2025-09-25
Trump illude Kiev: «Vittoria possibile». Mosca: «Tesi falsa, la guerra continua»
Volodymyr Zelensky alle Nazioni unite (Ansa)
Volodymyr Zelensky all’Onu: «Il Cremlino vuole espandere il conflitto». Giorgia Meloni: «Una escalation conviene a Vladimir Putin, che è in difficoltà».Dopo che il presidente americano Donald Trump ha aperto uno spiraglio sulla possibilità di ribaltare le sorti della guerra a vantaggio dell’Ucraina, la Russia ha invece specificato di essere in ottima salute. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha ribattuto a ogni affermazione rilasciata dal tycoon all’Assemblea generale dell’Onu. Mosca non è «una tigre di carta» come l’ha etichettata il presidente americano, ma è «un orso». E non si trova sull’orlo del collasso. Mentre il presidente americano ritiene che Kiev possa riprendere i suoi territori, di vedute opposte è il Cremlino. Che ha commentato: «La tesi che l’Ucraina possa riconquistare qualcosa, dal nostro punto di vista, è una tesi falsa», precisando anche che «le truppe» russe «stanno avanzando con una certa sicurezza lungo tutta la linea del fronte». Al contrario, ha puntualizzato Peskov «le forze armate ucraine stanno subendo gravi perdite e le dinamiche al fronte dimostrano che per coloro che non sono disposti a negoziare ora, la situazione sarà molto peggiore domani e dopodomani». E la Russia «non ha alternativa» se non proseguire la guerra. In merito all’invettiva del presidente americano contro l’Europa colpevole di comprare il petrolio russo, il Cremlino ha cercato di dare una spiegazione pragmatica: «Trump è un uomo d’affari che sta cercando di costringere il mondo intero a spendere più soldi in petrolio e gas americani». Tra l’altro, se Trump si era detto ottimista sulla possibilità di convincere «l’amico» Viktor Orbán a smettere di acquistare il petrolio russo, l’Ungheria ha invece risposto picche. Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha scritto su X: «La geografia crea realtà che nessuno può cambiare. Il nostro dovere è garantire l’approvvigionamento energetico dell’Ungheria. E senza il petrolio russo attraverso il gasdotto Druzhba, ciò è semplicemente impossibile».Tornando al rapporto altalenante tra Mosca e Washington, il portavoce del Cremlino ha sostenuto che le consultazioni tra i due Paesi vanno avanti «a rilento» con «i risultati prossimi allo zero». A cercare di smorzare i toni, sempre però in modo provocatorio, è stato il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev: «Trump è di nuovo entrato in una realtà alternativa e ha pronunciato una serie di incantesimi politici sul tema “quanto è debole la Russia”», ma il tycoon «cambia spesso il proprio punto di vista» quindi «tornerà». Intanto ieri si è tenuto un bilaterale tra il segretario di Stato americano, Marco Rubio, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov: Washington ha ribadito a Mosca di «fermare le uccisioni».Sul fronte opposto, all’indomani del bilaterale «positivo» con Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è sempre convinto che con le armi si farà la pace. Durante il suo discorso all’Assemblea generale dell’Onu ha infatti sostenuto che «il XXI secolo non è così diverso dal passato: se una nazione vuole la pace deve lavorare sulle armi» perché «decidono chi sopravvive». Ha poi lanciato l’appello: «Dobbiamo fare di tutto per fermare l’aggressore. Se servono armi per farlo, se serve pressione per farlo, facciamolo ora». Anche perché per il leader di Kiev «nessuno si può sentire al sicuro» visto che «Putin vuole continuare questa guerra espandendola». Sulla scia di quanto detto da Trump all’Onu, anche per il leader di Kiev «le istituzioni internazionali sono deboli». Ma non solo. Per Zelensky pure la Nato ha delle criticità. Pur avendo sempre sottolineato che la sicurezza dell’Ucraina è legata indissolubilmente alla sua adesione all’Alleanza atlantica, ha sentenziato: «Anche far parte di un’alleanza militare di lunga data non significa automaticamente essere al sicuro». E sempre a tal proposito ha proseguito: «Proprio di recente dei droni russi hanno violato lo spazio aereo polacco e solo quattro sono stati abbattuti».E proprio riguardo ai droni, dopo che Trump ha osservato che i Paesi della Nato dovrebbero abbattere i jet russi che invadono il loro spazio aereo, è arrivata la risposta piccata del Cremlino. Che è tornato a ribadire: «Sentiamo un’isteria esaltata sul fatto che i nostri piloti militari avrebbero violato alcune regole e invaso lo spazio aereo di qualcuno, ma tutte queste affermazioni sono assolutamente infondate e insussistenti». Le dichiarazioni russe non hanno attecchito sul fronte europeo, dove peraltro la Germania ha comunicato che «un aereo militare russo ha sorvolato una fregata della Marina tedesca nel Mar Baltico». A essere in disaccordo con il tycoon è però il presidente francese, Emmanuel Macron: se da una parte la risposta della Nato deve «salire di livello» a fronte delle «provocazioni» russe, dall’altra questo non significa automaticamente «aprire il fuoco» ha spiegato a France 24. Anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha commentato: «Penso sia importante ragionare a sangue freddo, perché una escalation conviene solo a Putin e alla Russia che sono oggettivamente in difficoltà. Io penso che noi dobbiamo fare tutto quello che possiamo per non cadere in queste trappole». La premier ha poi condiviso la sua visione sulle affermazioni di Trump inerenti alla guerra in Ucraina: «Lo interpreto con la consapevolezza di vedere che nonostante la disponibilità, le aperture, il dialogo che il presidente Trump ha rivolto al presidente russo Putin, niente sta accadendo». Dunque, ha continuato: «Spero che a un certo punto si decida di agire per fare pressione per costringere anche la Russia a fare dei passi in avanti, a sedersi al tavolo delle trattative».
Dietro l’immagine da cartolina, i Caraibi sono oggi un crocevia di droga, armi e tratta di esseri umani, dove avviene un terzo degli omicidi mondiali. Haiti è il simbolo del collasso: le gang controllano la capitale e la violenza è quotidiana. In Venezuela, divenuto snodo centrale del narcotraffico, le connivenze tra apparati statali e cartelli alimentano traffici che riforniscono Europa e Stati Uniti. Il paradiso tropicale si è trasformato in un epicentro del crimine globale. Ne parliamo con Tiziano Breda è analista senior per l'America Latina e i Caraibi presso Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED)