Alla scoperta dei percorsi che puntano al riutilizzo delle alzaie dei canali e dei tracciati ferroviari abbandonati. Dal Trentino al Piemonte, passando per Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Liguria, il territorio settentrionale offre numerose piste. E negli ultimi anni anche il Centro Sud ha preso parte a questa trasformazione. Particolarmente bella l'ex tratta tra Umbertide e Fossato di Vico in Umbria. Cantieri aperti in Puglia e Basilicata.
Alla scoperta dei percorsi che puntano al riutilizzo delle alzaie dei canali e dei tracciati ferroviari abbandonati. Dal Trentino al Piemonte, passando per Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Liguria, il territorio settentrionale offre numerose piste. E negli ultimi anni anche il Centro Sud ha preso parte a questa trasformazione. Particolarmente bella l'ex tratta tra Umbertide e Fossato di Vico in Umbria. Cantieri aperti in Puglia e Basilicata.Lo speciale contiene un articolo e 7 approfondimenti sulle principali vie verdi del Nord Italia.Mai come adesso è stato così importante riformulare le nostre idee sul turismo. La difficoltà di organizzare anche solo un weekend all'estero e le restrizioni nazionali stanno gettando alcuni nel baratro e stimolando altri (tra operatori e fruitori) a immaginare un modo diverso di fare e offrire vacanze.L'espressione slow tourism non è certo nuova, ma è solo dall'anno scorso che viene utilizzata in maniera programmatica pensando all'Italia. Se la necessità primaria, per il momento, rimane quella di evitare gli assembramenti, allora si capisce perché i borghi e le mete alternative, i cammini ed esperienze quali il cicloturismo siano entrati a far parte dell'interesse comune. In questa cornice si inseriscono a pieno diritto le «greenways», percorsi riservati «esclusivamente a spostamenti non motorizzati, con caratteristiche di larghezza, pendenza e pavimentazione da garantirne un utilizzo facile e sicuro. Il riutilizzo delle alzaie dei canali e delle linee ferroviarie abbandonate ne costituisce lo strumento privilegiato». Così la European Greenways Association, nata nel 1998 a Namur (Belgio) con l'obiettivo di incoraggiare la creazione e la promozione di vie verdi in Europa.Un modo di viaggiare caratterizzato da un approccio lento ed ecologista, che trova conferma nei circa 1.000 chilometri di ferrovie italiane dismesse e divenute ciclabili, su un totale di 5.000 disponibili. «Manca l'80%»: così Antonio Dalla Venezia, presidente Comitato tecnico scientifico Bicitalia, Fiab nazionale, il quale ci parla in maniera entusiastica di «un progetto che dura da decenni e che ha ricadute positive sul comparto turistico e non solo».«Attualmente - si legge sul sito delle Ferrovie dello Stato - sono circa 1.700 le stazioni impresenziate della rete ferroviaria italiana che concediamo tramite contratti di comodato d'uso gratuito alle associazioni e ai comuni affinché siano avviati progetti sociali che abbiano ricadute positive sul territorio».I finanziamenti, erogati dai ministeri, dalle regioni o dall'Unione Europea - hanno finora dato vita a 57 ciclovie (più o meno lunghe) lungo ex ferrovie. «Se inizialmente - continua Dalla Venezia - era il Nord il più virtuoso, da dieci anni a questa parte il Centro Sud ha preso pienamente parte a questa trasformazione. Si pensi all'ex ferrovia tra Umbertide e Fossato di Vico (PG) e ai lavori in corso sia in Puglia che in Basilicata, per citare alcuni tra i 10 cantieri aperti in questo momento».Al di là delle esigenze legate al viaggio, la mobilità sostenibile è un diritto oltre che un dovere civico. In particolare, la bicicletta non solo migliora lo stato di salute psicofisico, rispondendo alla necessità sempre crescente di un contatto con la natura, ma può diventare (e in parte sta diventando) un'alternativa all'uso dell'automobile, anche integrandosi con l'uso di altri mezzi di trasporto.Le ciclabili su ferrovie dismesse riscuotono maggiore interesse da quando è scoppiata la pandemia? «Indubbiamente - risponde Dalla Venezia - secondo una ricerca di Legambiente, da un anno a questa parte si è registrato un raddoppio delle ricerche su Google in base a parole chiave come cicloturismo o turismo in bicicletta. Insomma, un + 100 percento. A essere maggiormente interessati sono i giovani e le ricerche vengono fatte anche da chi non è quasi mai salito su una bicicletta».Il che testimonia che il turismo di prossimità - legato o meno che sia alle contingenze - rimane al centro dell'attenzione. Ma perché optare per piste ciclabili ricavate da sedimi ferroviari? «L'appetibilità e il fascino che regala un percorso di questo tipo è ampiamente superiore a una normale ciclovia, perché significa pedalare nella memoria e godere di emozioni diverse». Binari, ponti e viadotti rappresentano infatti un vero e proprio patrimonio culturale e architettonico.Alcune regioni si sono particolarmente distinte per l'impegno profuso. Per premiarle, è stato indetto l'Italian Green Road Award, l'Oscar italiano del cicloturismo, giunto ormai alla sua sesta edizione, a cui partecipa anche Ferrovie dello Stato Italiane. Le candidature per il 2021 si sono aperte a inizio aprile: ogni regione può proporre un massimo di due vie verdi. Dal 18 al 20 giugno, sarà l'Abruzzo - Oscar del Cicloturismo 2020 con la ciclovia Bike to Coast - a ospitare nella città di Pescara la cerimonia di premiazione.La selezione che segue include alcune piste ciclabili ricavata dai sedimi ferroviari del Nord Italia.<div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="trentino-alto-adige" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Trentino Alto Adige Caldaro (iStock) La tratta Bolzano - Caldaro, altrimenti conosciuta come pista ciclabile dell'Oltradige, si snoda lungo una ferrovia ottocentesca dismessa dal 1971. Il punto forte sono i paesaggi: fiumi (Isarco e Adige), vigneti e laghi (di Caldaro).Da un punto di vista strettamente ferroviario, degni di nota sono il ponte in ferro sull'Adige e le due gallerie di Appiano, sulla Strada del Vino.20 km percorribili in meno di un'ora e mezza, vista la facilità del percorso e i pochi tratti di traffico promiscuo.Tappa intermedia è Castel Firmiano, fortezza medievale entrata a far parte del circuito dei Messner Mountain Museum, insieme al Corones, al Dolomites, allo Juval, al Ripa e all'Ortles. Di più: ne è il cuore. Il progetto è stato voluto dal grande alpinista per onorare la montagna (inutile ripeterlo: i musei sono chiusi fino a successiva ordinanza).A Caldaro si trova, come suggerito dal nome, il bacino d'acqua naturale più caldo (e anche il più grande) delle Alpi, che durante la bella stagione invoglia a tuffarsi. Importante: è meglio munirsi di acqua preventivamente. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="friuli-venezia-giulia" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Friuli Venezia Giulia La ciclovia Alpe Adria (iStock) Dalla montagna al mare su due ruote: la ciclovia Alpe Adria sembra raccogliere l'essenza del Friuli Venezia Giulia e metterla a disposizione del ciclista.Creata in cooperazione con l'Austria, questa pista ciclabile transfrontaliera è una delle più frequentate d'Italia. L'intero percorso prevede 8 tappe, a unire idealmente Mozart e l'Adriatico, attraversando le Alpi.Quanto al tracciato esclusivamente italiano, i chilometri sono 175, ma è possibile percorrere dei singoli tratti: Tarvisio – Venzone (60 km), Venzone – Udine (55 km) e Udine – Grado (59 km). Il primo segmento segue il tracciato della vecchia ferrovia Pontebbana, aperta nel 1879 e dismessa nel 1995. Luoghi di interesse, oltre a Tarvisio, sono Pontebba e Moggio Udinese. Gallerie e viadotti tra i più evocativi d'Europa si snodano in mezzo a prati, boschi e vigne. A Chiusaforte l'ex stazione è diventata un punto ristoro dotato anche di camere e di una ciclofficina, esempio di una riconversione ben riuscita. Da Venzone a Udine, invece, segnaliamo Bordano (il paese delle farfalle) e Osoppo, ex insediamento celtico.La terza tratta (la più trafficata) conduce direttamente al mare. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="veneto" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Veneto Treviso, fiume Sile (iStock) La Treviso – Colzè (VI) è un'ottima scusa non solo per attraversare le campagne del Veneto, ma anche per ammirare alcune delle sue storiche ville (La Badoèra, Villa Cornaro e Villa Contarini). Un tempo dimore dei nobili della Repubblica di Venezia, sono oggi testimonianze storico-artistiche di inestimabile valore. E anche paesaggistiche: i giardini che le circondano sono sontuosi. Particolarmente degne d'attenzione le ville palladiane, non a caso Patrimonio dell'umanità Unesco.59,7 chilometri (poco più di 3 ore) separano le due località lungo l'ex ferrovia che collegava Treviso a Ostiglia. La brutta notizia è che non ci sono fontanelle per l'acqua: fondamentale, quindi, portarsi dietro una buona scorta. La pista affianca per un tratto il fiume Sile, tutelato dall'omonimo Parco Naturale Regionale. Ponti, ex stazioni e binari convivono con robinie, aceri ed altre specie, mentre nei campi vengono coltivate le specialità della zona, il radicchio trevigiano e l'asparago di Badoere Igp, da accompagnare con un'altra specialità locale: il Prosecco Superiore delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene.La Treviso – Colzé è una delle piste ciclabili più amate del Veneto e d'Italia. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="emilia-romagna" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Emilia Romagna San Giovanni in Persiceto (iStock) È stato inaugurato lo scorso 13 aprile: è il tratto che unisce Mirandola (MO) a Osteria Nuova (BO). Realizzato lungo l'ex ferrovia Bologna – Verona, fa parte della Ciclovia del Sole, a sua volta inserita nell'itinerario Eurovelo 7, che collega Capo Nord a Malta. 46 k m di facile percorrenza che, attraverso stazioni abbandonate e ponti di metallo, tocca in tutto 8 comuni. Questa pista ciclabile è un caso a sé stante nel panorama italiano: sul percorso sono presenti piazzole dotate di wi-fi, carica cellulare ed e-bike, ma anche di attrezzi e acqua. Tra le località, segnaliamo San Giovanni in Persiceto, considerato una sorta di piccola Bologna per i suoi portici colorati. Da non perdere le panchine ispirate a grandi artisti della storia, ma anche la statua di Re Gino, che rappresenta un gatto seduto su una sedia. Un era la tempo mascotte del paese, che per il resto è ricco di chiese, musei e murales. Anche Mirandola merita una visita approfondita, soprattutto per la Pieve Romanica di Santa Maria ad Nives, bene del FAI. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="lombardia" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Lombardia Cornello dei Tasso (iStock) In Lombardia figurano 121,3 chilometri di ferrovie dismesse e convertite in piste ciclabili. Una di queste è la Zogno - Piazza Brembana, in provincia di Bergamo. 21 chilometri a cui, da due anni, è stato aggiunto un altro tratto (Sombreno - Zogno).L'ideale è partire dal centro di Bergamo, percorrendo un tratto della greenway del Morla (così è chiamata la ciclabile di Sombreno): poco meno di 50 chilometri da attraversare su due ruote, ammirando i paesaggi circostanti con lentezza. A Zogno bisogna percorrere la Statale SS470 per 2 chilometri prima di raggiungere la ciclabile della Val Brembana. Fortunatamente l'amministrazione ci sta lavorando. Durante il percorso si toccano luoghi di grande interesse:Porto di Clanezzo, con il suo ponte sospeso, l'antica dogana e il ponte millenario di Attone;San Pellegrino Terme: famosa per lo stile Liberty, il suo Grand Hotel e l'ex casinò, ora trasformato in stabilimento termale (gruppo QC Terme);Oneta (frazione di San Giovanni Bianco): il paese natale di Arlecchino;Cornello dei Tasso: antico borgo famoso per la famiglia Tasso, precorritrice delle poste moderne. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem6" data-id="6" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=6#rebelltitem6" data-basename="piemonte" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Piemonte Ciclabile delle Risorgive (YouTube) Per il Piemonte abbiamo scelto la pista ciclabile Airasca – Villafranca, entrambi comuni del Torinese. Una ciclovia adatta a tutti, vista la brevità (16.5 km) e la pendenza quasi assente. L'unica accortezza è quella di scegliere una mountain bike o una bici da trekking, le più adatte a questo tipo di percorso.Pedalando lungo la ex ferrovia che, fino al 1986, collegava Airasca e Saluzzo (CN), si gode appieno della natura, dominata dai campi di mais e di grano, dai pioppeti e dal profilo del Monviso. Nel mentre, segnali, passaggi a livello e altre testimonianze ferroviarie. Pit stop obbligatorio a Vigone, dove si trova una fontanella dove fare scorta d'acqua, oltre a uno dei presepi più grandi d'Italia, esposto nel municipio. Arrivati a Villafranca si incontrano il Po, l'antichissima Cappella della Missione (circondata dall'omonimo boschetto naturalistico), la Chiesa della Beata Vergine delle Grazie e i resti del castello.La ciclovia è anche conosciuta come Via delle Risorgive, viste le numerose sorgenti di acqua dolce del territorio. Ogni comune è dotato di un'area di sosta. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem7" data-id="7" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/turismo-bici-pedala-ex-binari-2652631801.html?rebelltitem=7#rebelltitem7" data-basename="liguria" data-post-id="2652631801" data-published-at="1618837552" data-use-pagination="False"> Liguria Simone Bianchi La Framura - Levanto (SP) è una delle piste ciclabili più belle che si possano immaginare. Qui mare, montagne e case dai colori pastello contribuiscono a creare un paesaggio più unico che raro, reso ancor più invogliante dai sapori del territorio.Un angolo di Liguria, questo, conosciuto anche come "Baie del Levante" e che include (oltre ai due comuni sopracitati) Bonassola, Deiva Marina e Moneglia. Siamo tra le Cinque Terre e il Golfo del Tigullio.I chilometri della ciclopedonale Maremonti sono circa 5,5 e il percorso – per lo più in galleria – dura una ventina di minuti. La tratta inizia dal fondo del parcheggio sopraelevato di Levanto ed è pianeggiante fino alla fine. Alcuni punti danno l'accesso a calette nascoste e poco frequentate, dove il mare è più limpido.Una pista ciclabile perfetta per la stagione estiva, vista la frescura offerta dalle gallerie, che sembra di percorrere in treno, ma a un'andatura più lenta. La ferrovia interessata collegava un tempo Genova e Pisa e venne dismessa nel 1970. Il progetto attuale è quello di allungare la ciclopedonale, annettendo altri paesi.
Marco Minniti (Ansa)
L’ex ministro: «Teniamo d’occhio la Cina su Taiwan. Roma deve rinsaldare i rapporti Usa-Europa e dialogare col Sud del mondo».
Attilio Fontana e Maurizio Belpietro
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Lombardia avverte: «Non possiamo coprire 20 mila ettari di campi con pannelli solari. Dall’idroelettrico al geotermico fino ai piccoli reattori: la transizione va fatta con pragmatismo, non con imposizioni».
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana affronta il tema dell’energia partendo dalle concessioni idroelettriche. «Abbiamo posto fin da subito una condizione: una quota di energia deve essere destinata ai territori. Chi ospita dighe e centrali subisce disturbi e vincoli, è giusto che in cambio riceva benefici. Per questo prevediamo che una parte della produzione venga consegnata agli enti pubblici, da utilizzare per case di riposo, scuole, edifici comunali. È un modo per restituire qualcosa alle comunità».
Investimenti e controlli sulle concessioni. Belpietro incalza: quali investimenti saranno richiesti ai gestori? Fontana risponde: «Non solo manutenzione ordinaria, ma anche efficientamento. Oggi è possibile aumentare la produzione del 10-15% con nuove tecnologie. Dobbiamo evitare che si ripeta quello che è successo con le autostrade: concessioni date senza controlli e manutenzioni non rispettate. Per l’idroelettrico serve invece una vigilanza serrata, con obblighi precisi e verifiche puntuali. La gestione è più territoriale e diretta, ed è più semplice accorgersi se qualcosa non funziona».
Microcentrali e ostacoli ambientali. Sulla possibilità di nuove centrali idroelettriche, anche di piccola scala, il governatore è scettico: «In Svizzera realizzano microcentrali grandi come un container, che garantiscono energia a interi paesi. In Italia, invece, ogni progetto incontra l’opposizione degli ambientalisti. Anche piccole opere, che non avrebbero impatto significativo, vengono bloccate con motivazioni paradossali. Mi è capitato di vedere un’azienda agricola che voleva sfruttare un torrente: le è stato negato il permesso perché avrebbe potuto alterare di pochi gradi la temperatura dell’acqua. Così diventa impossibile innovare».
Fotovoltaico: rischi per l’agricoltura. Il presidente spiega poi i limiti del fotovoltaico in Lombardia: «Noi dobbiamo produrre una quota di energia pulita, ma qui le ore di sole sono meno che al Sud. Per rispettare i target europei dovremmo coprire 20 mila ettari di territorio con pannelli solari: un rischio enorme per l’agricoltura. Già si diffonde la voce che convenga affittare i terreni per il fotovoltaico invece che coltivarli. Ma così perdiamo produzione agricola e mettiamo a rischio interi settori».
Fontana racconta anche un episodio recente: «In provincia di Varese è stata presentata una richiesta per coprire 150 ettari di terreno agricolo con pannelli. Eppure noi avevamo chiesto che fossero privilegiate aree marginali: a ridosso delle autostrade, terreni abbandonati, non le campagne. Un magistrato ha stabilito che tutte le aree sono idonee, e questo rischia di creare un problema ambientale e sociale enorme». Mix energetico e nuove soluzioni. Per Fontana, la chiave è il mix: «Abbiamo chiesto al Politecnico di Milano di studiare un modello che non si basi solo sul fotovoltaico. Bisogna integrare geotermico, biomasse, biocarburanti, cippato. Ci sono molte fonti alternative che possono contribuire alla produzione pulita. E dobbiamo avere il coraggio di investire anche in quello che in Italia è stato troppo a lungo trascurato: il geotermico».
Il governatore cita una testimonianza ricevuta da un docente universitario: «Negli Stati Uniti interi quartieri sono riscaldati col geotermico. In Italia, invece, non si sviluppa perché – mi è stato detto – ci sono altri interessi che lo frenano. Io credo che il geotermico sia una risorsa pulita e inesauribile. In Lombardia siamo pronti a promuoverne l’uso, se il governo nazionale ci darà spazio».
Il nodo nucleare. Fontana non nasconde la sua posizione favorevole: «Credo nel nuovo nucleare. Certo, servono anni e investimenti, ma la tecnologia è molto diversa da quella del passato. Le paure di Chernobyl e Fukushima non sono più attuali: i piccoli reattori modulari sono più sicuri e sostenibili. In Lombardia abbiamo già firmato con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica un accordo per sviluppare Dal confronto con Belpietro emerge un filo conduttore: Attilio Fontana chiede di mettere da parte l’ideologia e di affrontare la transizione energetica con pragmatismo. «Idroelettrico, fotovoltaico, geotermico, nucleare: non c’è una sola strada, serve un mix. Ma soprattutto servono regole chiare, benefici per i territori e scelte che non mettano a rischio la nostra agricoltura e la nostra economia. Solo così la transizione sarà sostenibile».
Continua a leggereRiduci
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
Continua a leggereRiduci
2025-09-15
Pichetto Fratin: «Auto elettriche, l’Ue sbaglia. Così scarica i costi sugli europei»
True
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il ministro dell’Ambiente attacca Bruxelles: «Il vincolo del 2035 è una scelta ideologica, non scientifica». Sul tema bollette, precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti».
Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
Continua a leggereRiduci