2025-09-25
Quanti giochi sporchi sulla pelle dei palestinesi
La sinistra usa cortei e iniziative simboliche solo per mettere in difficoltà l’esecutivo. È vero: la strage va fatta finire, ma non saranno le sanzioni o il riconoscimento della Palestina a convincere Netanyahu.Quando si parla della Striscia di Gaza e del massacro che da troppi mesi la funesta occorre porsi una domanda: quale dovrebbe essere il primo obiettivo dell’Italia e dell’Occidente? La risposta sembra ovvia ma non lo è. A chi scrive verrebbe da dire che la prima necessità sia quella di fermare l’atroce mattanza di uomini, donne e bambini che di certo non fanno parte di Hamas e non possono essere accusati in toto di essere corresponsabili di attentati, attacchi e simili. Questa strage deve essere fermata non oggi, non domani: subito. Così come subito dovrebbero essere liberati gli ostaggi israeliani rimasti in vita. Ebbene, se queste sono le priorità, tocca dire che le azioni messe in campo finora non stanno funzionando. Neppure quelle intraprese da coloro che si ritengono avanguardia della civiltà e pensano di mettersi a posto la coscienza e rivendicare la propria superiorità morale avvolgendosi nella bandiera palestinese sulla pubblica piazza. Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di alcuni grandi leader mondiali, tra cui Keir Starmer e Emmanuel Macron, non ha convinto Benjamin Netanyahu a fare cessare i bombardamenti. Anzi, Israele ha fatto sapere di non avere nessuna intenzione di fermarsi, figuriamoci di riconoscere l’esistenza e la dignità della vicina nazione palestinese. Se Giorgia Meloni e il suo omologo germanico - come chiedono a gran voce il Pd e altri - si collocassero sulle stesse posizioni di Francia e Regno Unito, davvero pensate che cambierebbe qualcosa? Che l’esercito israeliano si fermerebbe? Che le bombe smetterebbero di cadere? È ovvio che non avverrebbe nulla di simile. Al governo si rimprovera anche di non pretendere con forza sanzioni contro Israele e si nota una sacrosanta contraddizione: alla Russia sono imposte tariffe folli (che ci danneggiano) ma allo Stato ebraico nulla. Chiaro: è una pelosa ipocrisia. Ma torna la domanda iniziale: se vogliamo far cessare il massacro, dobbiamo realmente affidarci alle sanzioni? Proprio l’esempio russo ci dimostra che queste non bastano a piegare una nazione intenzionata a fare la guerra. Che fare dunque? Va di moda dire che sarebbe indispensabile la pressione politica e soprattutto mediatica sul governo Netanyahu. La tesi è che con le manifestazioni di piazza e con operazioni di grande impatto pubblicitario come quella allestita dalla Flotilla si possano smuovere le coscienze e spingere i cittadini di ogni nazione occidentale a sollevarsi, costringendo così i leader a prendere le distanze da Israele. Il che dovrebbe produrre un cambiamento di atteggiamento da parte della leadership ebraica. Siamo seri: sappiamo che tutto questo non avverrà. Si sa dal primo giorno che la Flotilla non arriverà mai a Gaza e che in ogni caso Israele non terrà in considerazione alcuna gli attivisti. Al massimo ciò che si potrebbe ottenere con questa parata di barche è che Netanyahu e soci si irrigidiscano ulteriormente e commettano altri gesti inconsulti. A proposito di attivisti, evitiamo di parlare dei centri sociali e degli altri antagonisti che amano andare in giro a sfasciare stazioni e strade. Come potrebbero essere utili costoro alla causa palestinese? Forse alienando a essa le simpatie dei cittadini più pacifici che non gradiscono i lanci di pietre alla polizia?E allora è giunto il momento che tutti noi (anche quelli che, come chi scrive, hanno molto a cuore la sorte di Gaza) ci diciamo le cose come stanno. Se la priorità è fermare il massacro, serve tutt’altro. Serve cioè sedersi seriamente a un tavolo con Israele, esercitare pressioni vere, ascoltare le ragioni e le ambizioni di chi tiene il coltello - pardon, i droni - dalla parte del manico. Vale lo stesso discorso fatto per la Russia: si tratta con gli avversari, con i cattivi, non con gli amici. Nessuno però sembra intenzionato a farlo. Viene quindi il sospetto che in questa orrenda storia le priorità siano altre. Non davvero arrivare a un cessate il fuoco, ma ottenere altri risultati. Alla sinistra italiana, per dire, sembra che interessi molto colpire la Meloni e il suo governo. Il che è legittimo, ma è un po’ schifosetto farlo sulla pelle dei gazawi. Il Pd che per anni si è perso nei distinguo ora sembra granitico e spinge per la lotta dura e senza paura. Ieri, in una trasmissione di La7, il dem Andrea Orlando insisteva a aizzare le folle contro il governo che non fa nulla per la Palestina. Ho provato a domandargli: che accadrebbe se la Meloni riconoscesse lo Stato palestinese senza se e senza ma? Forse Israele deporrebbe le armi? Risposta di Orlando: certo che non accadrebbe nulla. A quel punto ho chiesto ancora: come si fa a garantire che invece qualcosa accada e che cessi la strage? Nessuna risposta. Sembra dunque che sia tutto piuttosto chiaro. Al Pd che sbraita, alla Cgil che sciopera, alla Flotilla che arranca e ai centri sociali che sfasciano non interessa granché impedire un massacro. Interessano cose di volta in volta diverse: mettere in difficoltà il governo (cosa non troppo difficile viste certe uscite), attaccare Giorgia Meloni, trovare un posizionamento politico senza doversi misurare con temi più vicini e più scomodi, offrire prove di forza e soprattutto farsi pubblicità. Ciascuno ha il proprio tornaconto, ciascuno si coccola l’ego infilandosi la kefiah. Ma dei palestinesi, in realtà, a tutti interessa poco o nulla. Non interessa agli Stati arabi, come denuncia perfino il sinistrorso Le Monde Diplomatique, ma neppure a tutti gli esagitati europei e occidentali che gonfiano il petto e le sparano grosse. Vero: la situazione di Gaza indigna tantissima brava gente e chi scrive è convinto che tacere non si possa e non si debba. Ma lo spettacolo narcisista che ci viene inflitto da settimane comincia a risultare offensivo. Si parla delle manifestazioni e non di Gaza, della Flotilla e non di Gaza, di Macron e Meloni e non di Gaza. Si bercia contro Israele ma non lo si convince o obbliga a fermarsi. E intanto la gente continua a morire, uccisa dalle stesse bombe e dagli stessi giochini politici. Già: in Palestina si crepa, ma intanto la Flotilla è arrivata a Creta, ed è tanto coraggiosa, ed è tanto antifascista, e l’importante è questo, solo questo.
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