2025-12-04
I giudici premiano i ladri e umiliano gli agenti
Gli italiani si sentono meno al sicuro: questo non dipende dal numero di forze dell’ordine nelle strade ma da quello dei malviventi lasciati liberi di delinquere. All’estero i banditi vanno in cella. Nel nostro Paese rischiano di più la galera quanti indossano la divisa.Volete sapere perché gli italiani si sentono meno sicuri di prima? La risposta non è legata solo al numero di agenti che presidiano le strade, ma soprattutto al numero di malviventi lasciati liberi di delinquere. Altri Paesi europei hanno meno poliziotti di noi e, nonostante ciò, i furti sono in media inferiori di numero a quelli che si registrano a casa nostra. Così pure la percentuale di rapine e di violenze. Se la statistica premia chi ha forze dell’ordine meno presenti delle nostre, una ragione c’è: altrove, quando beccano un ladro, lo mettono dentro e ce lo tengono. E così pure quando arrestano uno stupratore. La differenza è tutta qui: da noi è più facile finire dietro le sbarre se si fa il poliziotto che se di «mestiere» si scippano le vecchiette. Non ci credete? Leggete di seguito una serie di esempi.Il caso più clamoroso riguarda la vicenda di Ramy Elgaml, il ragazzo egiziano che a Milano è morto mentre fuggiva durante un inseguimento. Che lui e il suo amico non si fossero fermati all’alt dei carabinieri ormai è pacifico, come pure è assodato che il comportamento pericoloso del giovane che guidava lo scooter sia all’origine dell’incidente che è costato la vita all’amico. Ciò nonostante, nel mirino dei magistrati sono finiti sette carabinieri, ovvero quasi tutti gli equipaggi delle pattuglie che hanno dato la caccia ai due fuggiaschi. Invece di ricevere un encomio per aver rischiato la propria incolumità per fermare persone che in teoria avrebbero potuto essere pericolosi delinquenti, i militari sono finiti sul banco degli imputati. Chi per guida pericolosa, chi per non aver redatto il verbale riferendo ogni passaggio dell’inseguimento, chi per aver fatto cancellare il video del cadavere di Ramy fatto da un passante.Ora, se sette carabinieri su otto dopo un anno sono ancora costretti a difendersi dall’accusa di aver fatto il proprio dovere, immaginatevi quale potrà essere la reazione degli agenti la prossima volta che vedranno un tizio fuggire all’alt. Lo inseguiranno oppure volteranno la testa dall’altra parte? Io penso che la risposta più probabile sia la seconda.Altro episodio su cui riflettere. Accade sempre a Milano, città il cui sindaco (di sinistra) insiste a dire che la sicurezza è una questione di percezione. La polizia ferma un gruppo di maranzine di origine egiziana responsabili di aggressioni ai danni di alcuni coetanei. Le giovani, prese quasi con le mani nel sacco, sono denunciate e rimesse in libertà, ovvero in condizioni di continuare a fare ciò che hanno fatto, vale a dire aggredire e derubare.Restiamo al Nord, a Verona. Un’altra «risorsa» aggredisce un agente con un coltello dopo aver minacciato varie persone. Sentendosi in pericolo, il poliziotto spara e uccide l’extracomunitario. È evidente a chiunque che si sia trattato di legittima difesa, ma l’assistente capo della Polfer finisce indagato e solo dopo quasi un anno è prosciolto da ogni accusa. Nel frattempo, però, viene eretto un monumento allo straniero che minacciava di accoltellare i passanti e una ventina di associazioni (tutte di sinistra) chiedono verità e giustizia per l’immigrato Spostiamoci ad Ascoli Piceno. Il tribunale della città marchigiana ha assolto un gambiano che ha staccato una falange a una poliziotta. Non si conoscono le motivazioni della sentenza, ma anche applicando tutte le attenuanti che si possono immaginare, risulta difficile capire perché chi commette una violenza nei confronti di un agente possa essere messo in libertà. A meno che picchiare un poliziotto sia ritenuto un reato di lieve entità, come lascia intuire una sentenza della Corte costituzionale. La Consulta ha, infatti, stabilito che a chi oppone resistenza o aggredisce dei pubblici ufficiali, ossia poliziotti o carabinieri, possono essere concesse le attenuanti. La tenuità del fatto si applica anche a chi sputa in faccia a un agente, oppure si scontra con le forze dell’ordine. Naturalmente potrei continuare, portando altri episodi che spiegano come mai gli italiani si sentano insicuri, ma credo che quelli citati bastino. Il problema non è quanti poliziotti abbiamo, ma come li usiamo e come rispettiamo il loro lavoro. Non servono nuove leggi e pene più pesanti: bastano e avanzano quelle che abbiamo a patto, però, di farle rispettare. Non so se vi è sfuggito il dettaglio, ma in quasi tutte queste vicende le decisioni sono prese dalla magistratura. Le indagini a carico dei carabinieri del caso Ramy, le maranzine a piede libero, il gambiano assolto dall’accusa di aver staccato un dito a un’agente, l’indagine a carico del poliziotto e pure la sentenza per cui picchiare un uomo delle forze dell’ordine non è grave, sono frutto di una giurisprudenza che premia i ladri e mortifica gli agenti. E poi vi stupite se aumenta l’insicurezza?