANO – Cantina alto atesina che per prima ha esplorato il lungo affinamento dei bianchi. Il suo Chardonnay è un gioiello. A partire da 48 euro.
CERVARO DELL ASALA – Altro Chardonnay incantevole che Renzo Cotarella per la Antinori sfruttando il clima eccezionale della collina orvietana ha portato a vette eccelse. A partire da 70 euro.
FIOR D’UVA MARISA CUOMO – Siamo alla viticoltura eroica della costiera amalfitana. A Furore Marisa Cuomo strappa alla scoglio questo gioiello assoluto. A partire da 80 euro.
TERRE ALTE LIVIO FELLUGA – E’ stato il primo superwhite, vino di classe assoluta capace di sfidare il tempo. Ha dentro tutta la classe del Friuli. A partire da 85 euro.
ESXTEMPORE SAUVIGNON DI VENICA – L’annata ora in commercio è la 2019. Gianni e Ornella Venica autori del miglior sauvignon d’Europa, il Ronco Mele, con questa bottiglia hanno sfidato il tempo. A partire da 75 euro.
TREBBIANO D’ABRUZZO VALENTINI – Una bottiglia gioiello che è nel mondo è richiesta e invidiata. La quint’essenza del trebbiano. A partire da 100 euro.
GAVI DI GAVI LA SCOLCA – Uno die bianchi più espressivi d’Italia quello de La Scolca varca i dieci anni di slancio. Bianco raffinatissimo. A partire da 70 euro.
RISERVA SANT’ELENA TERUZZI – Da quando questa prestigiosissima cantina di Sam Gimignano è nella mani di Francesco Moretti il salto di qualità è impressionante. La riserva di Vernaccia in purezza è capace di invecchiamento lunghissimo. A partire da 40 euro.
I bianchi capaci di affascinare

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Ecco una velocissima carrellata di bianchi capaci di affascinare le vostre serate di festa.
Partiamo con la Vernaccia di San Gimignano di Podere Falchini, l’Ab vinea Doni è preziosa a poco prezzo: a partire da 19 euro.
Un vino eccelso: il Mirum de La Monacesca offre il meglio di Matelica, anche questo è bianco dal lungo affinamento (a partire da 33 euro).
Sempre restando a Matelica nelle Marche va degustata necessariamente la Riserva Cambugiano della cantina Belisario , incantevole (28 euro).
Tra i bianchi un posto speciale va riservato allo Chardonnay di Vittorio Moretti Convento dell’Annunciata (35 euro).
In Liguria imperdibile il Pigato di Lupi (22 euro), e nel Lazio il Bellone eticheta Eny di Cincinnato è un gran bianco (22 euro).
Da non perdere il Castelcerino di Rocca Sveva Cantina di Soave (18 euro), notevolissimo in Calabria il Donna Giovanna di Tenuta Iuzzolino (20 euro).
In Sicilia merita particolare menzione l’Alta Mora di Cusumano Etna Bianco (25 euro) e ancora un passaggio in montagna stavolta in Valle d’Aosta per la Petite Arvine Les Freres di Grosjean (42 euro).
Il galateo delle feste: 10 cose da fare e da non fare per questo Natale

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Il Natale è un momento di grande festa e di rito dell'incontro che dovrebbe mettere tutti a proprio agio e farli sentire accolti con grande empatia. Ecco che quindi preparare una tavola ben apparecchiata acquista un significato profondo e aiuta a sentire ancor più speciale l'incontro con i commensali.
È però bene sapere che:- la tovaglia dovrebbe essere sempre linda e pinta, senza macchie nè tantomeno piegature che devono essere stirate prima di porle sul tavolo. Il galateo vorrebbe che il color della tovaglia fosse chiaro ma almeno a Natale si può chiudere un occhio e utilizzare anche la fantasia. Il colore di tendenza di quest'anno è il verde ma senza esagerare perchè vale il detto "less is more".
- non tutti sanno che il galateo è anche sostenibilità, ecco quindi che almeno a Natale o a Capodanno possiamo evitare di utilizzare piatti, posate e stoviglie di plastica/carta, compresa la famosa e sdoganata melamina! rispolveriamo i servizi "buoni" della nonna e circondiamoci di bellezza anche con eccellenze come le storiche porcellane Ginori.
- immancabile a capodanno un caloroso brindisi con un vino che accompagna l'incontro. Il galateo si raccomanda di non battere i bicchieri (i rumori sono sempre fastidiosi) e di non dire "cin cin" ma chi siamo noi per rompere quel momento di gioia facendo i maestrini dalla penna rossa? Se ci pensiamo però accompagnare il brindisi con un piccolo e sentito messaggio augurale sarà di certo più efficace e a volte più toccante di mille Cin Cin!
- il centrotavola è il coronamento di un'accurata apparecchiatura e a Natale non può mancare, ma attenzione a non usare fiori troppo profumati che potrebbero andare ad interferire con i sentori dei vini o delle pietanze.
- attenzione va posta anche all'uso delle candele che sono un must durante le festività. esse non devono essere troppo alte e invadenti da mortificare l'incontro degli sguardi, ma nemmeno troppo basse da toccare incidentalmente quando si prende un bicchiere e bruciarsi il polso. Vedo spesso durante i pranzi del 25 dicembre o del 1-6 gennaio i centrotavola con le candele: attenzione perché l'utilizzo è consentito solo dopo le 18 quando la luce del giorno comincia a perdersi completamente e mai a mezzogiorno! Vi confesso però che anche io ho ceduto a questa tentazione.
- a proposito di candele, si accendono sempre prima dell'arrivo degli ospiti ma non si spengono mai prima che tutti siano andati via! Utilizzarlo come segnale di congedo non è proprio elegante e spegnere le candele davanti agli ospiti che si attardano a far serata è sempre un gesto che sembra cacciare via!
- apprezzata moltissimo la puntualità dell'appuntamento ma sapete che essere in anticipo è più sgarbato che essere in ritardo? I padroni di casa potrebbe anche solo 15 minuti prima, essere in piena attività e anticipare l'incontro potrebbe creare davvero caos!
- se non volete presentarvi a mani vuote è bene concordare prima con chi ci ha invitato il vino o il dolce da portare ma se così non fosse, non bisogna rimanerci male se poi le vostre leccornie non vengono messe a tavola perché di certo è stato studiato un menù apposito pronto per essere armonico e apprezzabile per tutto l'incontro. Meglio allora prevedere di inviare la mattina stessa o il giorno dopo, un omaggio accompagnato da un bel biglietto di ringraziamento. Il risultato sarà di certo più comodo per tutti!
- una nota particolare va fatta per il tovagliolo che proprio nelle festività natalizie incontro pirotecnici modi di presentarlo. Innanzitutto il tovagliolo va apparecchiato a sinistra dopo le posate e mai con esse sopra. Le forme ad albero di Natale, a nastro, ad animale ecc. non andrebbero proposte non perchè non siamo carine e simpatiche, ma semplicemente perchè il tovagliolo (che va a contatto strettissimo con la bocca) andrebbe maneggiato il meno possibile, piegato a rettangolo o a triangolo con la bombatura verso il piatto. Decorarlo poi con paillettes, foglie di edera (che tra l'altro è tossica) brillantini o altro inficia l'utilizzabilità salubre del tovagliolo stesso.
- infine la regola più importante è quella di apparecchiare con generosità un elemento fondamentale: l'empatia! senza questa, potete aver fatto tutto benissimo, secondo le perfette regole di Monsignor Della Casa ma avrete fallito con l'ideale dell'incontro: quello di essere felici con i vostri ospiti per tutto il tempo che risiederanno sotto il vostro tetto (cit. Brillant Savarin)!










