Una vicenda cominciata nel novembre del 2019, quando la signora lascia Venezia e il suo compagno per tornare nella nativa Brescia assieme ai figlioletti. Sospetta abusi sessuali, vengono avviate una causa civile e una penale che finiscono archiviate, però inizia il calvario dei bambini che devono sottostare alle disposizioni più assurde e contraddittorie quanto alla loro collocazione.
Nel novembre del 2022, dopo un anno di insistenza, il padre di Marco e Luca ottiene il prelievo coattivo dei figli. «C’è il verbale in cui lui chiede esplicitamente questa cosa, perché dice che era necessario per riavvicinarli a lui», racconta alla Verità la mamma Giovanna. Il prelievo forzato dei bimbi fu documentato dal servizio di Raffaella Regoli nella puntata di Fuori dal coro del 29 novembre 2022, su Rete4.
Immagini tremende, dei fratellini barricati in casa pieni di paura mentre una trentina tra vigili del fuoco, poliziotti e assistenti sociali buttano giù la porta di casa, con i nonni attoniti che non riescono a impedire tanta violenza e la mamma a terra, ammanettata perché non lasciava che i figli venissero via in un blitz da cattura di camorristi.
I bimbi non erano in grave pericolo di vita, una simile modalità di «presa in carico» era contro la legge, eppure quelle creature furono vittime, oltre che del difficile clima familiare, anche della furia giudiziaria che dispose ben due volte l’allontanamento dei bimbi. Quando i piccoli sembravano poter vivere con la mamma, in base a un decreto che annullava il precedente, nell’ottobre del 2024 vennero prelevati da scuola e collocati nuovamente in casa famiglia. Addirittura in due strutture diverse, immaginiamoci la sofferenza di quei piccoli.
Da quel momento Marco ha presentato problemi di salute, con un primo accesso in pronto soccorso. I disturbi «sarebbero stati attribuiti al trauma da separazione e considerati di natura psicosomatica - da trattare quindi con terapia psicologica - e non sarebbero state effettuate tempestive visite mediche», afferma Marina Terragni, autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, intervenendo sulla vicenda. Intanto, dal 31 luglio di quest’anno i fratellini vengono collocati presso il padre, secondo decisioni che nemmeno a parole sembrano volere il bene di minori. Infatti, a inizio 2025 i bambini erano stati finalmente sentiti da due psicologi e psicoterapeuti, i quali avevano dichiarato che probabilmente avevano subito abusi ed erano in uno stato di «pericolo».
La mamma lo scopre solo a giugno di quest’anno, dice, entrando in possesso di un documento del servizio di Neuropsichiatria della Aulss3 di Venezia che però non è mai stato segnalato né alla Procura né alla Corte d’Appello di Venezia, dove era in corso il procedimento di revocazione per la custodia dei bambini. Finita come abbiamo ben visto, malgrado la signora sia uno dei 36 casi esemplari di vittimizzazione secondaria denunciati nel 2022 dalla Commissione parlamentare di inchiesta del Senato sul femminicidio.
Il 25 ottobre scorso, dopo un altro accesso al pronto soccorso, mamma Giovanna riceve una telefonata dal padre dei suoi figli che le comunica le condizioni di Marco. Sta molto male, gli verrà diagnosticato un medulloblastoma di grado IV, il più maligno. I sintomi possono includere mal di testa, nausea, vomito, visione offuscata e doppia, proprio quello di cui per mesi soffriva il bambino e che tanto aveva allarmato la signora.
«Mentre erano in comunità potevo avere solo incontri protetti una volta la settimana. Avevo chiesto che venissero videoregistrati, a tutela mia e dei bambini. In alternativa avevo chiesto la presenza dell’avvocato, mi è stato rifiutato tutto perché hanno detto che dovevo fidarmi. Non ho potuto vederli. Ma sapevo che Marco stava male».
La signora non riesce a vederlo nemmeno adesso che gli è stato tolto il tumore. «Una massa di cinque centimetri, deve fare la chemio. Il referto dice che non riesce più a camminare, a parlare. Eppure io sarei autorizzata solo ad avere incontri protetti».
Una cosa inaudita, che richiede l’intervento immediato di un giudice. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza «auspica a tutela del bambino e in base a principi di elementare umanità che alla madre sia consentito di fargli visita». Così pure che si accerti «se vi siano effettivamente stati negligenze e ritardi […], se i servizi sociali e la struttura in cui il bambino era collocato abbiano efficacemente tutelato la sua salute» e se l’iter giudiziario «presenti eventuali irregolarità».